Una pedana girevole alterna le vicende e i destini di due storie, d’amore e di beffe, in questa commedia di Shakespeare scritta a cavallo del 1600, che stigmatizza vizi e debolezze umane, riproponendo tematiche fondamentali secondo gli stilemi della commedia classica antica, suscitando la risata con tutti gli stilemi cari a Plauto come il tema del doppio, l’agnizione, la caricatura, la beffa, il servo astuto, l’intrigo amoroso.
La traduzione della poetessa Patrizia Cavallo ha fornito a Carlo Cecchi un testo dinamico e moderno, sul quale la regia ha impostato una messinscena snella, cadenzata dal movimento rotatorio del pavimento che, come in una giostra di marionette, porta in primo piano alcuni interpreti e ne trasporta sul fondo altri, nell’alternarsi dei due plot che rendono la trama complessiva piuttosto elaborata.
Nella regione balcanica dell’Illiria il duca Orsino, perdutamente innamorato della contessa Olivia chiusa in un ostinato lutto per il fratello, discetta sulla musica “cibo dell’anima degli innamorati”. Il suo paggio Cesario, che è in realtà la giovinetta Viola di lui innamorata dopo essere scampata a un naufragio dove è morto il gemello Sebastian, recapitando i messaggi amorosi del nobiluomo alla contessa ne diventa involontariamente oggetto d’amore con i suoi modi gentili.
La casa di Olivia è abitata da personaggi ameni: lo scanzonato zio beone sir Toby, il suo ottuso compagno di avventure sir Andrew che corteggia la nobildonna, la sagace serva Maria, il buffone di corte. Questi buontemponi decidono di giocare una beffa al maggiordomo Malvolio, ostinatamente innamorato della sua padrona, scrivendo una lettera nella quale la signora gli chiede di indossare delle calze gialle con le giarrettiere incrociate. Presentatosi così conciato, viene ritenuto pazzo e allontanato.
Giungono intanto in città Sebastian (che non è perito nel naufragio) e il capitano Antonio. In un tourbillon di equivoci derivanti dalle apparenze scaturite dagli inganni, avvenuta l’agnizione, si festeggia il lieto fine con un doppio matrimonio.
Il garbuglio della trama può suscitare qualche perplessità, ma le scelte stilistiche del movimento scenico (di Sergio Tramonti), della modulazione delle luci sul fondo blu violaceo (di Paolo Manti) e dei costumi (di Nanà Cecchi) che variano di intensità cromatica col progredire della trama (e delle trame!) creano una cadenza onirica e atemporale di grande impatto visivo, con l’inviluppo di tutte quelle vite sospese in un non-luogo, in cui la musica di Nicola Piovani è consolatrice dei cuori infranti, quindi anch’essa protagonista, eseguita dal vivo ai lati del palco da Luigi Lombardi d’Aquino alle tastiere e direzione musicale, Alessio Mancini ai flauti e chitarra e Federico Occhiodoro alle percussioni.
Il gioco e lo scherzo sottendono un’atmosfera di burlesco sarcasmo, buffonesca follia, puerile esuberanza che producono momenti di autentica comicità col fattivo contributo del buffone di corte di Oliva.
Un intreccio che tra doppi sensi e giochi di parole vira alla farsa, con ciascun personaggio contemporaneamente ingannato e ingannatore, per il quale il bardo si è ispirato a “Gli Ingannati”, produzione drammaturgica del 1531 della Commedia dell’Arte attribuita all’Accademia degli Intronati di Siena.
Carlo Cecchi condensa i momenti comici caratterizzando Malvolio con movenze disarticolate, quasi da automa, un’aria straniata e folle e un eloquio sincopato, che lo rendono caricaturale nel suo narcisismo, burattino pateticamente perdente.
Qualche staticità della regia è compensata, oltre che dalla spigliatezza del testo, dal calligrafismo delle scene e dei costumi elisabettiani e dal ruolo della musica co-protagonista e fonte di incantesimi.
Gli interpreti sono Daniela Piperno (Maria), Vincenzo Ferrera (sir Toby), Eugenia Costantini (Viola), Dario Iubatti (il buffone), Barbara Ronchi (Olivia), Remo Stella (Orsino), Loris Fabiani (sir Andrew), Federico Brugnone (Antonio), Davide Giordano (Sebastiano), Rino Marino (un ufficiale), Giuliano Scarpinato (un gentiluomo).
Il testo di Shakespeare, la traduzione di Patrizia Cavallo, la regia e l’interpretazione di Carlo Cecchi, la musica di Nicola Piovani costituiscono la magica alchimia di una beffa d’autore.