Concerto in collaborazione con antiruggine e Amici della Musica di Mestre
Omaggio a Franco Rossi
Anna Campagnaro, Francesco Ferrarini, Jacopo Francini, Sara Nanni, Akira Ohsawa, Alfredo Persichilli, Luca Provenzani, Luigi Puxeddu, Aya Shimura, Luca Simoncini, Michele Tazzari, Violoncelli
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Se è vero che i conservatori, come ha dichiarato in una vecchia intervista Mario Brunello, soffrono una crisi di anzianità, altrettanto non è lecito dire del repertorio portato in scena dal maestro. L’occasione è degna di nota: un omaggio a Franco Rossi, il famoso violoncellista venuto a mancare nel novembre di dieci anni fa. Sul palco, dodici violoncellisti, cui è toccata la fortuna di vivere e suonare proprio con Franco Rossi, che stasera era assente solo in parte, come ha voluto precisare lo stesso Brunello: “[…]vogliono ringraziare così il loro maestro, suonando insieme”. Un logico e naturale continuum musicale, che comincia dalle note quadrate di Bach, come a spezzare un silenzio quasi colmo d’imbarazzo e soggezione, fino a quelle di Gustavo Tavares, armoniose e melodiche, passando per il crescendo – in cui ansia e claustrofobia impazzano – delle musiche del maestro Jorge Andrés Bosso. Sul palco, Brunello è umile, sereno, concentrato. Discreto, quando suona senza esibirsi, nascondendosi dietro le tende del palcoscenico, prima di mostrarsi al suo pubblico per un applauso improvviso e quasi meravigliato, che svela quanto grande sia il successo che Brunello è in grado di riscuotere. Assai apprezzato i brani di Giovanni Sollima, capace di passare agilmente da un andamento ritmico a uno più melodico e armonioso.
Il secondo tempo, più breve ma più intenso del primo, si è aperto con la cavatina di Beethoven, un classico senza tempo, capace di lasciar cogliere allo spettatore la caratura tecnica dei violoncellisti, senza abbandonare, al contempo, quell’atmosfera romantica che tanto piacque ai contemporanei del compositore tedesco. Infine, ecco Heitor Villa-Lobos, con Bachianas Brasileira n.1, musiche popolari scritte in onore del maestro Bach.
L’esibizione lascia il sentore della straordinaria sensibilità dei musicisti in scena, sempre discreti, ordinati nell’entrare ed uscire dal palcoscenico, quasi come a creare un contrasto – ferreo e deciso– con i rumori e l’arroganza del mondo. Resta, quindi, la volontà di lasciarsi travolgere, in maniera consapevole, lucida, dalla tempesta di sensazioni che Brunello ed i suoi musicisti sono in grado di scatenare.
Un ultimo, prezioso gioiello da portare al collo, come un vanto, sta nel bis concesso da Brunello e i suoi, quando la speranza di ascoltare ancora un’ultima nota stava ormai svanendo. Brunello punta su Bach, ancora una volta, come a mostrare un lungo filo rosso, una predilezione che non si può nascondere.
I conservatori, allora, saranno vecchi. Brunello, grazie al cielo, no.