Genere: commedia
Regia: Paolo Genovese
Cast: Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Benedetta Porcaroli, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak
Origine: Italia
Anno: 2016
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Paolo Genovese, già pluripremiato regista di spot pubblicitari e uno dei migliori esponenti di quella commedia italiana che vuol divertire e far riflettere, nel suo decimo film Perfetti sconosciuti affronta un tema complesso e intrigante: conosciamo completamente le persone che ci circondano siano essi genitori, partner o amici? Perfetti sconosciuti è la cronaca di una cena tra amici (occorre stare attenti a queste cene – che magari grazie a un bicchiere di troppo possono divenire detonatori di insofferenze normalmente sopite dall’educazione e dall’affetto – come raccontato anche da altri recenti film quali Il nome del figlio della Archibugi per citarne uno) che grazie a uno stupido gioco finisce per trasformarsi in uno tsunami che comunque lascia macerie dopo il suo passaggio. Sulla bella terrazza (come non pensare a un omaggio allo splendido film di Ettore Scola) della casa romana di uno di loro, si danno appuntamento quattro coppie di amici – anzi tre e… mezzo poiché il quarto è solo essendo indisposta la nuova fidanzata che avrebbe dovuto presentare – per vedere l’ecclissi di luna. In realtà amici dai tempi della scuola sono i quattro maschi, le donne si sono integrate con il formarsi delle coppie. Si è ragazzi insieme ma poi le strade si differenziano, quindi i quattro hanno ruoli sociali e attività professionali diverse. Rocco di famiglia proletaria è un affermato chirurgo plastico, ha sposato da ormai molti anni la borghese Eva (psicologa) superando la contrarietà del padre di lei e ha una figlia diciassettenne di cui capisce le esigenze molto meglio della moglie, Lele brillantemente inserito in un’azienda è sposato con Carlotta: il loro rapporto ‘piatto’ e triste è vivacizzato solo dall’insofferenza della moglie verso la suocera (abita con loro da quando è rimasta vedova) che però accudisce ai due figli e Cosimo, fantasioso affarista regolarmente mancato, fa il tassista ed è sposato da poco con Bianca, veterinaria. Il grassottello Beppe, professore di ginnastica, è lo scapolo impenitente. Per ravvivare una serata che – venuto a mancare il principale oggetto di curiosità – sarebbe trascorsa sull’onda melanconica dei “ti ricordi quando eravamo ragazzi” alla (vana) ricerca della stessa spensieratezza, Eva ha un’idea apparentemente innocua, quanto pericolosa: mettere i cellulari sul tavolo, rispondere sempre con il viva voce e condividere gli eventuali messaggi. Non tutti sono convinti, ma si oppone solo Rocco: gli altri non vogliono far pensare di nascondere qualcosa. Lo smartphone diviene quindi il centro del film: la sim-card con tutte le tecnologie collegate – sostiene il regista – è, ormai, la ‘scatola nera’ di ciascuno. Il paradosso è che fino al secolo scorso il concetto di privacy non era così diffuso e tutelato, ma nei fatti era molto più certo: buona educazione e reciproco rispetto anche in una corretta concezione della famiglia, imponevano la non lettura della posta altrui e i diari in cui molti annotavano i pensieri più reconditi erano ‘sacri’, anche se non tenuti sottochiave. Con un ritmo carico di suspense (alla Dieci piccoli indiani) il gioco si trasforma in un incubo (per i commensali) a ogni squillar di suoneria in un crescendo di nodi esistenziali, ipocrisie, incomprensioni, insofferenze e tradimenti che li vede alla ricerca di spiegazioni-giustificazioni che somigliano sempre più a passaggi di sesto grado. E si ride per esorcizzare la paura come nei più classici film di Buster Keaton quando inciampa e cade. Geniale l’intuizione dello scambio di telefonini tra due amici: è il detonatore che mette il gruppo (naturalmente con esiti che al di là del divertimento dovrebbero far riflettere) di fronte a realtà di cui si parla con nonchalance ritenendole lontane. Perfetti sconosciuti è una brillante commedia corale (supportata da un ottimo cast omogeneo e perfettamente affiatato) che provoca in maniera intelligente e senza ‘fare la morale’ invita a evitare di fare i ‘primi della classe’ emettendo giudizi, spesso avventati, sugli altri, ed è una commedia non banale sulla precarietà (non solo per il lavoro) umana e del nostro tempo. Sia ben chiaro che Genovese non condanna le nuove tecnologie, ma il loro uso distorto quale strumento per sfuggire al confronto, per non guardarsi negli occhi parlando con un interlocutore diretto e reale e non con un computer o uno smartphone ed è – tra le righe – l’invito a recuperare la voglia di conoscere le persone e non solo la loro immagine. Al termine del gioco tutti hanno la consapevolezza che pur conoscendosi ‘da sempre’ sono tra loro perfetti sconosciuti. Ma ognuno conosce se stesso oltre il passato e il contingente? E finita l’ecclissi, la luna tornerà a illuminare il solito mondo?