La 59esima edizione del Festival dei 2Mondi di Spoleto apre con un gioiello senza tempo, Le nozze di Figaro di Mozart con la regia di Giorgio Ferrara e la direzione di James Conlon: seconda opera della trilogia Mozart-Da Ponte, anche Le nozze in scena al Teatro Nuovo Menotti diventano parte di una trilogia cominciata lo scorso con Così fan tutte che si concluderà nel 2017 con il Don Giovanni sempre con la regia di Giorgio Ferrara (anche direttore artistico del Festival), la bacchetta affidata all’inglese Conlon alla guida della dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini (fondata da Riccardo Muti per intenderci) e le scene della pluripremiata coppia Ferretti-Lo Schiavo.
Cominciamo dal cast: tutti bravi, bravissimi, da Lucia Cesaroni, una freschissima e luminosa Susanna, al Conte di Almaviva, un autorevole Alessandro Luongo (già ammirato nello stesso ruolo delle Nozze all’Opera di Roma nel maggio 2015), da Daniel Giulianini, un Figaro di ottimo spessore a Emily D’Angelo, Cherubino aggraziato e di buon timbro bella voce, ma dalla presenza ben poco efebica. Non ha sempre brillato vocalmente come gli altri la Contessa d’Almaviva della spagnola Davinia Rodriguez, fisicamente aristocratica e molto elegante per il ruolo, ma a tratti un po’ incerta. Incastonati all’interno di un palco non enorme, gli interpreti vengono guidati da una regia tutto sommato alquanto tradizionale che senza prendersi troppe libertà o variazioni lascia loro una certa autonomia e segue le dinamiche scatenate del libretto finendo per disporre spesso e volentieri i cantanti sul proscenio, intenti a rivolgersi al pubblico. Se il cast è ottimo e la correttezza della regia viene in qualche modo esaltata dalla brillantezza dell’inarrivabile libretto, il nuovo allestimento di Spoleto, realizzato dalla Fondazione Teatro Coccia in collaborazione con Spoleto59 Festival dei 2Mondi e il Cartagena Festival Internacional de Musica (approderà anche in Colombia), appare particolarmente tetro e un po’ oscuro nella sua totalità: le scene di Ferretti-Lo Schiavo tendono a restringere lo spazio del palco attraverso i finti sipari di quattro colori diversi (dal verde al rosso al blu) che si legano a ciascun atto. All’interno, pochi essenziali mobili a richiamare il Settecento, funzionali all’azione scenica (le poltrone, il letto etc.) e le pareti damascate e impreziosite fino al giardino del quarto atto.
Le scene e le luci (di Weissbard) giovano invece a rendere sempre più scuro l’allestimento via via che le dinamiche drammaturgiche acquistano una propria evoluzione (dai colori più ariosi alla notte del giardino): a caratterizzare l’allestimento sono poi le macchie inedite di colore dei costumi di Maurizio Galanti che ha rivisitato la foggia settecentesca all’insegna del plissè. Nel primo atto sono tutti vestiti in bianco (o comunque in colori chiari), nel secondo atto spicca il giallo della Contessa, nel terzo atto i Conti diventano fiammeggianti personaggi vestiti in rosso fuoco, nel quarto atto spazio alla mescolanza cromatica. In generale il trucco appare molto esagerato, i volti poco reali ed estremamente carichi di cerone quasi a trasfigurare i personaggi settecenteschi in marionette irreali travolti dalla storia e dai loro interessi.
L’unico avulso dai meccanismi drammaturgici pare proprio Cherubino, un marziano vestito di verde, rosa o blu, che sembra non appartenere nemmeno lontanamente ai giochi drammaturgici della commedia.
I tempi brillanti, ma non esagitati della partitura impressi da Conlon e ottimamente sostenuti dalla verve della giovanissima i Cherubini, tendono a stemperare la velocità dell’opera (ricca di recitativi) che non perde mai di ritmo in oltre 3 ore di musica regalando una nuova versione a uno dei capolavori di Mozart. Applausi, applausi e ancora applausi dell’eterogeneo pubblico accorso per la prima settimana del Festival dei 2 Mondi.