Trovo interessante la coincidenza che ha permesso di mettere in scena questo spettacolo a pochi giorni dalla “festa della donna”. Infatti chi meglio di Clitemnestra rappresenta una donna che, più volte ferita ed umiliata dal genere maschile, ha avuto la forza di reagire e vendicarsi con uguale se non superiore ferocia, andando oltre il classico limite di donna fedele e madre affettuosa.
Clitemnestra è sorella di Elena (quella famosa, all’origine della guerra di Troia) e di Castore e Polideuce (i Dioscuri), moglie di Tantalo re di Pisa (città del Peloponneso), con cui ebbe anche un figlio. Sappiamo che Agamennone, re di Micene, decise di conquistare questa città e ovviamente ci riuscì. Uccise Tantalo ed anche il bambino che Clitemnestra aveva in braccio. Glielo strappò e scaraventandolo contro una roccia ne fece scempio. Non pago di questa efferatezza la costrinse a diventare sua moglie con cui ebbe quattro figli: Ifigenia, (letteralmente “nata dalla violenza”), Crisotemi, Elettra e Oreste. In occasione della partenza alla volta di Troia dopo il rapimento di Elena, si scoprì che Artemide, offesa da Agamennone decise di non fare alzare il vento, per permettere alle navi greche di lasciare il porto. A meno che non avesse sacrificato ciò che aveva di più caro. E così l’ennesima tragedia si compì nei confronti di Clitemnestra: Agamennone decise di sacrificare Ifigenia, la figlia che ella amava di più. E la flotta salpò. Però qui inizia la vendetta: diventa dapprima l’amante di Egisto e quando, dopo dieci anni di guerra, Agamennone fa ritorno a Micene con Cassandra, (una principessa troiana fatta schiava) Clitemnestra lo massacra con un’ascia a duplice lama. Ma non basta: uccide anche Cassandra e i figli avuti da Agamennone. Sappiamo che dopo queste efferatezze muore per mano di Oreste insieme ad Egidio.
Quello che noi vediamo, nello spettacolo di Vincenzo Pirrotta siciliano doc che usa il dialetto come una lingua potente con assonanze e significati da greco antico, è un risveglio dopo un letargo durato tremila anni: “tutto intorno a lei è distruzione, gli uomini si sono fatti Dei e regna ovunque l’ingiustizia. Le Eumenidi sono scese dal loro piedistallo di dee e, in un’epoca dove tutti sono cani feroci, sono ridiventate Erinni per proteggere la nuova casta divina”. La spaesata regina rivendica la propria dignità regale e compie, un viaggio che la condurrà, ieri come oggi, ad un incontro-scontro con la propria famiglia. Ma ora è lei, contornata da cori di straccioni, di sacerdotesse, di Erinni a fare il Destino. In questo viaggio al limite fra ricordo e speranza, dolore e amore Anna Bonaiuto è una Clitemnestra ricca, austera, ferita ma con la grande fierezza di appartenere al genere da cui tutto prende vita.
Mi sono sembrati un po’ eccessivi i costumi e le scenografie, che se volevano sottolineare la differenza di casta e di epoca, hanno creato invece discrepanza con quello che succedeva in scena. Ottime ed accurate le musiche, che anche se non dal vivo ne davano l’impressione e la forza. Un discorso a parte lo meritano i cori, al plurale perché erano dapprima popolo, poi Erinni ed infine sacerdoti. Bravissime le attrici, tra l’altro un cast tutto al femminile, che con l’uso del dialetto siciliano, forte ma comprensibile sottolineavano, davano senso e facevano da cassa armonica ad una Bonaiuto potente. Teatro pienissimo che ha costretto le attrici ed il regista a tornare più volte in scena.
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Testo e regia Vincenzo Pirrotta con Anna Bonaiuto
e con Odette Piscitelli, Giulia Andò, Roberta Caronia, Elisa Lucarelli, Cinzia Maccagnano, Lucia Portale, Yvonne Guglielmino