La vita è dura per tutti: a volte quando si è ancora piccoli, spesso e soprattutto quando si cresce. Questa nota veritiera e dolente è però, probabilmente, l’unica amarezza che emerge da questo lavoro del multiforme attore ed autore fiorentino, Alessandro Riccio: una commedia brillante e vivace che limita la sua durezza solo al titolo, concentrando invece l’attenzione su un’ambivalenza di maschere e di sentimenti, di quei sentimenti che solo la fanciullezza e l’astuzia innocente di un bambino possono risvegliare e far emergere in un uomo tormentato.
“Roba da duri” chiude la stagione 2015/2016 del Teatro di Rifredi, uno spettacolo che presenta al pubblico il giovane attore Gianmaria Corona, per la prima volta sul palco alla tenera età di 10 anni, ma con una disinvoltura e spigliatezza che promettono molto bene per il futuro.
Martino è un bambino ma ha già i suoi problemi e le sue paure: i compagni che lo picchiano o lo prendono in giro a scuola, i genitori che rischiano di separarsi, ed in questo contesto passare la notte a casa dello zio non sembra la soluzione più idilliaca; lo zio in questione è Ivan, un “punkabbestia” coperto di tatuaggi e piercing, dallo sguardo scuro come l’arredamento della sua casa, come le coperte del letto o le pareti delle stanze, come i suoi vestiti e le sue scarpe, e dall’animo, in apparenza, impenetrabile ed insensibile. Lo zio Ivan è lo stereotipo perfetto della metafora della maschera (un gioco nel quale Riccio si cimenta spesso): è un uomo complesso e sfaccettato, dal passato turbolento e conflittuale; la sua vita sembra essere stata una continua lotta con il mondo e con le persone. Il suo personaggio ha un volto che rappresenta il triste spettacolo di un uomo in fondo solo, ed è la via per raccontare in modo diverso la dolcezza e la tenerezza, rimanendo lontano dagli stereotipi.
Così, in una notte un pò particolare, Martino riporterà la luce nella scura esistenza che sta conducendo lo zio Ivan, e quest’ultimo da parte sua, volente o nolente, insegnerà al nipote (e ricorderà a se stesso) che la vita non regala niente, che è sempre una guerra, che la paura fa parte di noi stessi, ma che è necessario trovare dentro di noi la determinazione ed il coraggio per combatterla. Perché quando si è piccoli la notte fa paura, è buio e ci sono i mostri sotto il letto, ma quando si è grandi i mostri non spariscono, bensì assumono forme diverse: inquietudine, insicurezza, solitudine, rimpianti, ricordi, ed il buio fa paura ugualmente.
Tra una favola e l’altra di Esopo, tra una battuta sarcastica ed un abbraccio, tra parole rudi ed attimi di dolcezza, Martino scopre la sua forza interiore e grazie a lui lo zio Ivan torna ad essere Ivano, recuperando qualcosa di sé che credeva d’aver perduto per sempre, un’identità che gli era stata affidata dal destino.