di Claudio Pallottini
con:
Marco Simeoli – Il conduttore
Edoardo Baietti – Segretario inetto e raccomandato
Sebastiano Colla – Enrico Fermi
Andrea Giuliano – Prof. Doorfman, psichiatra
Stefano Messina – Edoardo Amaldi
Nicola D’Eramo – Sen. Arturo Bocchini, capo della Polizia fascista
Claudio Pallottini – Prof. Ricci, storico
Cristina Pellegrino – Laura Fermi e la zia di Ettore
Carlotta Proietti – La cantante
Elena Lo Forte – La cantante
Cristina Pensiero – Felicia, velina
Andrea Bianchi – Il pianista
Supervisione artistica Gigi Proietti
Regia Marco Simeoli
Coreografie Stefano Bontempi – Cristina Pensiero
Tema musicale Stefano Fresi
La voce di Ettore Majorana è di Massimiliano Giovanetti
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Nel marzo del 1938 Ettore Majorana, il fisico più geniale della generazione di Fermi, Bohr, Eisembergh e dei ragazzi di via Panisperna, dopo aver espresso in due lettere il proposito di “suicidarsi”, e in un telegramma la decisione di non suicidarsi più, si dilegua in maniera definitiva dalla storia, facendo perdere le sue tracce e lasciando dietro di sé uno dei misteri più appassionanti e avvincenti del ‘900.
Si è trattato di una scomparsa o di un suicidio? Ancora oggi l’interrogativo rimane aperto e desta domande pressanti sul ruolo della scienza e dei sui limiti. Domande che lo spettacolo scritto da Claudio Pallottini pone in risalto riuscendo nella difficile impresa di far ridere gli spettatori facendoli riflettere.
Sul palco, trasformato nello studio di un talk show televisivo, si ricostruisce la vicenda e la personalità di Ettore Majorana, in un divertentissimo gioco teatrale che mescola commedia, cabaret, teatro di narrazione e documento, il tutto rigorosamente sottoposto al filtro dell’ironia.
Un caso storico scottante che, come ormai siamo abituati a vedere nella ritualità televisiva, diventa un argomento da talk show.
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Il caso Majorana – Note di regia
Lo spettacolo nasce da tre stimoli concomitanti: la lettura de “La scomparsa di Majorana” di Leonardo Sciascia, la centralità del dibattito scienza-etica sul fronte della genetica, della tecnologia, dell’energia, e la ricorrente questione della cultura televisiva con le sue ricadute sulla civiltà complessiva del paese.
Il caso Majorana si propone come significativa traccia per affrontare tutti questi temi ed offrire, attraverso il racconto scenico, una possibile lettura dello stato di salute del Paese. Siccome il nostro gruppo è formato da giovani commedianti, la prospettiva non poteva che essere nel segno della commedia. E allora la scelta è venuta naturale: partire dalla coda, ovvero dalla TV.
Mettere insieme un po’ di Chi l’ha visto, un po’ di Porta a Porta, un po’ di Vita in diretta e costruire un contenitore televisivo, che si qualifica per alcune caratteristiche inclinazioni: l’inclinazione a mischiare il reale col virtuale, l’informazione col pettegolezzo, la cultura con la sottocultura, l’inchiesta con lo scoop – vero o presunto – la storia con la cronaca, la testimonianza col piano bar.
Il passo successivo è stato inserire in questo frullatore informativo un argomento serio, problematico e inquietante, come appunto, la scomparsa di Majorana, ed assistere alla progressiva trasformazione di genere del tema inserito.
Il frullatore inghiotte il caso – con tutte le sue implicazioni storiche, scientifiche, etiche, filosofiche, umane – lo impasta con l’inevitabile esigenza divulgativa (leggi: renderlo appetibile alla casalinga di Voghera), con l’irrinunciabile ricorso alla compagnia di giro degli esperti (leggi: storico, opinionista, psicologo, testimone diretto…), con la costante preoccupazione di alleggerire per non perdere ascolto presso le fasce deboli (leggi: introduzione del comico di Zelig o della cantante di bella presenza o del protagonista del reality di prima serata), con l’imprescindibile necessità di provocare reazioni emotive per non far scendere la curva dell’attenzione (leggi: fomentare liti in diretta, introdurre filmati scioccanti, trasformare gli ospiti in macchiette), poi il frullatore metabolizza il tutto e, infine, lo espelle: modificato in programma televisivo.
Il prodotto televisivo è un genere a parte, che non ha più alcun nesso con il materiale di origine e che non ha altre finalità se non quella d’imporsi sul mercato, assicurando la sopravvivenza di una complessa filiera, che comprende politici di riferimento, imprenditori compromessi, conduttori, autori, produttori e il deperimento del codazzo di quelli che, quando non servono più, vengono spregiativamente definiti nani e ballerine dagli stessi che prima li hanno imposti e sfruttati.
Di questo parla il Caso Majorana: di televisione; o meglio, della scomparsa di Majorana, data in pasto alla televisione, di come un argomento così cruciale per la scienza e per l’etica, con risonanze così significative e palpitanti di attualità, si trasformi in un talk show.
Lo spettacolo tende ad essere divertente nelle battute, travolgente nel ritmo, leggero nei toni, ma morde e disegna in filigrana il ritratto di un paese che, dal fascismo in poi, conserva alcuni vizi ed alcune debolezze congeniti, che oggi trovano la loro consacrazione nel cinismo, nella spregiudicatezza e nella superficialità del rituale televisivo.
Il testo e la messa in scena mirano a restituire il carattere ibrido del prodotto televisivo, inventando, con la complicità di un gruppo di attori abili e intelligenti, un genere teatrale altrettanto ibrido con continue interferenze tra commedia, cabaret, teatro di narrazione e di documento. Il tutto rigorosamente sottoposto al filtro dell’ironia. Un genere dal sapore curioso, non riassumibile in una definizione precisa, anzi, soggetto a continui sconfinamenti e ribaltamenti di tono, governati da attori con un sicuro centro di gravità.
Ma è ambizione e comune impegno professionale del gruppo che apparentemente come un miracolo, in analogia a quanto accade nelle serate televisive – per germinazione spontanea tra immondizia e detriti – passi per schegge, per frammenti, la profondità della storia di partenza e anche un ritratto dell’inquieto scienziato scomparso che, emergendo tra i lazzi del teatro e le gaffe, i rituali, i tic assunti dalla televisione, s’imponga alla partecipe e commossa attenzione del pubblico.
Insomma la nostra vuole essere un’operazione sottile, proposta con umile facilità, una facilità appresa dai grandi maestri del comico, da Shakespeare a Campanile, a Petrolini, a Brecht, ai quali ogni giorno rivolgiamo il nostro devoto pensiero di gratitudine.
Marco Simeoli
https://www.facebook.com/ilcasomajoranashow/timeline
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Teatro de’ Servi
Roma – Via del Mortaro 22 (ang. Via del Tritone)
Info: 06.6795130
www.teatroservi.it – https://www.facebook.com/TeatroServi?fref=ts
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BIGLIETTI: PLATEA 22€ – GALLERIA 18€
ORARIO SPETTACOLI: DA MARTEDI A VENERDI ORE 21 – SABATO ORE 17.30 E 21 – DOMENICA ORE 17.30