Paola Scelzo si è diplomata presso il Centro Regionale della Danza Lyceum di Mara Fusco. In seguito è stata Prima ballerina al Balletto di Napoli. Ha danzato il repertorio classico interpretando ruoli di solista e di prima ballerina in produzioni come “La bella addormentata nel bosco”, “Cenerentola”, “Don Quixote”, “Pierino e il lupo”, ecc. In più di un’occasione ha lavorato per grandi coreografi come Luciano Cannito, Ricardo Nunez, Giuseppe della Monica, Elsa Piperno, Susanna Sastro. Unica assistente per l’Italia del maestro di danze storiche e di carattere M. Berkut (insegnante del Teatro Bolscioi di Mosca), dal 2000 è abilitata all’insegnamento e alla coreografia delle danze storiche, di carattere e tecnica di pas de deux presso la “Berkut Dance International”. Dal 2000 ad oggi insegna tali tecniche in diversi centri di danza italiani ed europei. Nel 2000 viene premiata dall’AICS di Roma come ‘giovane talento artistico’. Danza come prima ballerina al fianco di interpreti come Pino Bersani e Fabio Molfesi (Etoile del Connecticut ballet). Con il Teatro d’Insieme e la compagnia de “Loro di Napoli”, cura i movimenti coreografici degli attori impegnati nella recitazione di diverse opere teatrali di autori e maestri come R. Viviani, R. De Simone, F. Prestieri, G. Sollazzo. Nel 2005 si laurea in Sociologia (indirizzo Comunicazione e Mass Media) presso l’Università Federico II di Napoli, con tesi di ricerca di Storia Contemporanea sul tema della “maschilità” e le sue trasformazioni nel tempo attraverso l’arte e la danza di grandi coreografi. Tiene laboratori di Repertorio, Tecnica Classica e di Carattere presso diversi centri di danza italiani ed europei (Centro Regionale della Danza Lyceum di Mara Fusco, Percorsi di danza di Angelo Parisi, Centro Coreografico e delle Arti Performative/Art Garage di Emma Cianchi e International Dance Contemporary – Art Center Korper). Nel 2006 viene invitata, al fianco del maestro di danze storiche e di carattere M. Berkut, al 20° Congresso Mondiale della Ricerca nella Danza ‘Promotion de la diversité’, organizzato ad Atene dal Teatro di danza ‘Dora Stratou’ in collaborazione con il Conseil International de la Danse CID, UNESCO. Nel 2007 consegue il diploma accademico di II livello per l’abilitazione all’insegnamento delle discipline coreutiche (indirizzo danza classica) presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma, con tesi su: “La danza di carattere come supporto integrativo e funzionale alla tecnica classica”. È spesso ospite presso festival, gala, rassegne e produzioni di diverse compagnie attive nel circuito nazionale, nonché di rinomati stages nazionali ed internazionali di danza, formazione e spettacolo. Dal 2008 è docente a contratto di Tecnica e Danza di carattere all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e segue la preparazione degli allievi per concorsi nazionali e internazionali. Dal 2008 segue come relatore interno e correlatore esterno i laureandi di Triennio e Biennio dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma, in tesi relative al repertorio e alla tecnica classica, nonché al repertorio ed alla tecnica di carattere. Sostenitrice della necessarietà della multidisciplinarietà e della ricerca di sempre nuovi codici stilistico-espressivi, sta per pubblicare un testo breve sul percorso parallelo individuabile tra i programmi di studio della tecnica accademica e quelli della tecnica ‘di carattere’. Nel Maggio 2011 realizza un progetto didattico coreografico per i corsi di Predanza dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Il lavoro viene presentato nell’ambito della rassegna degli spettacoli estivi del suddetto Istituto di Alta Cultura. Dall’Ottobre 2011 collabora con l’Associazione Italiana Danzatori di Roma, tenendo corsi di Danza di Carattere ed Etnodanza agli allievi del Corso di Perfezionamento Professionale per danzatori riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività culturali. Nell’anno scolastico 2013-2014 è docente delle materie Tecnica della Danza Classica e Laboratorio Coreutico presso il Liceo Coreutico Statale di Roma Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II (convenzionato con l’Accademia Nazionale di Danza di Roma). Tra il 2013 ed il 2015 riceve cinque premi alla coreografia nell’ambito del Roma Dance Contest. Nell’a.a. 2015-2016 è docente di Tecnica di carattere e Coreografa per l’Accademia Nazionale di Danza di Roma, per la realizzazione dello spettacolo di fine anno di danza classica.
Gentile Paola, innanzitutto ti chiedo da dove e come è nato il tuo amore per la danza?
Credo davvero che l’amore per questa disciplina sia nato con me, ma un’enorme spinta è venuta sicuramente da mia madre, che mi ha sempre stimolato molto verso l’arte in ogni sua forma, la bellezza, il teatro. Eravamo insieme ad ogni evento in cartellone al Teatro San Carlo di Napoli, il magnifico teatro della mia città, e, dopo il primo balletto visto insieme, ero già con una mano alla sbarra.
Come si è svolto il tuo percorso di formazione nel mondo coreutico?
Mi sono formata come danzatrice classica e mi sono diplomata presso il Centro Napoletano della danza Lyceum di Mara Fusco. Nella stessa scuola ho studiato contemporaneo con Elsa Piperno e Susanna Sastro. Negli anni successivi mi sono dedicata, contemporaneamente al lavoro come danzatrice in compagnia, alla mia formazione come docente di tecnica accademica e di danza di carattere, assistendo e ‘rubando’ ogni parola del mio grande e caro maestro M. Berkut. Poi è venuta l’abilitazione presso la “Berkut Dance International”, poi quella presso l’Accademia Nazionale di Danza.
Quali ricordi hai di Mara Fusco e dei suoi insegnamenti?
La signora Mara ha una parte molto importante nei miei ricordi: lei mi ha insegnato non solo la tecnica, ma la disciplina, la ricerca della qualità, la forza d’animo che la scelta quotidiana della danza richiede, la coscienza dei limiti e delle possibilità di ognuno. È stata un’insegnante severa, ma piena di passione. Oggi, da docente, ci confrontiamo spesso e, come accadeva anche quando ero sua allieva, basta uno sguardo per capirci.
Ti ricordi la tua primissima volta sul palcoscenico in veste di danzatrice?
Certo, al Teatro Bellini di Napoli. Ero una bambina di nove anni, felice di indossare scarpette e tutù, di danzare, ma prima ancora di passare lunghe giornate in teatro, a respirare il meraviglioso odore del sipario e del palcoscenico. Non sarei mai andata via.
Mentre la tua nomina a Prima ballerina del Balletto di Napoli quando è avvenuta e per mezzo di chi?
Ho lavorato per diversi anni con il Balletto di Napoli, sin da quando ero allieva come corpo di ballo. Poi come solista in tante produzioni. Per scelta di Mara Fusco, la nomina ed i ruoli da prima ballerina sono arrivati quando avevo ventun’anni circa.
In seguito hai danzato parte del repertorio classico in importanti ruoli; tra tutti in quale ti sei sentita più affine al personaggio sia per tecnica sia per empatia?
Di certo ho amato molto i ruoli di Kitry e Medora, ma in realtà mi sono sempre sentita più ‘a casa’ nel repertorio Neoclassico e Balanchiniano.
Hai avuto la fortuna di collaborare con significativi coreografi del panorama nazionale come Luciano Cannito, Giuseppe della Monica, Elsa Piperno, Ricardo Nunez, Susanna Sastro. Come ti hanno arricchita artisticamente?
Ognuno di loro ha lasciato segni importanti, come artisti e come persone. In particolare, però, Ricardo è stato per me più di un maestro: lui ha creato per me una meravigliosa coreografia quando avevo solo diciassette anni, mi ha portato con sé a Dresda, ha asciugato le mie lacrime e ha riso con me. Lavorare con lui è stato esaltante, completo.
In qualità di prima ballerina hai danzato con l’étoile del Connecticut ballet Fabio Molfesi e con Pino Bersani. Quali sono le loro maggiori doti e com’è stato artisticamente collaborare al loro fianco?
Pino Bersani è un danzatore eclettico e una persona forte ma delicata. Con Fabio Molfesi ho danzato per tanti anni: è un danzatore virtuoso, un artista che riempie di ‘luce’ la scena. Con lui danzare è stato ‘semplice’, perché eravamo in completa sintonia, rispettosi ma pignoli ed esigenti allo stesso modo.
Nella tua carriera ti sei cimentata anche con il teatro curando i movimenti coreografici degli attori in diverse opere teatrali di autori e maestri come R. Viviani, R. De Simone, F. Prestieri, G. Sollazzo. Che tipo di esperienza è stata e qual è la maggiore differenza e difficoltà nel far “danzare” chi invece è protagonista con la parola?
È stata un’esperienza che mi ha formato molto, ma soprattutto mi ha aperto gli occhi sul rapporto esclusivo che i danzatori sviluppano con il proprio corpo e con lo spazio. Gli attori usano gli stessi strumenti in modo diverso. Alcuni registi mi hanno chiesto di lavorare anche con persone con difficoltà psico-motorie, e questo ha costituito davvero per me una bella ‘prova’, umana oltre che professionale.
Altro grande merito, sei stata l’unica assistente italiana del maestro di danze storiche e di carattere M. Berkut del Teatro Bolscioi di Mosca. Com’è nato il vostro incontro artistico? Come si è sviluppato il vostro lavoro e cosa devi al maestro in termini di accrescimento culturale?
Come allieva, ho studiato danze storiche, di carattere e tecnica di pas de deux per otto anni con il maestro Berkut. Poi ho lavorato come sua unica assistente per tre anni, apprendendone l’intero Syllabus. Il maestro mi ha insegnato la tecnica della danza di carattere, la metodologia del suo insegnamento, le nozioni musicali che un docente di carattere deve possedere e tutte le ‘motivazioni storiche’ che sono alla base delle composizioni tecnico-coreografiche di carattere. Sono stati anni duri di lavoro, ma pieni di spunti, di impegno, di curiosità. Ho imparato quanta bellezza c’è nella diversità.
Sei abilitata all’insegnamento e alla coreografia delle danze storiche, di carattere e tecnica di pas de deux alla “Berkut Dance International”. Dal tuo punto di vista come si riconosce un buon maestro e una valida scuola? Come fare a riconoscere chi fa “buona danza e insegnamento” tra le tante sparse sul territorio?
La competenza, l’aggiornamento continuo, la ricerca e la partecipazione agli eventi nazionali ed internazionali: a mio parere, questi sono i presupposti fondamentali per essere un buon maestro, per formare buoni danzatori, ma anche solo persone che riconosceranno ed ameranno la bellezza in ogni sua forma. I risultati di un buon insegnante, gli allievi ed i professionisti che escono fuori da una scuola, sono la prova della qualità della stessa.
Ho sempre amato le danze storiche e le danze di carattere perché a mio avviso è come ritornare alle “origini della civiltà di un popolo”. Raccontami, tu che sei un’esperta, cosa rappresentano, che valore hanno, le varie sfaccettature e soprattutto l’importanza di rivalutarle, studiarle e divulgarle alla grande massa?
La danza di carattere nasce da un fortunato connubio artistico tra la danza classica e quella folkloristica, popolar-nazionale: in altri termini, essa raffina e ‘nobilita’ il folclore preparandolo alla scena e preservandone la spontaneità, lo spirito e l’‘umore’. Le danze storiche e la danza di carattere costituiscono parte fondamentale della formazione artistico-culturale di allievi e danzatori professionisti di ogni parte del mondo: esse producono ricchezza spirituale e completezza tecnico-artistica, educano al rispetto e al rinnovo della tradizione, alla comprensione e alla ricerca delle origini delle danze nazionali dei diversi popoli del mondo, nonché all’apprezzamento e alla valorizzazione dell’alterità.
Tant’è che insegni queste discipline e la loro tecnica anche presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma… un prestigioso traguardo?
Una grande opportunità: per me, per crescere come professionista e cultrice della materia in un contesto tanto importante, e per gli allievi di questo Istituto di Alta Cultura, perché non rimangano indietro, rispetto ai loro colleghi europei e non, nello studio e nella seria preparazione alla ‘professione’ di danzatore. Lavoro molto e da tanto perché in Accademia Nazionale e nelle scuole dei principali teatri italiani la tecnica della danza di carattere acquisti lo spazio e il valore che merita, perdendo improvvisazione ed ‘occasionalità’ e riacquisendo metodo e quotidianità.
Ma non solo perché la tua arte e la tua conoscenza sono anche al servizio dell’Associazione Italiana Danzatori di Roma e al Liceo Coreutico Statale di Roma Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II. Come reagiscono gli allievi allo studio e all’apprendimento storico di questi stili coreutici?
Ho avuto l’opportunità di lavorare in questi diversi contesti per periodi circoscritti, costruendo progetti ad hoc per allievi con diverse età, provenienze, esigenze e obiettivi. Tutti loro hanno mostrato però grande disponibilità, fiducia, volontà di apprendere. Sono profondamente convinta che quanti scelgono la danza nella propria quotidianità sappiano riconoscere ed apprezzare la bontà e la qualità di una proposta formativa, anche quando non è proprio la più ‘vicina’ alle proprie inclinazioni.
Ho letto che insegni anche Etnodanza, in cosa si differenzia dalle danze storiche e di carattere?
L’Etnodanza si pone a metà tra l’antropologia della danza di matrice statunitense e l’etno-coreologia europea: essa è l’anello mancante tra il folklore e la danza teatrale. E’ fondamentale comprendere che la danza è in stretta relazione con l’intero sistema culturale di un gruppo sociale: essa esiste in funzione di individui che partecipano ad una cultura e ad una società. Costituisce quindi un ‘fatto sociale totale’, meritevole di studio al pari della religione e della politica.
Tra tutti i tuoi maestri che hanno influito positivamente sulla tua formazione a chi ti senti di indirizzare un moto di gratitudine e perché?
Davvero tanti dei maestri che ho incontrato sono meritevoli del mio grazie, per quello che mi hanno insegnato, per le opportunità che mi hanno offerto, per quello che hanno costruito ed anche distrutto dentro di me.
Quali reputi nella tua carriera, i momenti più significativi?
Quando danzavo ed ero sempre in viaggio credevo che quella fosse la parte più importante ed emozionante della mia vita: adesso vedo l’entusiasmo e gli sforzi dei miei allievi, guardo i loro occhi prima che entrino in scena e sento la loro emozione come fosse la mia, forse anche di più.
Ci sono stati anche momenti bui?
Tanti. Non è un lavoro che restituisce tutto quello che gli dai. Ma è per questo che i successi valgono tanto di più.
Cosa consigli ai giovani che desiderano entrare a far parte del mondo della danza?
Chi sceglie la danza per farne la propria vita non deve confondere il sogno con la realtà, ma sfruttare al massimo le proprie potenzialità rispettando i propri limiti, scegliere i propri maestri con attenzione, senza mai perdere di vista il grande obiettivo che ci si è posti.
Tra tutti i vari metodi di insegnamento della danza classica, quale ti è più affine e perché?
Sicuramente il metodo Vaganova: con esso mi sono formata prima come danzatrice e poi come insegnante. Trovo che sia un metodo completo e che, soprattutto per i corsi inferiori e intermedi, garantisca un’impostazione, una preparazione tecnica e una qualità di movimento uniche.
Per concludere una tua definizione della nobile arte della danza?
Più che una definizione, una citazione di Pina Bausch che esprime bene cosa è la danza per me: “Danziamo, Danziamo, altrimenti siamo perduti”.