Direttore: Christophe Grapperon
Regia: Pierre-André Weitz
Maestri del coro: Nicolas Ducloux e Christophe Manien
Lavoro sul corpo: Iris Florentin e Yacnoy Abreu Alfonso
Scene e costumi: Pierre-André Weitz
Interpreti:
Il duca Rodomonte: Damien Bigourdan
Sacripante, siniscalco: Antoine Philippot
Merlino, mago e maestro di scuola: Arnaud Marzorati
Medoro, giovane menestrello: Mathias Vidal
La duchessa Totoche, moglie di Rodomonte: Ingrid Perruche
Angelica, figlia di Rodomonte: Lara Neumann
Melusina, maga: Chantal Santon Jeffery
Fleur-de-Neige, dama d’onore: Clémentine Bourgoin
Orlando, cavaliere errante: Rémy Mathieu
Amadigi di Gaula, cavaliere: David Ghilardi
Lancillotto del Lago, cavaliere: Théophile Alexandre
Rinaldo di Montalbano, cavaliere: Jérémie Delvert
Ogier il danese, cavaliere: Pierre Lebon
Compagnie Les Brigands
Trascrizione per tredici cantanti e dodici strumentisti di Thibault Perrine
Nuova produzione delegata: Palazzetto Bru Zane – Centre de musique romantique française
Produzione esecutiva: compagnia Les Brigands
Coproduzione Opéra de Reims / Centre des Bords de Marne, scène publique conventionnée du Perreux-sur-Marne / La Coursive – Scène nationale La Rochelle
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Les Chevaliers de la Table ronde è stata sicuramente una delle rappresentazioni più interessanti viste negli ultimi tempi nell’ambito delle stagioni del Teatro la Fenice. Grazie alla collaborazione con il Palazzetto Bru Zane, il pubblico ha avuto modo di assistere ad uno spettacolo ben congegnato e rappresentato magnificamente dalla compagnia francese Les Brigands.
Uno spettacolo che ha girato tutta la Francia, per approdare infine a Venezia al Teatro Malibran, riportato finalmente agli onori della cronaca – dopo le infinite repliche rossiniane – con uno spettacolo fresco e moderno, leggero e impegnato allo stesso tempo. Sicuramente di alto livello.
Capita raramente (purtroppo!) di assistere a spettacoli di questo tipo, così come capita raramente di vedere sul palcoscenico interpreti che sappiano mescolare con tale disinvoltura canto lirico, danza, recitazione e spiccate doti comiche con un affiatamento e un’armonia tali.
Questa Opéra-bouffe in tre atti del compositore francese Florimond Ronger, meglio conosciuto come Hervé, andata in scena per la prima volta a Parigi al Théâtre des Bouffes-Parisiens, nel 1866, lascia ampi spazi di movimento ad una compagnia di questo tipo.
Anzitutto la musica: si tratta di un’operetta che, rispetto ad altri lavori dell’epoca (come quelli più rappresentati di Offenbach), presenta delle partiture molto complesse, che possono mettere perfettamente in risalto il talento dei cantanti, con vocalizzi lunghi e difficili per le parti femminili e cambi di registro molto complessi per le parti maschili.
Anche dal punto di vista orchestrale questa operetta riserva delle sorprese interessanti, a partire dal preludio e durante tutte le parti cantate: Christophe Grapperon ha reso alla perfezione la partitura di Hervè, mantenendo sempre una sintonia perfetta tra buca e palcoscenico.
La Compagnie Les Brigands si è rivelata quindi perfettamente all’altezza: bravissime Ingrid Perruche e Chantal Santon Jeffery nei ruoli della duchessa Totoche e di Melusilla, sul finale del secondo atto, in particolare, i due soprano si prodigano in lunghi vocalizzi, con una precisione invidiabile ed un timbro davvero piacevole. Allo stesso modo Mathias Vidal, nel ruolo di Medoro, sfoggia abilità canore non indifferenti, con diversi acuti e cambi repentini di registro molto difficili, eseguiti alla perfezione. Degni di nota anche Damien Bigourdan nel ruolo del duca Rodomonte e Antoine Philippot nel ruolo di Sacripante.
In generale, comunque, tutti gli interpreti hanno offerto un’interpretazione eccellente, senza eccezioni, con l’unica pecca – perfettamente perdonabile nell’insieme – delle coreografie poco riuscite e spesso eseguite con scarso coordinamento.
Un cenno lo meritano anche la regia, curata da Pierre-André Weitz, che si è mantenuta brillante e sofisticata per tutta la durata dei tre atti, con alcuni inserti davvero interessanti e divertenti, e le scenografie di Pierre-André Weitz, che ha curato anche i costumi, basando tutto sul rapporto tra bianco e nero, giocando con strisce optical dal sapore anni ‘60.
Nell’insieme uno spettacolo davvero molto riuscito, che ha saputo mescolare alla perfezione ispirazioni diverse, partendo dall’opera buffa della seconda metà dell’800, fino alla commedia dell’arte, con cenni all’avanguardia teatrale degli anni ’30 e alla commedia francese degli anni ’70, senza tuttavia rendere fuori luogo l’ambientazione medioevale.
Alla fine dell’ultimo atto il fragoroso e prolungato applauso del pubblico ha spinto gli attori e l’orchestra a concedere un breve bis dell’aria Toujours par voi et par chemin.