Al Teatro di Cestello è andato in scena giovedì 25 febbraio Noccioline, interessante drammaturgia di Fausto Paravidino. A metterlo in scena è stato Massimo Alì, inizialmente presentando lo spettacolo alla fine di un percorso con i suoi ragazzi della scuola Teatro a Manovella, come saggio conclusivo del terzo anno di corso presso il Teatro Everest.
In modo intraprendente i ragazzi della scuola si sono costituiti in compagnia e, sempre diretti da Alì, hanno deciso di riproporlo, questa volta in chiave sicuramente più matura e consapevole.
Lo spettacolo si apre con un gruppo di adolescenti all’interno di una casa che fanno cose da ragazzi: bevono Coca-cola, mangiano patatine e guardano la Tv. In ognuno di essi è ben definita fin dall’inizio una propria identità e nessuno di loro è scevro di un pizzico di egoismo e meschinità. Il pubblico ride, anche se il riso è sempre amaro e la vicenda che verrà a delinearsi sarà quella molto più surreale e violenta di un salotto di casa in compagnia di amici a bere e a fare due chiacchiere. In questo contesto il timido Buddy, che per salvarsi da una difficile situazione è pronto a mettere in difficoltà e tradire gli amici, diventa un adulto senza una propria coscienza personale, un burattino nelle mani dei carnefici.
Questa presentazione è una prolessi a quello che avverrà ai ragazzi una volta diventati grandi, qualche anno dopo, quando in ognuno di loro ormai si è delineata l’essenza di vittima o carnefice. Lo spettacolo, articolato in brevi scenette, ognuna introdotta da una didascalia pronunciata da una voce fuori campo (che richiamano le strisce dei Peanuts, “Noccioline”, appunto) è spietato, surreale e ci porta anche ad una dimensione tanto vicina a quella di tutti noi; in questo contesto potremmo essere a Genova durante quello scellerato G8, ma anche in un qualsiasi paese autoritario e totalitario dei giorni nostri.
Non a caso il testo fu scritto da Paravidino sulla scia dei fatti del G8 nel 2001 e infatti la seconda parte dello spettacolo ci riconduce agli episodi sanguinosi e disumani di quei giorni. I ragazzi con i loro abiti anni ’90, si trasformano in agenti di una fantomatica società dittatoriale che agiscono senza pensare, senza riflettere, ma solo seguendo degli ordini, con l’illusione che le loro azioni violente potranno essere dimenticate all’indomani di una tanto attesa promozione.