Quella di Orlando è una storia senza padri e senza tempo, una storia che è entrata nel nostro patrimonio epico attraverso le audaci penne di Boiardo, che per primo fuse il ciclo bretone e quello carolingio, facendo innamorare Orlando, e di Ariosto, che lo rese furioso. Una storia che tutti conosciamo, ma che non viene messa in scena spesso, forse per timore che incute l’autorità di due scrittori. Ma è anche una storia viva, popolare, da raccontare, pronta a subire variazioni sul tema, e non a caso Orlando è il protagonista prediletto dal teatro dei pupi siciliani. Il testo di Michelangelo Zorzit, con la regia di Riccardo Giannini, mette sul palco scenico una pupara (Michaela D’Astuto) con tutte le sue marionette, creando un doppio fondo nella scatola del teatro e giocando con la natura e la personalità dei personaggi. Eroi, paladini e re non sono altro che burattini, finché restano legati ai fili di un destino già scritto, dell’aspirazione alla gloria, al successo in guerra contro un nemico incivile e miscredente. Come marionette dialogano, si inseguono e sbeffeggiano tra sé in modo goffo e meccanico, mantenendo del valore epico soltanto un flebile ricordo. Ma più che nelle altre situazioni, si rendono ridicoli quando si innamorano dei loro nemici. Il prode Orlando (Leonardo Paoli) si lascia infatuare dalla bella Angelica (Giannina Raspini) e la fiera Bradamante (Anna Serena) cade vittima del fascino esotico di Ruggero (Alessandro Riccio), il più pericoloso dei guerrieri musulmani. Non meno appassionato il sentimento del re Carlo Magno (Alessandro Scaretti) e di Gano di Maganza (Davide Arena) per la sovranità, la brama di potere priva di scrupoli che da sempre costituisce una miniera d’oro per i commediografi; senza scadere nel banale, i due personaggi si scambiano le battute più spassose, aiutati dalla caratterizzazione operata dagli attori, che è tra le più riuscite.
Sarà l’amore, quello vero, a tagliare i fili delle marionette, vincendo la paura del diverso e trasformando lo scontro bellico in un incontro tra culture che ribalta le sorti dei protagonisti, che scopriranno che la salvezza della patria è nella fiducia verso l’altro.
A guidare i personaggi in questa epopea musicale ci sono i Bizantina (Susanna Crociani al sax, Marcello Melighetti alla chitarra classica, Michelangelo Zorzit al basso, Emiliano Benassai alla fisarmonica, Michele Lovito alle percussioni e Boris Cammilli alla batteria), che tengono il tempo di una taranta amorosa, come musici che accompagnano un cantastorie di corte. Alcuni dei brani eseguiti dal vivo sono stati scritti appositamente per lo spettacolo, mentre altri erano già nel repertorio dei Bizantina; è proprio uno di questi, Storia d’arme e d’amori, con cui si apre l’Orlando tarantato, che ha ispirato l’autore del testo. Una coppia di ballerini, sulle coreografie di Luigi Ceragioli, lega e intreccia i movimenti e i pensieri degli attori, senza mai invadere il loro spazio sulla scena.
L’Orlando tarantato è un modo nuovo e accattivante di mostrare la grandezza di una storia senza padri e senza tempo, che balza di menestrello in menestrello, di corte in corte per arrivare a un presente tormentato dalle stesse paure di sempre. È l’epica che scende in piazza e invita a ballare, è il racconto d’arme e d’amori che sbarca in un sud Italia affollato e, a colpi di pizzica, insegna la ricchezza della diversità culturale.
Grazie a Michelangelo Zorzit per il suo tempo.