di Jean Genet
Traduzione di Giorgio Pinotti
Personaggi e interpreti:
Jean Genet Andrea Giordana
Abdallah Giuseppe Zeno
Canti dal vivo Melania Giglio
Danzatori Yari Molinari, Giovanni Scura
Musiche originali Marco Podda
Coreografie Ricky Bonavita
Scene Fabiana Di Marco
Costumi Daniele Gelsi
Luci Beppe Filipponio
Regia Daniele Salvo
Aiuto regia Raffaele La Tagliata – assistente scenografo Giovanna Stinga–
Capo Macchinista Marco Giuia – Sarta Valentina Martinelli
Organizzazione Teresa Rizzo
Marioletta Bideri per Bis Tremila
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Verso la fine del 1956 Jean Genet conobbe un giovane artista del circo, Abdallah Bentaga, figlio di un acrobata algerino e di una tedesca.
Lo scrittore francese si legò a lui in un rapporto che lo indusse a peregrinare per l’Europa. Nel corso dei loro spostamenti Genet cercò di convincere Abdallah, che lavorava come giocoliere e acrobata al suolo, a salire sul filo da funambolo. Lo plagiò sino a indurlo a sottoporsi a un estenuante allenamento. Su un foglio di carta disegnò anche un numero segnandone i passi. Il giovane algerino cadde dal filo una prima volta nel 1959, ma vi risalì. Si unì alla compagnia del Circo Orfei per una tournée in Kuwait. Ma ricadde una seconda volta e fu la fine della sua carriera. Genet era convinto di aver realizzato con Abdallah, suo doppio narcisistico, una sorta di capolavoro che l’imperizia e la debolezza del ragazzo mandò in malora, come scrisse a un amico. Nel febbraio del 1964 Abdallah inghiottì un barbiturico e si tagliò le vene. Sette anni prima Genet aveva scritto per lui e su di lui un piccolo poema in prosa, Il funambolo. E’ uno dei testi più belli dello scrittore, uno dei suoi più sfavillanti, dove mette allo scoperto la sua estetica ma anche la sua erotica. Si tratta di un grande inno alla Morte, compagna ma anche madre del funambolo: «La Morte – la Morte di cui ti parlo – non è quella che seguirà la tua caduta, ma quella che precede la tua apparizione sul filo. E’ prima di scalarlo che muori. Colui che danzerà sarà morto – deciso a tutte le bellezze, capace di tutte». Il funambolo gioca sul filo dell’orizzonte, gioca la sua e la nostra vita per misurarsi con se stesso e con i limiti di tutti noi.
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