Susanna, tenendo fede alla nostra comune passione, tu eri una discotecomane? Quali ricordi ti legano alle discoteche e quali frequentavi ai tuoi tempi?
A dire il vero sono stata pochissimo in discoteca. Ai miei tempi si usavano molto le feste private, molte in cantina, al riparo da occhi indiscreti. La discoteca? Mah non mi ha mai fatto impazzire, preferisco il ballo allo “sballo”.
Che aria si respirava in quegli anni durante la “febbre del sabato sera”?
Il sabato sera era il momento più atteso, ma ripeto io lo passavo con i miei amici del cuore. Ballavamo più “lenti” che “veloci”. Volevamo essere grandi nel modo di vestire, nel modo di ballare, eravamo seri, e le feste erano spesso l’occasione per dichiarare i nostri amori. Si ballava molto, per il piacere di comunicare quello che eravamo davvero, le nostre speranze e le nostre paure.
Hai fatto parte di qualche corrente “di moda” tipo metal, dark, punk, gothic o similare? Qual era il movimento che più ti attraeva?
Non ho mai fatto parte di alcun movimento preciso, ma poiché dai 14 anni in su, vestivo tassativamente di nero, e mi avevano dato il soprannome di “lugubre”, credevano tutti fossi veramente una dark. Invece no, era una reazione a tutto quel bianco, quel rosa, quel lilla, che ogni giorno sfoggiavo in sala ballo, non ne potevo più e allora… nero. E poi per me, il nero, è ancora il colore che rende belle le persone.
Ti ricordi il tuo primo “Permette, signorina, un ballo?”
Certo. Avevo circa 15 anni e passavo buona parte delle mie vacanze estive in campagna, al confine tra Verona e Mantova. Frequentavo amici più grandi, intorno ai 20 anni, tutti molto politicizzati, e a quel tempo la zona era popolatissima di feste de l’Unità. Una sera, mi ricordo seduta su una balla di fieno, durante una festa intorno ad un’aia, guardavo curiosa tutti quelli che più grandi di me ballavano. Ad un certo punto si avvicina il classico bullo di paese, camicia aperta, maniche della giacca rivoltate all’insù e mi dice, con sguardo seduttivo “Cuccalambal gnurina?” subito non capii che era un invito a ballare, in un dialetto un po’ distorto che non capii, e con un no molto imbarazzato, palesando di non aver capito mi sono allontanata in fretta…
Io e te siamo molto simili, amiamo tutto ciò che è bello ma con il gusto del “vintage di qualità” e perché no anche un po’ agèe… Le balere, i dancing di provincia, i luoghi popolari in cui scatenarsi in pista… Un pezzo del nostro paese è passato anche dalle prime sale da ballo, sei d’accordo?
Ricordo sempre quel film stupendo di Ettore Scola “Ballando, Ballando”. Certamente il ballo è sempre stato un modo bellissimo per comunicare, dove non arrivavano le parole, arrivavano i passi, gli abbracci e gli scatenamenti. Quando si ballava non si parlava, non se ne sentiva il bisogno, oggi nei locali si balla e non si parla perché i decibel sono insuperabili.
Con il progresso anche il modo di divertirsi “ballando” è mutato?
Credo che oggi non si dica tanto, “dai andiamo a ballare”, ma piuttosto “andiamo in disco”, “usciamo”, “vediamoci”, “happyhourtime”… insomma, la musica forsennata unita ad altro, sembra allontanare le persone dal ballo e dal suo divertimento.
E se ti chiedessi: “il tuo primo lento”… lo ricordi?
Il primo lento non si scorda mai… credo di non aver provato mai emozione più grande nell’essere tra le braccia di qualcuno, non importava quanto sarebbe durato, era l’estasi e l’abbandono di quel momento.
Nel recente tuo spettacolo di successo “Rolling Idols” l’atmosfera è puramente modaiola in sintonia con il mondo delle discoteche fashion, con quel pizzico di trasgressione ed eccesso tipico dei nostri giorni pur essendo la storia ambientata in altri anni… Alla fine la ruota gira ma il “ballo” rimane sempre al centro dell’immaginario comune?
Ma sai credo che se la musica entra nel sangue così come nella vita, è impossibile non ballare, non riesco ad immaginare un modo senza ritmo e melodie, senza movimento.
Dimenticando la tua disciplina “il contemporaneo”… parliamo di altri balli! Tu possiedi una bellissima casa su un’isoletta greca… so che ti diverti e ti diletti a danzare il Sirtaki! Raccontami quali alchimie cela questo antico ballo e cosa ti trasmette nell’eseguirlo?
L’isola magica si chiama Amorgos, è una piccola Ciclade, molto vicina alla Turchia, lo stile musicale che vi risiede è il Rebetico, che ha influenze Greche e medio Orientali. La musica che si danza è tassativamente dal vivo, liuto, violino e voce, si balla nelle piazze, nelle strade e dopo una meravigliosa cena con gli amici, i testi delle canzoni parlano di natura e molto d’amore. Tante sono le danze ispirate al corteggiamento e al matrimonio, lo sposo e la sposa danzano la loro unione e tutta la comunità balla intorno a loro. Si danza parecchio in cerchio. Mi piace ballare ad Amorgos, anche se non sono greca, mi piace ballare con loro, e sfidare la mia resistenza, in danze lunghe, afferrando mani che non conosco.
Insieme abbiamo un progetto, che rimarrà magari solo un sogno ma le danze di Carattere quanto fascino esercitano su di te?
Credo che nelle tradizioni Etnico/Popolari, ci siano dei valori incredibili, che riportano il ballo alla tradizione di un pensiero, di una civiltà, che decreta l’importanza dell’appartenenza culturale. Spesso mi è capitato di capire quanto è grande ed eterogeneo il mondo, proprio attraverso la danza e la musica…
C’è un mondo, a tratti sommerso, nel nostro paese… centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze ma anche signori e signore di una certa età che si dilettano con i balli caraibici, latino americano, salsa e merengue. Tantissimi locali accolgono serate a tema con questi stili allegri, colorati e sensuali… Sei mai stata attratta da un cha cha cha?
Sinceramente no, li sento molto commerciali ed un tantino esibizionistici. Amo molto il tango invece, che sto studiando, che mi riporta a quell’abbraccio che mi affascina, che mi include.
Abitando io in provincia noto con grande piacere che i Circoli per gli anziani organizzano ancora le “serate danzanti” e sono frequentate da tantissimi “giovanotti e signorine di una certa età”… il ballo in tutte le sue forme si può dire che è sinonimo di “rinascita” e antidoto alla solitudine?
Il filosofo Umberto Galimberti, durante una conferenza in DanceHaus, disse: “Chi non danza non sa” aggiungo “che chi non danza non vive la possibilità di mettersi in contatto con il resto del mondo”. Spesso ho raffigurato la danza come un sottile ma resistente filo rosso che unisce tutte le anime danzanti del pianeta.
Guardavi le grandi commedie musicali in televisione? Oppure il nuoto sincronizzato con Esther Williams, senza dimenticare Ginger & Fred o Gene Kelly?
Adoravo questo genere di film e trovo che gli americani in questo tipo di produzioni erano assolutamente straordinari.
Sei mai fuggita a Broadway o a Londra per assistere dal vivo ai celebri musical?
Avendo vissuto a New York per un po’ di anni, ho visto molti spettacoli, e musical ai quali ho riconosciuto un valore e una qualità assoluta, nulla di comparabile con le edizioni europee. Un prodotto di intrattenimento perfetto, con un livello professionale altissimo e quell’atmosfera di luci e splendore tipicamente americano. Non so… un sapore unico, ballerini stupendi anche nell’azione teatrale, molto naturali nella loro energia unica, sì, uomini e donne sulla scena, veri, immediati, emozionanti.
Mentre l’affascinante e raffinato mondo parigino delle Folies Bergére, del Moulin Rouge, del Lido, del Paradis Latin o del mitico Crazy Horse non ti hanno mai attratta? Un altro modo di interpretare la danza con sensualità e classe?
Questo mondo mi è più lontano, anche se ne riconosco il livello di bellezza e professionalità.
Io trovo molto coinvolgenti e preziose le danze orientali, non solo la tipica danza del ventre ma tutto ciò che si rifà alla cultura araba classica orientale sviluppata nelle corti principesche, danze ricche di contaminazioni e fusioni che comprendono numerosi stili e si differenziano dalla provenienza geografica e dalla musica. Danze che possiedono origini antichissime le quali risalgono addirittura alla costituzione delle prime civiltà. Che tipo di esperienza possiedi in questa disciplina?
Non ho mai praticato queste danze, ma il flamenco che è colma di influenze arabe, è una delle mie passioni. Ho realizzato molte creazioni nella fusione tra danza contemporanea e flamenco, sempre in collaborazione con danzatori e musicisti di provenienza andalusa. Ho collaborato con il grande Jose Greco Senior, colui che ha portato il flamenco andaluso negli Stati Uniti. Il mondo Flamenco mi ha aperto il cuore e i sensi. Passare una notte al Tablao con i ballerini e i musicisti, quasi più che in teatro, ti regala un senso di vita e morte molto forte, eros e thanatos, nel vero senso della parola. I flamenchi sono tra gli uomini più affascinanti che ho conosciuto, difficili, ma irresistibili.
Grande successo hai raccolto recentemente, con le tue creazioni coreografiche, alle Sfilate milanesi per la settimana della Moda… La danza si adatta proprio a tutto?
Fortunatamente la Danza sta diventando un linguaggio molto amato da tutti coloro che vogliano rappresentarsi attraverso il mezzo corporeo, raffinato e visionario. È molto laborioso confrontarsi con marchi importanti e molto forti a livello di immagine. Ma la mia esperienza non solo artistica, ma direi di pratica esistenziale, mi rende la strada più facile di quanto non possa sembrare. L’importante è saper ascoltare, cogliere i desiderata, e con il proprio bagaglio di competenza asservire alla richiesta. Credo che anche un’iniziativa definita estremamente commerciale al suo nascere, possa essere ribaltata da un artista in una azione commerciale di grande gusto e spessore comunicativo. Ciò che spesso non accade in televisione, dove pare che tutti facciano a gara per vendersi facilmente a delle richieste, scusatemi, veramente low profile, con una ostentata mercificazione del corpo, con look davvero discutibili.
Non vorrei dimenticare tanti altri linguaggi tipo il tango (affascinante il tuo spettacolo con Luciana Savignano) oppure il flamenco, le milonghe, il samba… Aiutami tu nel definire e omaggiare tutte queste espressioni che sono il “respiro” dell’umanità?
Credo che la danza emani la sua potenza proprio attraverso la vasta dimensione dei suoi stili. Per me quando la danza è bella, è bella tutta. Certo ognuno di noi ha degli amori, come per certa musica, certa pittura, ed è normale e bello che sia così, un modo di danzare o di veder danzare che ci mette in contatto con la nostra natura più profonda, con la nostra animalità, la nostra visceralità.
D’altronde da che mondo a che mondo, e tu da buon veneta lo sai bene, non possiamo scordare che i “grandi balli” esistono da sempre per suggellare o sottolineare ogni evento… pensiamo alla divina Venezia con i gran balli per il Carnevale nei suoi aristocratici palazzi tra intrighi, passioni, amanti e segreti? Hai mai partecipato a queste rievocazioni in costume?
Sì con mio padre andavo al Carnevale di Venezia, ma quell’immagine nebbiosa e piovosa di quei momenti, in realtà mi riconduce a qualcosa di molto triste. Per me il Carnevale è un po’ malinconico, le maschere mi fanno tristezza, così come i costumi troppo ridondanti, le parrucche, tutto quello che copre il corpo in modo innaturale, mi fa tristezza, sento il bisogno di togliere la maschera e di incontrare davvero chi si cela dietro di essa.
Se pensi alla tua città “Verona” e la colleghi alla danza e al ballo cosa ti sovviene immediatamente?
Amo la mia città, ma me ne sono andata più di trent’anni fa, perché non vedevo in lei il luogo dove fare della ricerca, dove poter creare liberamente fuori dalle convenzioni. Non collego Verona alla danza, mai, la mia città della danza è Milano, che mi ha dato tanto, Verona è il luogo di alcuni affetti primordiali… punto!
Pensando a un’epoca della Storia, non solamente italiana, legata al “ballo”, in quale ti sarebbe piaciuta nascere e crescere?
Penso che il tempo che ho vissuto, è il mio preferito, il tempo che ha decretato la grande rivoluzione del mondo dello spettacolo, anche io ho contribuito al cambiamento, anche io ho lavorato tanto per costruire il tempo del riavvicinamento dell’artista a se stesso, riportando l’arte della danza, più vicino al senso della vita.
Una volta Raffaella Carrà in televisione giocava al “Se fosse”… se tu Susanna fossi un ballo, quale saresti?
Un tango.
E un film?
Scarpette rosse.
Se fossi un libro?
L’Odissea.
Se fossi una città o una nazione?
New York.
È risaputo il mio amore per i “fiori”… tu quale vorresti essere?
L’ortensia.
Se tu fossi un dipinto o una scultura?
Un quadro astratto.
Nella valigia dei ricordi, qual era il tuo gioco preferito da piccola?
Non vorrei essere banale… un tutu, bianco con il corpetto di raso.
Quali personaggi delle fiabe e dei cartoni animati e dei fumetti adoravi di più?
Non me lo ricordo, ma a dodici anni ho visto “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli e mi ha cambiato la vita!
Nutriamo insieme l’enorme amore per gli animali e in particolare per i cani… La tua bellissima cucciola quanto ti riempie le giornate? e i suoi occhi cosa ti raccontano?
La mia Nina, accompagna da tre anni, gioia e dolori, sente le mie gioie e i miei dolori, a volte mi pare che mi parli, il suo sguardo e il suo contatto fisico, si fa perdonare tutte le monellate che fa…
La tua DanceHaus accoglie tanti stili di danza, compagnie, sperimentazioni, giovani coreografi, artisti, ballerine, danzatori, creativi… Mi piace pensare al tuo “magico” luogo come un grande Circo (doverosamente senza animali) in cui “arte e mestiere” si fondono per lasciar parlare solo il “corpo” senza troppi “barlafüs”…
Hai centrato il senso, come del resto sai fare tu. Sai ben interpretare ciò che vedi…
Per finire, da una donna anticonformista come te, sempre sul pezzo… precursore dei tempi e delle mode: regalami una definizione di “follia”, “di normalità” e della tanto abusata “diversità”?
Tutti questi termini andrebbero usati con grande parsimonia, tracciando confini e giudizi mai stretti e soffocanti. Nulla ci deve far paura di questo mondo, né la follia, né la normalità né la diversità, fintanto che non attentano alla nostra vita di esseri umani sensibili e curiosi. Nulla deve compromettere lo slancio che ognuno di noi deve possedere per vivere una vita colma di curiosità, con molti rischi, qualche vittoria e molti insuccessi, ma una vita che deve essere vissuta nell’unione inseparabile tra corpo, mente e spirito.