Al Teatro ‘Trastevere’ di Roma dal 26 aprile al 1 maggio 2016 va in scena ‘Piccoli crimini coniugali’, testo drammatico scritto nel 2003 per il teatro dal commediografo francese Eric-Emmanuel Schmitt. Gli interpreti sono: Michela Maridati (Lisa) e Alessandro Giova (Gilles). La regia è di Vittoria Citerni di Siena. Aiuto regista: Saul Espinoza Lopez.
‘Piccoli crimini coniugali’, rappresentata qualche anno fa per la prima volta in Italia, è una commedia di successo del genere noir concepita dall’estro di uno dei più amati scrittori e autori teatrali d’oltralpe.
La scena inziale, greve, è già densa di inquietudine e fosca di presagi scanditi da una melodia triste più di ogni tragico silenzio. L’ambientazione è un interno borghese, un salotto che racchiude un divano, un paio di poltrone, alcune bottiglie e dei libri riposti in un piccolo scaffale. Una donna fuma nervosamente, pensierosa, i suoi gesti sono misurati e stanchi, inerti e abituali, mesti rituali di una infelicità senza scampo. È il prologo di una vicenda comune a molte coppie attanagliate da una routine che soffoca il sentimento, nutrita di abitudini consolidate, l’anticamera di separazioni a volte feroci, sempre dolorose, messe in atto da persone che hanno trascorso insieme una parte comunque significativa della propria esistenza per poi divenire estranei. Lisa è una donna fedele, preoccupata del tempo che passa, innamorata del suo uomo e dell’amore nelle forme più recondite, una tigre che si avvinghia alla preda, la sua dedizione non ammette deroghe, è sospettosa, il suo possesso non consente intrusioni. Gilles sembra impenetrabile e ombroso, calcolatore per diffidenza intrinseca, formula teorie a ripetizione. Viene descritto come uno stratega contorto che imbastisce una vita parallela e confeziona modi di dire usa e getta, spesso per dissimulare il proprio disimpegno domestico. Così sostiene Lisa, dopo averlo ammesso nuovamente in casa a seguito dell’enigmatico incidente che ne avrebbe conservato le facoltà intellettive e le convinzioni personali, obnubilandone la memoria. In realtà è solo un uomo onesto, trasparente, coerente con le proprie idee, ricco di pulsioni ma indolente, colpevole di non avere percepito il dramma della solitudine di Lisa. Lei appare dolce, suadente, comprensiva. È donna intrigante, asperge di mistero una femminilità repressa e grondante carnalità. È disposta a rinunciare ad una stabilità dolente concedendosi ad un destino incerto, più dignitoso e meno lacerante, e perdere il proprio uomo. Una follia omicida che si disvela a poco a poco, un sacrificio allucinato ma necessario per risanare un equilibrio psicofisico da troppo tempo logorato e per lasciarsi alle spalle un ménage senza prospettive, un cortocircuito senza ripristino. Apparentemente fragile e confusa, determinata invece nel suo proposito, non potrà prevedere che quel gesto inconsulto scatenerà una controffensiva incrociata, spietata, un conflitto di nervi lancinante, favorendo la svolta e la soluzione meno verosimile. Alterchi, rimbalzi di accuse e responsabilità, colpi bassi fanno da controcanto al dramma di una coppia insieme da quindici anni e da tempo in crisi irreversibile. Gli sviluppi sono incalzanti e nulla è come appare ma tutto è in divenire. Gilles è un giovane brillante, scrittore di gialli dalle alterne fortune, fautore della coppia come associazione a delinquere, una tomba dell’amore che sotterra i protagonisti l’un contro l’altro armati, predatori senza scrupoli. ‘Col matrimonio i due assassini firmano una tregua, ma solo per dirigere la loro violenza contro la società, brandendo i frutti delle loro risse: i figli. Invecchiati, mentre i figli si danno da fare per mettere su altre associazioni di assassini, loro, i vecchi predatori, finiranno per prendersela con se stessi. Chi vincerà? Chi andrà all’altro mondo per ultimo. Una coppia giovane è una coppia che cerca di sbarazzarsi di altre coppie, una coppia vecchia è quella in cui ognuno cerca di sbarazzarsi del proprio compagno’. Tutto questo in una eterna, ciclica faida plurifamiliare fatta di compromessi, sotterfugi, interessi più o meno conclamati, a cui vengono addestrati anche i figli, inconsapevoli vittime sacrificali di future contese. Il nostro Gilles, a detta di Lisa, è un pessimista nel pensiero e ottimista nell’azione, razionale e contradditorio. Al punto da essere sorvegliato speciale, spiato nell’anima. La scoperta di Lisa è autografata da Gilles in uno dei suoi romanzi, ‘Piccoli crimini coniugali’, che ne avvalora le teorie. Quel delirante postulato scuote dalla residua illusione la giovane donna, sgomenta, che, dopo lo sconcerto iniziale della prova cercata , muta la rabbia in un odio insano senza per questo perdere l’amore. L’alcool diverrà il suo bene rifugio. Il dado è ormai tratto e gli esiti veicolati diventeranno torbidi ma inevitabili. Le versioni dell’incidente si succedono e smentiscono l’ordito, i fatti si dipanano fino a smascherare con tutto l’orrore le menzogne più crude. Il primo assunto è già agghiacciante ma taroccato da Lisa per coprire la colpa. Mentre prepara la fuga, sostiene subdola, l’inopinato rientro di Gilles interrompe l’incantesimo e fa saltare il piano. La violenta reazione di lui che sta per strangolarla, la induce a tramortirlo. Si innesca una messa in scena paradossale e avvincente, dolorosa e rigenerante. Lisa è in affanno; è ancora convinta che Gilles nell’incidente abbia perso la memoria e prodiga scaltramente ogni energia per ricomporre nella mente di lui l’oscuro passato che gli avrebbe fatto accettare un presente insidioso da condividere. È ancora finzione. Come la presunta buona fede messa a dura prova da una serie di circostanze sempre più subdole che il pretesto dell’amnesia, deprimente e vile, alimenta ad arte. Lisa con pazienza estenuante generata da un odio-amore senza condizioni, vuole demolire le resistenze di Gilles, la sua ostinazione pervicace, la sua concezione manichea della vita. Tende a sua volta trappole pericolose e il racconto diventa un bluff a perdere, una partita a scacchi cerebrale che adombra intrighi e colpi proibiti, consentiti perché la posta è troppo alta per tirarsi indietro. Ma il vento sta ormai cambiando. Lisa si trasforma in domatrice, come lei stessa con appropriato sarcasmo annuncia a Gilles, e in uno slancio di ‘ambigua’ protezione proverà ad influenzarne il pensiero. La finzione prosegue in un tourbillon di coups de théatre che annichilisce per poi sgretolarsi dinnanzi alle ammissioni e all’evidenza inoppugnabile. È il dialogo, tempestoso e rivelatore di difetti impietosamente rinfacciati, che ha drammaticamente il sopravvento sui brandelli di storia. In un’atmosfera alla Bergman si consumerà la resa dei conti. Un thriller psicologico, un sottile, perverso gioco al massacro che scoperchia un vaso di Pandora devastante e liberatorio, riconsegnando infine i protagonisti al loro naturale destino. Sarà il sacrificio necessario per ridare senso a due vite smarrite sfilacciate dai silenzi e, sulle ceneri di un rapporto malato, ricostruirne il nucleo. Domande e risposte sapientemente ponderate rinviano all’ultima cruda verità e riempiono di significati un’attesa contrapposta condivisa, così intrigante e carica di attrazione fatale mai venuta meno. Schermaglie di una tenzone mai condotta in punto di fioretto, uno stillicidio a cui nessuno dei contendenti sottrae energie esibendo il proprio orgoglio ferito. I ruoli si invertono. Riemergono finalmente ammissioni e debolezze taciute ma anche il sapore di fragranze e sensazioni stimolanti. Svanito il rancore, dismesse le stilettate, l’ascolto prevale e la conversazione si rasserena, si stemperano ossessioni, si insinua la fiducia, si ritrovano tenerezza e complicità. Lisa aprirà infine gli occhi sulle personali debolezze e sui problemi irrisolti. La confessione avrà il valore catartico della contrizione e il premio sarà il perdono di Gilles e la riconciliazione. In un confronto serrato si manifestano e si riconoscono dopo essere diventati col passare del tempo estranei. Assaporano entrambi le rispettive nature inesplorate, mai interamente percorse prima, rinsaldate dalla serena consapevolezza di un amore maturo eppure così gioiosamente acerbo, avidamente rinnovato, in trepidante, reciproca attesa di essere ancora una volta colto. Il destino li unirà, adesso sì, per sempre, dopo una prova titanica, perché l’Amore è adesso, non accetta ormai ripensamenti e non sarà più in balia degli di stati d’animo e delle intemperanze della vita.
Superba interpretazione di Michela Maridati nel ruolo complesso di Lisa. Incanta il pubblico con una dimostrazione inebriante di rara intensità. È una Lisa penetrante, incantevole, struggente, appassionata, tenera, cinica e caparbia. Personalità e presenza scenica fuori dal comune nonostante la giovane età. Una autentica rivelazione. Alessandro Giova è Gilles, disinvolto e convincente in ogni situazione, puntuale e attento, modula con efficacia gli stati d’animo tormentati di un personaggio controverso, alla ricerca di un’identità smarrita, in preda al rimorso e disposto infine alla concessione più sofferta. Una performance di valore assoluto. Vittoria Citerni di Siena è la brillante regista di soli ventitré anni, un talento precoce che, dopo ‘Harry, Sally ed io’ conferma le qualità firmando ancora una volta la regia di un lavoro teatrale che racconta i problemi di coppia e lo fa con leggerezza ed eleganza. Mostra un’intuizione straordinaria nel descrivere le tensioni e le dinamiche della crisi di coppia con raro equilibrio e rispetto delle parti in gioco, non cedendo alla tentazione di facili sovrapposizioni. Infonde un ritmo avvincente e incalzante alla narrazione, senza stravolgerne lo spirito. Ha il merito di mantenere costante, nei dialoghi, il livello di attenzione e di infondere nell’accompagnamento sonoro il pathos adeguato e la naturale evoluzione drammatica. La scenografia di Samantha Giova è essenziale ed appropriata. Margherita Di Domenica ha curato egregiamente i costumi, sobri e misurati, come è ormai consuetudine.