Ultimo giorno del Torino Fringe Festival, viva il Torino Fringe Festival. L’unico rammarico che mi porto dietro è non avere potuto vedere più spettacoli. Il livello qualitativo tende a salire. Se era già molto buono l’anno scorso, quest’anno è stato ottimo. Chissà cosa ci aspetta per il prossimo anno. Queste considerazioni sono venute spontanee all’uscita di “Le guerre di Angela”, un piccolo gioiellino che forse non avrei potuto vedere se non inserito in questa programmazione. Ovviamente è un discorso generalizzato e vuole anche rendere omaggio all’organizzazione, che se ottima a livello operativo (ne parlo in qualche recensione precedente), è davvero valida nella scelta degli spettacoli da proporre. E leggendo i commenti, lasciati dal pubblico, trovi quasi sempre lodi e attestazioni positive. Ma torniamo allo spettacolo di prima, dicevo gioiellino perché unisce alla povertà di mezzi utilizzati, per me un parametro importante, una grande carica emotiva e coinvolgente.
Prima guerra mondiale. Per una serie di motivi, anche contrastanti fra loro, questo conflitto si porta dietro una sorta di mito e di retorica fasulla. Non è stata una guerra ma un massacro, non abbiamo combattuto per salvare i sacri confini ma per soddisfare mire ed appetiti di pochi. Migliaia di persone sono state sacrificate nel nome dell’opportunismo.
In scena ci sono quattro figure femminili che ben rappresentano quello che la donna, forse più dell’uomo, ha dovuto sopportare e contrastare per evitare il disastro: una maestra, una contadina, una donna del ceto medio ed una prostituta, e ciò che le accomuna è molto di più che il nome. Sono loro che si alternano sul palco, sempre riconoscibilissime da caratteristiche mimiche e linguaggio, oltre che da precisi indumenti dell’epoca. C’è stato da parte dell’attrice anche un grosso lavoro sulla inflessione dialettale; lei che viene da Savona riesce a dare ad ogni personaggio una diversa intonazione friulana.
Lo spettacolo è stato rappresentato al Lab, con una sala gremitissima e hanno dovuto aggiungere molte sedie a quelle già presenti nonostante fosse già stato replicato molte volte, segno che il passaparola funziona. La prima Angela che incontriamo è la maestra, ed è un incontro forte, irrompe in sala zittendoci in malo modo e scopriamo che ognuno di noi è uno scolaro e sta per assistere ad una lezione di circa cento anni fa, con metodi di insegnamento e di indottrinamento assurdi per noi adesso ma che erano quelli reali dell’epoca. Dietro questo spettacolo c’è un lungo lavoro di ricerca, infatti: “A questo progetto di Giuseppina Facco ha collaborato lo storico e ricercatore fiorentino Andrea Bavecchi, che ha fornito importantissime documentazioni diaristiche e che, con la sua grande conoscenza storica del periodo, ha dato un prezioso contributo di idee e testimonianze. Ha inoltre fornito un importante supporto il Dottor Franco Mazzetta, medico savonese che ha permesso di integrare nel testo le lettere che sua nonna riceveva dal marito, ufficiale al fronte. Ha reso così possibile dare vita al personaggio di una delle quattro Angela.”
Sarà per la sua carica e sarà perché incute davvero timore e pietas, ma per tutto lo spettacolo non sentiremo vocii, commenti e né squilli di cellulare. Emerge soprattutto la retorica grondante con cui hanno convinto la povera gente, ma non solo, che era una buona guerra, che era giusto morire per la patria e che tutti dovevano fare la propria parte.
Arriva poi la contadina, che si mette a sbucciare mele e racconta di come è triste l’attesa per chi non ha possibilità di avere informazioni dirette dei propri famigliari. Lei ha visto partire il padre, il fratello ed il futuro sposo. Racconta della gioia che si prova all’arrivo di una lettera, dettata e non scritta per l’analfabetismo delle compagne, che cerca di tranquillizzare chi aspetta ma con un sotto testo tremendo. Un aspetto che emerge, e di cui si è sempre saputo poco, è la presenza opprimente di una censura che passa al setaccio tutto ciò che parte ed arriva via posta. Questo elemento è sviluppato sopratutto dalla figura di donna successiva, la moglie dell’ufficiale. Hanno escogitato, lei ed il marito, un sistema per controllare se le lettere spedite arrivano davvero, e sanno che se il marito scrive che sta molto bene, mangia spesso e non è mai in pericolo la verità è esattamente il contrario.
L’ultima figura che incontriamo è una giovane prostituta che, dopo avere perso padre e fratello si vede costretta a vendersi per mantenere la madre e chi è rimasto della sua famiglia. Anche qui emerge la violenza e la tristezza di chi è costretto, contro la sua volontà, a dare la vita per un assurdo ideale retorico.
Lunghi e ripetuti applausi, eravamo tutti un po’ emozionati e consapevoli di avere imparato qualcosa dei nostri nonni che non sapevamo e forse neppure immaginato, tanto loro lo hanno nascosto. Ritengo che questo spettacolo debba essere conosciuto nelle scuole, di tutti i tipi per insegnare che “questo è stato” e da parte di chi si riempie la bocca con frasi minacciose e assurde. Se il teatro e l’arte in generale deve emozionare, questo spettacolo ha assolto pienamente il suo compito.
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Le guerre di Angela
Da un’idea di Giuseppina Facco
Testo di Giuseppina Facco
Con Giuseppina Facco
Supervisione artistica: Annapaola Bardeloni
Supervisione Storica: Andrea Bavecchi
Musiche Originali: Stefan Gandolfo
Spettacolo presente al Torino Fringe Festival 2016