di Daniele Salvo ispirato agli scritti di Amos Oz
Regia e Drammaturgia di Daniele Salvo
Con Alfonso Veneroso, Elio D’Alessandro, Marco Imparato e lo stesso Daniele Salvo
Le musiche originali di Marco Podda arricchiscono il viaggio tracciando una linea sonora articolata ed emozionante
Gli elementi scenici sono di Fabiana Di Marco, i costumi di Susanna Proietti
Lo spettacolo è prodotto da Farenheit 451 Teatro
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La Sala Bartoli al 4° piano del Teatro Rossetti di Trieste è uno spazio “alternativo”, che ospita Altri percorsi. Non c’è separazione tra il pubblico e lo spazio scenico. Gli spettatori della prima fila sono già sul palco. La separazione, invece, evidenziata da una linea rossa che corre a dividere in due nette porzioni di territorio scenico, fa da trama a tutto lo spettacolo. Due situazioni contrapposte con tavoli bianchi da bar e sedie bianche… il bianco diventa elemento pregnante della scenografia che è in gran parte sostituita dalle immagini video proiettate sul fondale che diventa per l’occasione un grande schermo. Immagini, in parte conosciute, scorrono a ricordare attentati, massacri, armi, bambini che imbracciano fucili, macerie, volti potenti e corpi sconosciuti e dilaniati.
Rumori violenti irrompono sulla scena, colpi sparati e pistole puntate. Violenza trasuda dalle immagini proiettate che diventano tridimensionali e vicine, spaventosamente vicine.
Alfonso Veneroso interpreta lo scrittore Amos Oz che racconta in scena il suo viaggio tra la gente della sua terra perché “…nessuno qui farà i bagagli…” nessuno ha intenzione di lasciare il campo libero e si dovrà prima o poi, bene o male, trovare una soluzione. E forse i due ragazzi che all’inizio si guardano con disprezzo ed odio al di là della striscia rossa potranno stringersi la mano e prendere insieme un caffè, superando il confine o condividendo una terra.
Lo spettacolo nasce dalla penna di Daniele Salvo che, come racconta nell’incontro con il pubblico e la stampa, sabato mattina all’Antico Caffè San Marco, ha incontrato lo scrittore Amos Oz, grande intellettuale israeliano e ne ha elaborato in forma drammaturgica il pensiero e le parole tratte da due libri “Contro il fanatismo” e “In terra d’Israele”. Dopo averlo conosciuto ha approfondito lo studio dell’autore ed ha potuto apprezzare “la forza di un pensiero puro, cristallino…L’uomo è diventato un consumatore, consumato a sua volta…”
Che cosa ci separa dagli altri? Che cosa ci spinge ad odiare l’altro?
Che cos’è il fanatismo? E come si può guarire dal fanatismo?
Sicuramente la tolleranza! Ma come si arriva a tollerare? Quale la chiave per condividere ed accettare la diversità? Quale cura? Quale metodo?
Oz lo individua nel senso dell’umorismo, e nel sapere comprendere e accettare la differenza. Scenicamente c’è un momento in cui si vede la biblioteca nazionale di Gerusalemme e Oz che racconta come la letteratura, e Shakespeare, possano fare molto. «Ogni estremismo, ogni crociata oltranzista, ogni forma di fanatismo, in Shakespeare si conclude in una tragedia o in una commedia … Il senso dell’umorismo è un’ottima terapia. In vita mia non ho ancora visto un fanatico dotato di senso dell’umorismo, e non ho nemmeno mai visto una persona dotata di senso dell’umorismo diventare un fanatico, a meno di non perdere il senso dell’umorismo».
La terra di confine si materializza nelle mani degli attori che al centro della scena fanno scorrere fra le dita mucchietti di terra e se il teatro da sempre è ambasciatore e veicolo di messaggi continua ancora oggi, più necessario che mai, a svolgere il suo ruolo fondamentale nella società.
Uno spettacolo di impegno sociale che parla alla mente di ciascuno perché in ciascuno può nascondersi un piccolo fanatico.