Un pianerottolo, due solitudini: quella esistenziale di un uomo incapace di metabolizzare l’abbandono e quella di un cane che guaisce dietro la porta di un appartamento, abbandonato dai padroni.
Scritto quasi trent’anni fa, il testo teatrale di Giuseppe Manfridi acquista ai nostri giorni una connotazione di scottante attualità. Aduso a scandagliare l’animo umano, inoltrandosi nei recessi più reconditi della psiche, Manfridi, con un linguaggio serrato e allucinatorio, fa affiorare le ossessioni, le passioni incoercibili, i demoni che lacerano e travolgono le proprie vite e quelle di chi si sostiene di amare, ma di un amore possessivo e distruttivo che solo nella morte può innescare una nemesi catartica.
Sandro, pianista jazz, da dieci anni vive nel ricordo di Maria macerandosi all’idea che la sua vita possa essere stata attraversata da altri amori. Un giorno si apposta sul pianerottolo dell’appartamento di lei, nel vano dietro l’ascensore, aspettando che rincasi. Al suo arrivo, sorpresa, indignazione, paura si contrappongono ai disperati tentativi di Sandro di toccarle ancora il cuore con il suo amore urlato, esibito, scritto sui muri. La donna è distante, astiosa, impermeabile a ogni allusione e profferta. Ma, forse, è fragile, un po’ masochista e succube, così, nel finale, sembra disposta a spezzare la barriera dell’incomunicabilità e offrire una possibilità per placare la disperazione dell’uomo, in un movimento circolare di contrapposizione vittima/carnefice.
Nell’ascensore si consumerà l’ultimo atto dell’ossessione di Sandro, incapace di affacciarsi sulla felicità.
Testo pluripremiato al suo esordio sulle scene con un ottimo Carlo Delle Piane e Anna Bonaiuto per la regia di Marco Sciaccaluga, in questo debutto nazionale al Teatro Lo Spazio di Roma per la regia dello stesso Manfridi, ha visto il ruolo di Sandro interpretato dal suo autore con estrema foga compulsiva, disperazione e ossessione d’amore riversate sulla disorientata e timorosa Nelly Jensen.
L’allestimento prevede altre due presenze, Marcello Micci che da una pedana laterale legge l’introduzione, i commenti e descrive i rumori di scena (l’ascensore che sale e scende, la luce che si accende e spegne, i latrati del cane), e gli intermezzi musicali di Pierfrancesco Cacace al sax che scandiscono la partitura scenica, in un contesto luminosamente bianco con sagome stilizzate che simulano le porte di appartamenti e ascensore.
A seguire la proiezione del film “Bomb! Burning Fantasy” di Matteo Scarfò dedicato a Gregory Corso con Nick Mancuso ed Elisabetta Pozzi.
Il testo teatrale è pubblicato dall’Editrice La Mongolfiera.