Sabato 8 ottobre il M° Riccardo Chailly dirige la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi con l’Orchestra della Scala e il Coro diretto da Bruno Casoni, solisti Krassimira Stoyanova, Daniela Barcellona, Francesco Meli e Dmitrij Belosselskij. L’appuntamento scaligero segue di pochi giorni le trionfali esecuzioni al Teatro Bol’šoj di Mosca lo scorso 11 e 13 settembre, salutate da quasi 10 minuti di applausi, e prosegue la consuetudine di proporre ogni anno a inizio stagione il Requiem verdiano, alla Scala o nelle chiese della città, come momento di riflessione sull’identità culturale e musicale dei complessi scaligeri. Una consuetudine inaugurata nel 2014 da Riccardo Chailly con due esecuzioni in memoria di Claudio Abbado e proseguita nel 2015 da Zubin Mehta in San Marco.
Per il M° Chailly il Requiem verdiano è la prosecuzione di un legame anche personale con il pubblico milanese, che si rinnova ogni anno. Il 12 gennaio 2017 Riccardo Chailly tornerà proprio con la Messa da Requiem sul podio dei Berliner Philharmoniker alla Philharmonie di Berlino. I solisti saranno Maria José Siri, Daniela Barcellona, Roberto Aronica e Riccardo Zanellato.
Il Requiem alla Scala seguirà di pochi giorni il termine di una grande tournée europea con la Filarmonica della Scala che tocca il 24 settembre Essen, il 25 Dortmund, il 26 Lussemburgo, il 28 Amburgo e il 30 Baden Baden, con Daniil Trifonov al pianoforte, mentre il 1° ottobre l’Orchestra torna dopo otto anni al Musikverein di Vienna. Infine il 2 ottobre la Filarmonica debutta alla Philharmonie di Parigi con Martha Argerich al pianoforte.
Krassimira Stoyanova, che ha incantato il pubblico nei panni della Marescialla in Der Rosenkavalier diretto da Zubin Mehta, ha riscosso un caloroso successo alla Scala anche nel repertorio verdiano come Amelia nel Simon Boccanegra diretto da Myung-Whun Chung accanto a Plácido Domingo e tornerà a gennaio come Elisabetta nel Don Carlo, ancora con Chung. – Daniela Barcellona, amatissima dal pubblico scaligero, è stata recentemente Didone ne Les Troyens con Antonio Pappano e Quickly in Falstaff con Daniel Harding, oltre a cantare nel Requiem alla Scala con Daniel Barenboim nel 2013 e nei giorni scorsi a Mosca con Riccardo Chailly. – Francesco Meli è oggi un tenore verdiano di riferimento per il Teatro alla Scala: dopo i successi della scorsa stagione in Giovanna d’Arco e I due Foscari, ha recentemente commosso con Requiem la platea del Bol’šoj. Anche lui tornerà a gennaio in Don Carlo, nel ruolo del titolo. Dmitrij Belosselskij, tra i più dotati bassi della nuova generazione, alla Scala è stato Fiesco in Simon Boccanegra e ha ottenuto un grande successo personale nelle due serate di Requiem a Mosca.
Il Maestro Chailly presenterà la Messa da Requiem nel corso di una conversazione pubblica con Monsignor Gianantonio Borgonovo presso la Sala delle Colonne dell’Arcivescovado il giorno 5 ottobre alle ore 18.30.
Riportiamo di seguito un estratto dalla presentazione del Requiem alla Scala redatta da Franco Pulcini per La Scala Magazine:
Da quando Verdi la diresse alla Scala, lunedì 25 maggio 1874, la Messa da Requiem è gradualmente diventata un simbolo dell’arte sacra italiana, intrisa di drammatico umanesimo, una specie di Giudizio Universale in musica ambientato nel Teatro milanese. La conquista è stata tuttavia graduale: all’inizio, limitandoci alla Scala, le esecuzioni erano rare e programmate per particolari occasioni. Nel 1879, ad esempio, Verdi lo diresse per raccogliere fondi a favore delle popolazioni colpite dalle inondazioni. Nel 1883, concertato da Franco Faccio, si commemorava il decennale della scomparsa di Alessandro Manzoni. Toscanini lo diresse nel 1902, a quanto pare, per la prima volta senza ricorrenze. Nel 1913 lo ridiresse per la “solenne commemorazione” del centenario della nascita dell’autore. E a distanza di un decennio, nel 1923, ancora un’occasione, con Toscanini sul podio: il cinquantenario della morte di Manzoni. Come si vede, in mezzo secolo le esecuzioni in Scala si contavano ancora sulle dita di una mano.
Poi arrivò De Sabata, il profeta del Requiem. Lo diresse nel 1936, nel 1937 e nel 1938. In tre anni, quanto Toscanini in venti. Nel 1944 ci fu sul podio Vittorio Gui e nel ’45 Tullio Serafin, per la commemorazione di Roosevelt e dei caduti per la libertà. Nel ‘48 torna De Sabata per un concerto di nuovo dedicato alle Cinque giornate e a tutti i caduti per la libertà. Il Requiem è ormai diventato un pezzo di repertorio della Scala. L’ha capito Toscanini che lo dirige ancora nel 1950, anno in cui De Sabata lo porta a Edimburgo, in quello che allora chiamavano “giro artistico”. L’anno dopo, 1951, c’è il cinquantenario della morte di Verdi e De Sabata lo ripropone in Scala e lo porta a Venezia per il Festival di Musica Contemporanea. Ma nel 1953, dopo la registrazione di Tosca – con Callas, Di Stefano, Gobbi e l’Orchestra della Scala (che alcuni considerano la più grande incisione operistica in assoluto di ogni tempo) – De Sabata smette di dirigere a causa di un infarto. Sul podio per il Requiem sale Antonino Votto (1953 e 1958 per l’esposizione universale di Bruxelles), ma De Sabata nel 1954 si fa forza e lo incide in studio.
Negli anni Sessanta il Requiem passa a Herbert von Karajan: due volte nel 1963, nel ‘64 a Mosca, nel ’67, registrato in video a colori, e all’Expo di Montreal. È importante che la Scala abbia voluto un grande direttore non-italiano, chiamato a sposare la propria arte alla tradizione italiana che era tutta lì, nei respiri dell’orchestra e del coro. Forse sono ancora gli stessi che trasmise Verdi a suo tempo, passati da una generazione all’altra di musicisti.
Claudio Abbado ha diretto il Requiem in almeno otto stagioni, portandolo nel mondo: Muti per undici, facendo lo stesso. Barenboim lo ha concertato i cinque anni consecutivi, anche all’estero. Da decenni i direttori stabili o musicali perpetrano la tradizione esecutiva della Scala. Lo farà anche Riccardo Chailly, che lo ha diretto nell’ottobre del 2014 e lo propone al Teatro Bol’šoj di Mosca l’11 e il 14 settembre 2016. L’Orchestra e il Coro per i quali la Messa da Requiem è nata ne stanno conservando il suono, gli accenti, la forza.