Scritto da Stefano Massini (quarantenne regista e drammaturgo) nel 2009, Enigma è un testo affascinante e coinvolgente (anche alla sola lettura) – perfettamente sintetizzato dal sottotitolo Niente significa mai una cosa sola – il cui valore trascende le situazioni ipotizzate per investire il modo di essere e di pensare di tutti ponendo domande eterne e universali, ma sempre attuali.
L’azione si svolge a Berlino, circa vent’anni dopo quel 9 novembre 1989 quando la pressione delle masse popolari e le mutate condizioni internazionali e del blocco sovietico cui la DDR (Repubblica Democratica Tedesca) aderiva costrinsero il governo di Egon Krenz a revocare il divieto per i suoi cittadini di attraversare liberamente il muro che dal 13 agosto 1961 divideva in due la città, simbolo della Germania e della sua storia.
In una serata piovosa e nebbiosa, un uomo e una donna s’incontrano in modo apparentemente casuale: l’uomo che si presenta come il professore in pensione Jakob Hilder (un ottimo, misurato e dolente Silvano Piccardi che cura anche la regia della pièce) investe con l’auto Ingrid Winz (cui Ottavia Piccolo fornisce un’esemplare interpretazione ricca di sfaccettature) danneggiandole la bicicletta. Un incidente banale che costringe la coscienza di Hilder ad aprire le porte dalla sua vicina abitazione per fornire i primi soccorsi alla donna (soprattutto psicologici poiché non vi sono danni fisici).
In quella stanza che risponde perfettamente all’aspetto dimesso del suo solitario abitante che preferisce cercare di risolvere enigmi piuttosto che affrontare esseri umani, inizia una conversazione apparentemente banale, ma che ben presto appare come un incontro di fioretto in cui ognuno dei due ‘contendenti’ cerca di violare la corazza difensiva dell’altro.
Corazza fondata su una versione immaginaria (ma quanto a oltre vent’anni dagli eventi?) che ognuno dei due fornisce della propria identità e personalità.
Lo spettatore percepisce che la semplicità, anzi l’ovvietà di certi dialoghi nasconde una realtà diversa e più complessa specialmente nella dimensione psicologica: drammaturgo e regista disseminano molti indizi da decodificare e interpretare per arrivare alla verità.
Il filo conduttore sul piano storico è il clima di oppressione e terrore creato da ogni dittatura (nel caso specifico dalla DDR) per condizionare la vita dei propri sudditi, stroncare preventivamente ogni dissenso e difendere il proprio potere, mentre su quello psicologico – il vero obiettivo del lavoro di Massini – è lo spaesamento che si prova quando viene a cadere il mondo in cui si è vissuti per anni e crollano quei punti di riferimento che, condivisi o meno, comunque fornivano sicurezze.
Enigma, quindi, non è un lavoro storico sulla fine della DDR e sui primi vent’anni della Germania riunificata: i due protagonisti Ingrid e Jacob (entrambi, anche se in modo diverso, vittime) sono sopravvissuti a un’epoca in cui la libertà individuale di agire e di pensare non era ammessa (esisteva un controllore della Stasi – la potente polizia segreta che monitorava i comportamenti dei cittadini – ogni sei persone), ma hanno perso le proprie radici. Si trovano a vivere in un mondo in certa misura a loro estraneo (il loro, infatti, è un continuo riferirsi al passato) e divengono simbolo di tutti quelli che nati e vissuti soprattutto nel Novecento sono spaesati in un’epoca in cui insieme alle ideologie in cui sono cresciuti sono spariti i valori di riferimento, troppo spesso sostituiti dai falsi Dei del denaro e del successo a tutti i costi.
Massini parte dalla storia per parlare di noi e del nostro tempo e lo fa in modo comprensibile a tutti, ma non didascalico, costruendo un thriller psicologico, degno di Hitchcock, che avvince lo spettatore e gli lascia molti spunti di riflessione e molti quesiti cui cercare di rispondere.
La pièce si avvale dell’ottima regia dal ritmo serrato di Silvano Piccardi e di due attori (la Piccolo e lo stesso Piccardi) che illuminano perfettamente speranze tradite, delusioni e travagli di Ingrid e Jakob, due esseri umani che galleggiano in un vuoto culturale e di prospettive cercando non di costruire un futuro, ma di ricostruire il passato.