Il “Lear” di Roberto Bacci è lo spettacolo d’apertura della rassegna denominata “La bella stagione del Teatro della Toscana”, che si presenta come una riflessione su un teatro diverso, fortemente legato al coinvolgimento di cittadini/spettatori. Questa “bella stagione” 2016, sarà dedicata alla drammaturgia firmata Shakespeare, nel 400° anniversario della sua scomparsa. Partendo da “Lear” , il viaggio estivo del Teatro della Toscana proseguirà (fra il Teatro della Pergola, il Castello dell’Acciaiolo, il Teatro Studio Mila Pieralli ed il Museo Nazionale del Bargello) con “Amleto”, “Romeo e Giulietta”, “Otello”: letture, recital e percorsi di ricerca ed emozionali studiati con il Centro di Avviamento dell’Espressione.
Non “Re Lear”, bensì “Lear”, semplicemente. L’innovazione, nel teatro di Bacci, è già nel titolo, il quale suggerisce una visione diversa di questa imponente figura drammaturgica. Il mitico Re di Britannia non è un uomo o una donna, ma solamente un essere umano, che (nell’interpretazione resa da Silvia Pasello), trasmette senza alcun tipo di forzature sia elementi del maschile che del femminile. Quella che è presentata è l’anima, ed essa non ha genere, è unica: reca in sè non tanto la storia di questo re, ma il viaggio che è costretto a compiere dentro il suo io, dentro un mondo che l’anima stessa – malata – (il suo subconscio) ha creato, attraverso il dolore, la delusione, l’ambizione, le ingiustizie, le guerre, i tradimenti. È la vita stessa che si rivela a noi; e, come nella vita, dolore e gioia, tenerezza e crudeltà, amore ed odio, tragico e comico, si fondono in emozioni e scoperte, così Shakespeare ci parla di quella misteriosa e povera cosa che è l’uomo, questo essere orgoglioso che si crede saggio, ma che spesso ha bisogno di essere devastato dal dolore ed illuminato dalla follia per finalmente comprendere la vita.
La tempesta che sconvolge la natura, al tempo stesso sconvolge la mente di Lear, che lascia entrare la follia ed uscire la ragione, come succede ad ogni uomo che si lascia tentare dai pericolosi nemici dell’inconscio e rimane nudo ed indifeso: non a caso quest’opera rappresenta una gigantesca metafora della condizione umana, dove l’uomo, mostro d’ingratitudine, rivela alcune delle parti peggiori di se stesso. La realtà è che non si vuole ammettere la verità, che pur non nascondendo inganno, è dura, durissima, da accettare, e l’uomo, da creatura fragile quale è, si lascia irretire da suadenti adulazioni e dalle pericolose ed ambiziose esistenze altrui.
Lo spettacolo, progettato da Marcio Medina, si muove su 7 piani di scena diversi, rappresentati da 7 sipari che con il loro continuo movimento creano le scenografie e rendono vivo il palcoscenico, dove gli attori si muovono costantemente, dividendosi su due piani recitativi, quello dei personaggi della storia e quello di maschere: quando non recitano la loro parte si trasformano in servi di scena, testimoni attivi di tutto ciò che accade, ombre dei loro personaggi, spettatori autorizzati a stare sul palco per vivere da vicino quello che accade, come un collegamento emotivo con la platea.
“Lear”, nell’ottobre di quest’anno 2016, sarà alle Olimpiadi del Teatro di Wroclaw, nell’ambito di Wroclaw Capitale Europea della Cultura 2016.