È in occasione del 400esimo anniversario della morte di Shakespeare che Luca De Fusco riporta in scena il Macbeth, la più cupa della tragedie del Bardo, spietata parabola sull’ambizione e sull’origine del male.
Dopo aver inaugurato la stagione del Mercadante di Napoli, lo spettacolo approda al Teatro Quirino di Roma (in scena fino al 4 dicembre) ponendosi in continuità con le precedenti regia di De Fusco, dall’Orestea all’Antonio e Cleopatra.
L’incipit dello spettacolo con le tre streghe, tre ballerine della compagnia Körper discinte e nude con i volti da uomo che si muovono sulle coreografie di Noa Wertheim, e che parlano tutte con la stessa voce, catapultano la platea nella dimensione onirica della tragedia salvo poi tornare subito nella dimensione naturalistica.
Le scene di Marta Crisolini Malatesta sono minimali con il palazzo di Macbeth strutturato come una sorta di cubo, il trono, il letto, il tavolo di linea essenziale, ma De Fusco, arricchisce e moltiplica la messinscena attraverso le installazioni video di Alessandro Papa (come civette e barbagianni, pugnali volanti, duelli in slow motion) ed esattamente come in Antonio e Cleopatra ricorre all’escamotage della doppia regia non solo teatrale, ma anche filmica attraverso uno specchio dove vengono proiettati i volti degli attori esaltandone ogni dettaglio.
Ma il doppio controllo cinematografico e teatrale, tratto distintivo di De Fusco nella contaminazione fra arti, nel tentativo di rafforzare il punto di vista psichico del dramma, finisce per apparire a tratti appare fin un troppo ridondante e appesantire lo spettacolo.
Come l’anima di Macbeth e di Lady Macbeth, i colori sono tetri, grigi, cupi nelle luci di Gigi Saccomandi così come i costumi di Zaira de Vincentiis di foggia medievale con tocchi degli anni quaranta e uno sguardo al futuro con brillantini preziosi, quasi ossessiva la musica di Ran Bagno con poche variazioni a sottolineare quasi l’andamento psichico della tragedia.
Poco emozionante la recitazione: la coppia Luca Lazzareschi (Macbeth) e Gaia Aprea (Lady Macbeth), impeccabile, appare fin troppo impostata con voce altisonante lasciando poco spazio alla gamma emotiva. Ottima occasione però per vedere uno dei testi più potenti, ma poco rappresentati di Shakespeare. In scena fino al 4 dicembre al Teatro Quirino di Roma.