Nato a Ottawa in Canada nel 1962, studia alla National Ballet School of Canada con Betty Oliphant, Daniel Seillier e Erik Bruhn. Entra a fare parte del Corpo di Ballo del National Ballet of Canada. Nel 1980 la sua grande ammirazione per il coreografo John Cranko lo porta a far parte dello Stuttgart Ballet, in cui diventa primo ballerino, interpretando ruoli da protagonista nei balletti del repertorio (Romeo in “Romeo e Giulietta”, Lensky in “Onegin”, Siegfried nel “Lago dei Cigni”, Lucenzio nella “Bisbetica Domata” e James in “La Sylphide”). Nel 1985 viene scritturato come primo ballerino da Les Ballets de Monte-Carlo dove è partner della ballerina Ghislaine Thesmar. Chalmer inoltre ha ballato come principal guest con il London Festival Ballet/English National Ballet, il Birmingham Royal Ballet, lo Scottish Ballet, il London City Ballet, al Teatro Colòn di Buenos Aires, al Teatro dell’Opera di Roma, al Teatro alla Scala di Milano e al Teatro Massimo di Palermo. Nella sua carriera, ha interpretato, oltre ai grandi ruoli del repertorio classico anche coreografie di George Balanchine, Glen Tetley, Kenneth MacMillan, Jirì Kyliàn, William Forsythe e Uwe Scholz. Chalmer è stato partner di famose Etoiles quali Evelyn Dessutter, Eva Evdokimova, Carla Fracci, Marcia Haydée, Susan Jaffe, Birgit Keil, Natalia Makarova, Lynn Seymour, Luciana Savignano, Elisabetta Terabust, Ghislaine Thesmar. Nel 1999 Chalmer è nominato Ballet Master al Sachsische Staatsoper Ballett della Semperoper di Dresda e nel 2000 è invitato da Uwe Scholz come Ballet Master al Leipziger Ballett. Intraprende la carriera di coreografo creando “La Fille du Danube” per il Balletto dell’Arena di Verona nel 1996, ballando alla prima con Susan Jaffe, “La Gitana” nel 1996 per Carla Facci e “Il Talismano” nel 1997 per il quale riceve il Premio Massine a Positano. Per il balletto del Teatro dell’Opera di Roma crea nel 2000 “Lungo Viaggio” con Vladimir Vasiliev e nel 2002 “La Bella Addormentata” e vi riprende “La Gitana” (2005). Per la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla, crea nel 2006 “La Vestale” e nel 2007 “Sogno di una notte di mezza estate”. Nel 2010 crea “Chopin racconta Chopin” per il bi-centenario della nascita di Fredéric Chopin al Teatro dell’Opera di Roma. Nel 2009 crea il passo a due “Piaf à Deux” per il Festival “Madrid en Danca” e una nuova versione di “Romeo e Giulietta” di Prokofiev al St. Prex Festival in Svizzera per Nicolas LeRiche e Clairemarie Osta, étoiles de l’Opéra de Paris. Dal 2005 al 2010 Chalmer ha diretto il Leipzig Ballett, arricchendone il repertorio con le sue versioni dei grandi balletti classici e con balletti di George Balanchine, Glen Tetley, Kenneth MacMillan, Jerome Robbins, Marco Goecke, Mauro Bigonzetti e Christian Spuck, mantenendo in repertorio i più importanti balletti del coreografo Uwe Scholz. Nel 2011 Chalmer fa parte della giuria al Prix de Lausanne. Nel 2011 crea per MaggioDanza una nuova versione de “Il Lago dei Cigni, L’Enigma Cajkovskij” al Festival del Maggio Musicale Fiorentino, spettacolo subito ripreso al Maggio Musicale nella stagione 2012-2013. Nel 2013 è maestro ospite al Conservatoire National de Paris e crea una nuova produzione di “Romeo e Giulietta” di Prokofiev a Parigi per lo Junior Ballet del Conservatorio. Sempre nel 2013, crea una nuova produzione di “Cenerentola” di Prokofiev per il Teatr Wielki di Poznan in Polonia. Nel maggio del 2014, la sua produzione de “La Bella Addormentata” è ripresa per la quinta volta al Teatro dell’Opera di Roma. Nel 2014, la sua produzione di “Cenerentola” viene ripresa al Balet Nàrodniho Diavola Moravskoslezskéo a Ostrava, Repubblica Ceca. Nel 2015 crea una nuova produzione de “Lo Schiaccianoci” per il balletto dell’Opera Nova a Bydgoszcz in Polonia.
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Gentile Paul, apriamo il libro dei ricordi… quando è nata la tua passione per l’arte della danza?
Sin da piccolo ho sempre avuto un istinto naturale verso il movimento, non appena ascoltavo della musica iniziavo a muovermi e a ballare istintivamente. La mia famiglia mi portava a teatro per assistere alle rappresentazioni di “balletto” che fin da subito mi ha catturato e affascinato. Effettivamente non riuscirei a ricordare un momento in cui non ballavo o un momento senza danza.
Mi racconti il tuo percorso di formazione nel mondo coreutico?
Fino a nove anni ho studiato danza a livello amatoriale in una scuola locale di Ottawa, poi mi sono trasferito a Toronto dove ho iniziato la formazione presso il Canada’s National Ballet School, in cui ho avuto la possibilità e il privilegio di studiare con Betty Oliphant, Glenn Gilmour, Daniel Sellier, Sergiu Stefanski, Erik Bruhn e tanti altri.
Successivamente sei entrato a far parte del National Ballet of Canada e nel 1985 sei stato nominato étoile presso Les Ballets di Monte Carlo. Com’è avvenuta la nomina, quali ricordi conservi e chi vuoi ringraziare per questo prestigioso traguardo?
Dopo due anni trascorsi al National Ballet of Canada e prima di arrivare a Monte Carlo, ho danzato con il Balletto di Stoccarda per cinque anni e probabilmente questo è stato il periodo più importante della mia formazione. Fu lì, in quest’atmosfera unica e straordinaria, al fianco di grandi artisti come Marcia Haydée e Richard Cragun che mi sono formato come artista e ballerino. Ho lasciato Stoccarda dopo cinque anni perché mi era stata offerta la possibilità di entrare ai Ballets de Monte Carlo avendo il privilegio di ballare con partner di Ghislaine Thesmar, étoile dell’ Opéra di Parigi. Ghislaine è una delle persone a cui sono molto grato nella mia carriera e da cui ho imparato tantissimo. Lei aprì per me una porta verso una nuova dimensione della danza. Fino a prima di lavorare con lei, ero interessato soprattutto all’aspetto teatrale del balletto. Mi ha insegnato un più profondo senso di fisicità e di musicalità che non consideravo in precedenza. Ho anche scoperto la gioia di danzare i balletti di George Balanchine durante questo periodo e ancora una volta sono stati la fisicità e la musicalità di questo genio coreografico che hanno cambiato profondamente le mie opinioni sulla danza.
Quali sono i maggiori ricordi legati al periodo della Scuola di danza? Chi erano i tuoi compagni di corso a cui sei rimasto legato e i professori che hanno maggiormente influito positivamente il tuo arrivo al diploma?
La carriera mi ha portato lontano dalla mia casa e dal Canada e così purtroppo ho mantenuto pochi contatti con i colleghi con cui ho condiviso i miei anni di formazione alla scuola di danza. Daniel Seillier è stato l’insegnante che ha avuto la maggiore influenza sulla formazione mia e dei ballerini presso la School of the National Ballet of Canada; con le sue classi stimolanti e divertenti, la sua energia e la passione contagiose unite all’amore e al totale rispetto per questa forma d’arte che ha trasmesso in noi.
Tra tutti i tuoi maestri hai avuto un personaggio artistico di grandissima levatura come Erik Bruhn. Raccontami di lui, dei suoi insegnamenti e del vostro sodalizio in sala danza?
Erik è stata una rivelazione per noi giovani ballerini della National Ballet School. Una icona del balletto, ha portato un glamour nella nostra routine quotidiana e ci ha spinto al di là di quello che pensassimo fosse il massimo. Oltre alle informazioni preziose che ci ha trasmesso, siamo stati in grado di respirare l’eleganza e lo stile di questo grande artista in prima persona. Credo che abbia segnato profondamente tutti noi. Con Bruhn, abbiamo studiato totalmente il repertorio Bournonville il quale si è rivelato molto prezioso per me. La mia prima opportunità di ballare un ruolo principale era in “La Sylphide” di Bournonville a Stoccarda. Ho dovuto sostituire, nel ruolo di James, dopo l’intervallo del primo atto, un infortunato Richard Cragun. Avevo provato il ruolo molto poco, ma la preparazione che abbiamo avuto dalle tante ore di studio dello stile e tecnica Bournonville con Bruhn mi ha permesso di affrontare, con successo, questa importante sfida che a sua volta ha aperto una porta per il mio futuro.
Hai danzato come artista ospite in prestigiosi teatri e Compagnie e con alcuni tra i più acclamati coreografi. Tra le tante serate ed esibizioni quale ti è rimasta maggiormente nel cuore?
Credo che i balletti di John Cranko siano stati tra i più importanti della mia carriera e certamente tra i più cari a me. Sono stati il motivo che mi hanno spinto a lasciare il Canada per trasferirmi in Europa, a Stoccarda. A quel tempo, balletti come “Onegin”, “Romeo e Giulietta” e “La bisbetica domata” non erano così diffusi come lo sono oggi. Ora sono nel repertorio di quasi tutte le compagnie del mondo! Sono stato estremamente fortunato ad aver fatto parte della compagnia di Stoccarda quando questi balletti erano ancora danzati dai cast originali e quindi anche se non ho mai lavorato direttamente con John Cranko, ero letteralmente alla fonte di questi immensi capolavori. Quando ho iniziato a danzare i ruoli principali (Romeo, Lensky, Onegin, Lucenzio ecc.) i miei insegnanti erano gli artisti originali sui quali erano stati appositamente creati questi balletti. Onegin e Romeo sono tra i ruoli più importanti della mia carriera. Ballare “Onegin” con Elisabetta Terabust o “Romeo e Giulietta” con Carla Fracci restano momenti indimenticabili per me.
In Canada, tua patria d’origine, la danza come è vissuta?
Il Canada è un paese per l’Hockey e il Football sostanzialmente! Ma ci sono, comunque, compagnie di balletto importanti come il National Ballet of Canada, Les Grands Ballets Canadiens e il Royal Winnipeg Ballet. Per il Canada, il balletto è (come si dice in inglese) “an acquired taste”!
Mentre i momenti più importanti ed emozionanti della tua carriera come li vorresti condensare in poche parole?
La danza e il teatro mi hanno dato molto. Hanno strutturato la mia vita. Sono stati i fattori determinanti nella maggior parte delle decisioni più importanti che ho preso finora. Personalmente non riesco ad immaginare la mia vita senza la danza.
Ci sono stati anche momenti bui? Magari nei quali hai pensato di mollare tutto?
In tempi difficili, la danza, come la musica, sono state la mia salvezza e per nulla al mondo potrei rinunciavi.
Quando hai deciso di lasciare il palcoscenico in veste di danzatore e dare l’addio alle scene? E come e dove è avvenuto tutto ciò?
Non c’è mai stato veramente un momento in cui ho consapevolmente detto che avrei smesso di ballare. È successo gradualmente e in modo naturale. Mi son trovato così occupato tra coreografie e coaching che semplicemente non avevo tempo materiale per fare tutto. Sono molto soddisfatto di quello che ho ottenuto durante la carriera di ballerino e non vivo frustrazioni. Ho avuto la fortuna di lavorare con molti grandi artisti e ora sento l’obbligo di trasmettere alle nuove generazioni di ballerini tutto quello che è stato così generosamente dato a me. La mia ultima apparizione sul palco è avvenuta in una serata di gala a Stoccarda per il 70° compleanno di Marcia Haydée con “Romeo e Giulietta”. Mi sono messo di nuovo in forma per ballare il ruolo di Paride. È stato il primo ruolo che ho danzato quando sono arrivato a Stoccarda e ritrovarmi ad essere invitato e a condividere il palco con Marcia Haydée, Egon Madsen, John Neumeier e la giovane generazione di stelle del Balletto di Stoccarda per questa occasione è stato un onore e un modo perfetto per chiudere il cerchio sulla mia carriera di ballerino.
Secondo te quali sono le differenze tra le Compagnie di danza italiane e quelle estere, tu che hai avuto modo di confrontarti in questi ambiti?
Posso garantire che nel mondo l’interesse per il balletto e la danza, in tutte le sue forme, è molto forte e comprende un pubblico vastissimo di persone desiderose di assistere a spettacoli di danza. Purtroppo, a volte, all’interno di strutture come gli enti lirici italiani, la danza è considerata meno rispetto agli altri complessi artistici che ne fanno parte. La carriera di un danzatore è molto più breve rispetto a quella di un cantante, di un musicista/orchestrale, di un attore o di un tecnico e il danzatore ha bisogno di molti comfort sul posto di lavoro (buon pavimento, fisioterapista, almeno due maestri di ballo, due pianisti che sappiano accompagnare le classi e le prove, scarpine da ballo, segretari ecc.) L’affascinante figura del danzatore è sempre stata oggetto di stupore, ammirazione e desiderio da parte del pubblico, come se fosse qualcosa di magico, etereo e quasi irraggiungibile… Credo che all’estero rispetto che in Italia, i danzatori godono di sicuro un rispetto maggiore a livello artistico e umano. In Russia addirittura, dove la danza ha uno spessore anche maggiore di quello che ha il calcio in Italia per esempio, i danzatori vengono insigniti di riconoscimenti nazionali e rappresentano un vero fiore all’occhiello per il paese intero. È un peccato che in Italia non sia veramente così visto che la danza è nata qui, i migliori maestri di ballo alla corte di Re Louis XIV erano italiani, Gaetano Vestris, il grande Enrico Cecchetti in Russia e poi con i Ballets Russes, il coreografo Filippo Taglioni e sua figlia Maria la prima Sylphide, tutte le grandi Ballerine che hanno interpretato alla prima in Russia o in Francia i primi ruoli nei balletti classici del repertorio: Pierina Legnani, Carlotta Grisi, Carlotta Brianza, Antonietta Dell’Era ecc. Fino alle ultime grandi star mondiali come Roberto Bolle, Alessandra Ferri, Federico Bonelli, Viviana Durante e i grandi Paolo Bortoluzzi, Luciana Savignano, Carla Fracci, Liliana Così ecc. Lavorando come freelance negli ultimi anni, ho avuto modo di vedere spettacoli in importanti centri di danza come New York, Londra, Parigi, San Pietroburgo, Mosca ecc. e trovo che al momento, purtroppo, le compagnie di danza italiane non abbiano un livello paragonabile a quelle estere, internazionali. Quindi questo stato di declino del balletto in Italia è anche spiegabile: è difficile difendere qualcosa che non sia di grande qualità. Sono anni che le compagnie di danza, per varie ragioni, sono state condotte lentamente alla mediocrità. Purtroppo le cause sono svariate e alcune dipendono ovviamente dal costo che richiede mantenere una compagnia di danza in un periodo di crisi economica. Eppure ci sono i soldi, e tanti! ma, a mio parere, sono in gran parte sprecati ovvero spesi piuttosto che investiti! Sembra esserci una mancata visione da parte dei direttori di compagnie e da parte del governo sul balletto e sul suo futuro qui in Italia. Anziché collaborare alla costruzione di una solida base per la compagnia di danza, dai contatti, alla legislazione e al repertorio, sembra che ci sia un modo casuale e apparentemente incompetente che mantiene il balletto in continua lotta per la sopravvivenza. Come se la domanda “Dove sarà questa compagnia tra dieci anni?” non venisse mai posta… Un enorme pozzo di ballerini di talento rimane innutrito mentre artisti ospiti sono continuamente portati a ballare ruoli principali a caro prezzo. Nuove produzioni di balletto di discutibile valore artistico sono sempre in scena e poi scompaiono dopo pochi spettacoli che non lasciano repertorio solido per il futuro. Ancora una volta un esempio di soldi spesi e non investiti per costruire un futuro. Inoltre, penso che i coreografi di tendenza a capo di importanti compagnie rappresentino un errore. Se si guarda l’attuale panorama del balletto internazionale, il successo dei direttori che hanno diretto per un lungo periodo è che non hanno reso le proprie coreografie il perno del repertorio della compagnia. Un coreografo di solito non è sempre una buona scelta come direttore di una compagnia con un grande repertorio. Ci sono rari casi in cui un indiscusso coreografo “genio” ha portato una compagnia da un trionfo all’altro per decenni (George Balanchine, John Cranko). Sfortunatamente, di questi “geni” ne esistono pochi, e sembra che i “coreografi” direttori di oggi li usino come strumento per la loro creatività o, nel peggiore dei casi, semplicemente come trampolino di lancio per auto promozione con poco riguardo verso il pubblico e che rappresentino una preoccupazione per la compagnia stessa. Il direttore è infatti di vitale importanza e ha bisogno di esperienza e una profonda conoscenza sia artistica che amministrativa sul funzionamento di una compagnia e, soprattutto, sulle esigenze dei suoi ballerini. La sua presenza quotidiana è richiesta durante le lezioni, le prove ecc. assicurando un ambiente sano e creativo e conservarlo, garantendo alla compagnia di poter raggiungere il suo massimo potenziale portandola ad un livello di eccellenza. È un lavoro enorme, sia per quanto riguarda gli orari che le responsabilità; secondo me molto meno adatto al temperamento egocentrico di un coreografo. Ma onestamente credo che i problemi non siano solo e soltanto legati ad una gestione sbagliata o cattiva dell’Ente o del direttore, ma che sia un 50 e 50 con gli artisti e o dipendenti. Purtroppo in Italia maggiormente, a differenza dell’estero, i sindacati e la politica sono subentrati troppo all’interno del mondo artistico non svolgendo sempre il loro vero compito, complicando anziché migliorando le possibilità di lavoro, abbassando il livello qualitativo fino a portare in alcuni casi alla distruzione artistica e alla chiusura. Diciamo che in Italia si è un po’ perso il senso del vero significato della nostra professione che raggruppa Corpo-Mente-Anima ed è un peccato perché è un paese pieno di talenti e di tanti giovani talentuosi e volenterosi che hanno bisogno di esempi corretti e sani nel loro paese senza dover scappare all’estero.
Com’è stata l’esperienza di Membro di giuria ad uno dei più prestigiosi concorsi internazionali, il Prix de Lausanne?
Anche se io credo che i concorsi non abbiano alcun posto nell’arte e nella danza, devo dire che il Prix de Lausanne è molto diverso. Il Prix è una esperienza di apprendimento per giovani ballerini che può aprire molte porte per il loro futuro perché il concorso si svolge nell’arco di diversi giorni, la giuria può davvero arrivare a conoscere questi giovani artisti e quindi li giudicherà con una visione molto più ampia del loro talento, piuttosto che sulla forza dell’esecuzione di una singola variazione.
Chi sono i ballerini odierni, sul piano internazionale, a cui riconosci l’eccellenza, sia maschile sia femminile?
Marianella Nunez, Ashley Bouder, Diana Vishneva, Evgenia Obratszova, Edward Watson, Nicolas LeRiche, Sergei Polunin.
E dei nuovi coreografi a chi vuoi dedicare una lode?
I nuovi balletti di Justin Peck che ho visto al New York City Ballet di recente mi hanno impressionato positivamente moltissimo.
Danza classica e contemporanea, possono convivere a tuo avviso?
Penso che i coreografi miscelando e applicando tecniche e stili di danza contemporanea alla tecnica classica, abbiano dato al balletto classico un enorme contributo. Così facendo un intero nuovo repertorio è stato creato (Tetley, Forsythe, Neumeier, Bigonzetti, Wheeldon etc.) Questo, a sua volta, ha reso i ballerini di oggi più aperti e versatili che mai e credo che questa nuova versatilità informi positivamente anche il modo in cui i ballerini si avvicinano al repertorio puramente classico, dandogli maggiore fisicità, sfumature e dinamica. Dannosa è stata una perdita di stile in gran parte del repertorio classico. La sempre crescente moda per le estensioni delle gambe maggiormente più alte ed esagerate e una qualità quasi acrobatica che distorce e deforma il balletto a mio parere, il che rende difficile a volte distinguere una ballerina da una ginnasta. Spero che questo sia, per i ballerini e coreografi, una moda passeggera e che si possa presto abbandonare questo tipo di “circo” senz’anima fuori dal teatro.
Cosa consigli ai giovani che desiderano entrare a far parte del mondo della danza?
Passione-Lavoro-Pazienza… repeat!
Dal 2005 dirigi la celebre Compagnia di Ballo dell’Opera di Lipsia. Raccontami i traguardi raggiunti e quali sono i punti di forza dei danzatori?
L’esperienza come direttore del Balletto di Lipsia è stata molto importante per me. Avevo ammirato il talento di Uwe Scholz che ha reinventato la compagnia di Lipsia, dal momento dei nostri primi anni a Stoccarda insieme. Ho lavorato con lui in diverse occasioni come ballerino, ricordo in particolare quando ha creato il suo “Jeunehomme” per Ghislaine Thesmar e me a Monte Carlo. Sono diventato il suo maestro di ballo a Lipsia nel 2001 per due anni. Dopo la sua morte, quando ho preso la direzione del ballo, la compagnia era quasi esclusivamente lo strumento per mettere in scena le sue coreografie. Nel corso dei successivi cinque anni, ho ampliato il repertorio con venticinque nuovi balletti di una vasta gamma di coreografi tra cui Balanchine, Tetley, MacMillan, Robbins, Petipa, Noverre, Mauro Bigonzetti, Christian Spuck, Marco Goecke e altri, mantenendo tante delle più importanti opere di Uwe Scholz nel repertorio con l’acquisizione di altri balletti di Scholz creati a Stoccarda e Zurigo, che il Balletto di Lipsia non aveva mai ballato in precedenza. Ho messo in scena produzioni di successo: Schiaccianoci, Lago dei Cigni e Giselle. La mia politica per il repertorio, come nella maggior parte delle grandi compagnie di danza di oggi, è stata quella di combinare i balletti classici full-length con i capolavori del XX secolo e nuovi lavori creati appositamente per i ballerini di Lipsia. La compagnia ha realizzato anche molte tournée durante la mia direzione sia in Europa che all’estero e in sedi prestigiose come l’Hong Kong Arts Festival, tra gli altri. Con un repertorio nuovo, non solo i ballerini sono diventati estremamente versatili ma il pubblico ha goduto di un repertorio assai vario e contrastato. Purtroppo, dopo cinque anni una nuova visione artistica della gestione del teatro ha preferito un altro percorso per il corpo di ballo. Tutto ciò che è stato costruito durante la mia direzione è stato gettato via e il Balletto di Lipsia è tornato ad essere quasi esclusivamente lo strumento di un solo coreografo contemporaneo. Purtroppo, anche i balletti di Uwe Scholz, uno dei pochi importanti coreografi del dopoguerra tedesco, sono quasi scomparsi dal repertorio insieme a tutto il resto.
Ti piace insegnare? Ma soprattutto come si può riconoscere un buon docente?
Mi piace tanto insegnare. Uno riconosce un grande maestro dalla combinazione della sua passione, generosità, intelligenza, conoscenza e in più, il dono di trasmettere tutte queste qualità.
Mentre la passione per la coreografia quando è nata in te? Celebri sono le tue versioni del Lago dei Cigni, Schiaccianoci, Giselle, Cenerentola e tanti altri titoli di grande successo sia di pubblico che di critica.
Io non mi considero un coreografo. I coreografi sono altri… Sono forse, nella migliore delle ipotesi, un buon artigiano che è in grado di imitare un coreografo, si spera con un certo gusto e musicalità!
Quali passioni coltivi oltre alla danza?
La musica e il teatro.
C’è ancora un tuo sogno nel cassetto da realizzare?
Vorrei dirigere ancora una Compagnia di danza e mi sento pronto ad affrontare questa sfida con una nuova maturità e l’esperienza.
Per concludere un tuo pensiero per definire al meglio la nobile arte della Danza?
Dalla nascita delle prime culture, l’uomo ha sempre ballato. La danza è una necessità primordiale e viscerale e tutti possono identificarvisi in un modo o nell’altro. Essa trascende i confini della lingua e della cultura. È l’espressione migliore e più onesta dell’essere umano.