C’era un motivo in più per assistere pochi giorni fa alla prima de Gli innamorati di Goldoni al Teatro Vascello di Roma: la commedia, con la regia di Andrée Ruth Shammah, ha festeggiato la centesima replica di una tournée lunga quasi due anni.
Produzione del Teatro Franco Parenti di Milano con un cast di giovani, giovanissimi attori, la commedia Gli innamorati indaga con spirito eversivo i tormenti amorosi dei giovanissimi protagonisti.
Il mondo è teatro per Goldoni e il geniale veneziano sembra non aver rinunciato anche in questa occasione a studiare con accortezza la realtà riproponendola sulla scena. Stavolta la sua attenzione è tutta rivolta all’indomabile gioco dell’amore con un tocco di meta teatro:
Fulgenzio ed Eugenia si amano follemente e nulla potrebbe ostacolare il loro amore. Se non loro stessi: per loro non esistono faide di famiglia o contrasti sociali, anche se tra di loro sembra esserci quella che viene comunemente definita come inconciliabilità di carattere.
Lei, la biondissima ed eterea Marina Rocco, è gelosa, quasi a rasentare l’ossessione, è viziata e capricciosa, sognatrice e romantica. Lui, il giovane Matteo De Blasio, è impulsivo e passionale e non riesce a controllare i propri sentimenti e la propria ira anche se dopo ogni litigio non riesce a non tornare più innamorato di prima. Eugenia e Fulgenzio si amano e litigano, si lasciano e si riprendono in un vortice in crescendo di litigi e riappacificazioni incessanti.
Nonostante la gelosia (e la sostanziale incompatibilità che si riaffaccerà inevitabilmente nelle loro vite, c’è da scommettere), il tentativo di lei di far ingelosire il suo lui fidanzandosi con un altro, l’amore alla fine trionferà e i giovani convoleranno a nozze. Ad avvisarli del loro “incerto” futuro sarà l’avvocato Ridolfo li avvisa che “non c’è niente come un matrimonio per spegnere ogni passione”. Sarà vero?
Fulcro della commedia non è tanto l’intrigo della trama, di per sé abbastanza evanescente, ma la ricchezza di spirito e tutta la girandola dei sentimenti degli innamorati.
La Shammah rilegge con rispetto (e omaggiando Strehler) il testo di Goldoni con una regia attenta, ma classica con toni giocosi e leggeri e avvolge le ripicche, le inquietudini e i capricci amorose di due esseri apparentemente inconciliabili fra il bianco candido dei costumi e le scene in verde pastello: convincente il cast in un allestimento meta teatrale che racconta con piglio straordinariamente contemporaneo e soprattutto universale le incontrollabili dinamiche dell’amore. Alzi la mano chi non abbia mai vissuto un minimo di tali schermaglie amorose. In scena fino al 17 aprile al Teatro Vascello di Roma.