ALBERTO GIRALDI JAZZ QUARTET
Alberto Giraldi pianoforte
Ettore Fioravanti batteria
Filiberto Palermini sassofoni
Riccardo Gola contrabbasso
Special guest Fulvio Sigurtà tromba
————–
Sabato 14 maggio alla Casa del Jazz a Roma, il concerto dell’Alberto Giraldi Jazz Quartet, che presenterà il progetto discografico intitolato “Geometrie, Affetti Personali” (AlfaMusic, 2016). Sul palco con Alberto Giraldi pianoforte, Ettore Fioravanti batteria, Filiberto Palermini sassofoni, Riccardo Gola contrabbasso, ospite speciale Fulvio Sigurtà tromba.
“Un quartetto che non è un quartetto: inizia così, con un piccolo mistero, il viaggio all’interno di uno dei gruppi più interessanti apparsi sulla scena jazzistica italiana – ancora capace di sorprendere e sorprendersi – negli ultimi tempi. Geometria variabile, la potremmo definire, ma sempre di geometria si tratta, e dunque per misurare quant’è grande un’idea musicale, un gruppo, una band bisognerà, semplicemente, applicare la classica formuletta: moltiplicare base per altezza. In questo caso, la base, il fondamento, è costituito da una solida formazione, articolata intorno a un’idea ben solida e radicata di cubatura timbrica (una voce solistica, ovvero sax soprano e contralto, più una tradizionale sezione ritmicapiano, contrabbasso e batteria); l’altezza, invece, dalla sedia vuota, dal posto lasciato libero che nel ricomporsi costante e fluido di una sonorità mai uguale a se stessa, ma al tempo stesso ferocemente individuale e riconoscibile, in questo caso è impersonata dalla tromba di Fulvio Sigurtà, cui è affidato, in alcuni brani, il ruolo di quinto uomo. A dirla così, sembra tutto facile.
Ma non lo è affatto, perché ciò che permette al quartetto/quintetto di esprimere compiutamente un orizzonte estetico, stilistico e poetico di formidabile efficacia e bellezza, è un ingrediente ormai quasi del tutto scomparso dalle tavole jazzistiche nostrane: la composizione. Giraldi, infatti, cui si deve la scrittura di tutto il materiale del quintetto, proprio come un grande chef elabora le sue pietanze a partire dagli ingredienti che ha a disposizione, mai prescindendoli. Nel jazz, il paragone più immediato è con Duke Ellington, il quale disegnava musica espressamente per i colori strumentali della sua orchestra, avendo a mente i suoi musicisti,tagliando su misura per loro gli abiti più belli e lussuosi. Giraldi attua il medesimo progetto, facilitato dal fatto che questo gruppo – come ormai raramente accade – è un gruppo stabile, che cresce e matura grazie alla condivisione e alla consuetudine del lavoro costante e partecipato: proprio grazie a questa familiarità l’interplay tra i musicisti assume la dignità di percezione extrasensoriale, per dirla con Miles Davis, o quella facilità disarmante con cui i fuoriclasse del pallone – secondo la vulgata calcistica – si trovano a occhi chiusi. E, nella formazione allestita da Giraldi, di fuoriclasse si parla. Se Ettore Fioravanti non abbisogna di presentazioni, essendo non soltanto uno tra i migliori batteristi jazz italiani di sempre, ma un raffinato pensatore e insuperabile didatta, qualche parola in più va spesa per il resto della truppa, proprio a partire dal leader. Il pianista romano, infatti, per molti sarà una vera rivelazione:compositore, arrangiatore, molto attivo anche nella pop music, Giraldi è un vero artigiano della partitura, uno dei più raffinati inventori di forme e colori musicali in circolazione. Della peculiarità della sua visione creativa ne parleremo ancora più avanti; ora va messo sul vetrino dell’analisi il Giraldi pianista e improvvisatore,il quale sorprende non meno del compositore: un pianista, cioè, che non procede per licks, che non si limita ad accumulare frasi su frasi, fini a se stesse, ma che anche durante il momento dell’invenzione estemporanea compone, mai affidandosi alla routine del fraseggio standardizzato quanto ragionando in tempo reale su ulteriori risorse inventive. Allo stesso modo Filiberto Palermini, uno dei tesori meglio nascosti del jazz italiano, sorprenderà l’ascoltatore per una facondia inventiva debordante, per la capacità di elaborare un linguaggio freschissimo e convincente a partire da una sonorità impeccabile, sontuosa, tra le migliori oggi ascoltabili in Italia (e non solo). Al giovane, ma ormai affermatissimo, Riccardo Gola il non facile compito di radicare al suolo una musica volatile, aerea, capace di spiccare balzi improvvisi, di inerpicarsi su sentieri imprevisti: compito che l’eccellente musicista elabora attraverso una sensibilità armonico-ritmica di primissimo rango. Il posto vuoto, questa volta, è occupato dal trombettista Fulvio Sigurtà, ormai una figura emergente del jazz europeo, in virtù di una sonorità pensosa, lirica, e di un fraseggio di cristallina purezza e impressionante efficacia.A rendere, però, il quartetto/quintetto che state per ascoltare una vera anomalia nel jazz italiano è l’adesione alla visione compositiva di Giraldi, come dicevamo. Un far musica, il suo, una poetica, quella che mette a servizio della tavola imbandita, che brillano per originalità, personalità, feroce determinazione nel perseguire un equilibrio talvolta addirittura impensabile in piccoli organici. A partire dalle melodie, capaci di comunicare all’ascoltatore il senso dei brani – veri e propri piccoli poemi sinfonici – e di conficcarsi nella memoria anche al primo ascolto; per proseguire con un’idea timbrica complessiva di rara distinzione, a testimoniare e confermare come il ragionamento compositivo di Giraldi sia sempre commisurato alle risorse soniche di cui dispone, combinate e mescolate con magnifica eleganza.Infine, il senso formale. La musica di questo quartetto/quintetto non assomiglia a nulla che avete ascoltato finora. Sebbene in essa si possano rintracciarele più diverse e varie influenze – dal jazz dei grandi maestri alle sperimentazioni di fusione e ibridazione, fino al pop più raffinato e alla musica classica – i tracciati melodico-armonici esprimono compiutamente una freschezza salutare, un orizzonte poetico tutto da scoprire. E, soprattutto, ascoltate con attenzione i brani fino alla fine: Giraldi, infatti, non lesina sorprese, né colpi di scena, ma ama scrivere brani in cui l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Un disco, insomma, in cui geometrie e affetti personali raccontano una musica finalmente nuova, poetica e densa, che guarda lontano e prende appoggio sul cuore.” (note di copertina di Vincenzo Martorella).
————–
Casa del Jazz
Viale di Porta Ardeatina, 55 – Roma
Info: 06/704731
Ingresso 10 euro