Nell’ambito della 49ª stagione lirica di tradizione è stato rappresentato un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con Opéra-Théâtre de Metz Métropole e Opéra de Toulon, che ha visto in scena i due melodrammi, ormai ritenuti un dittico, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, con la direzione dello spagnolo Daniel Martinez Gil de Tejada e la regia di Paul-Ėmile Fourny.
Bianchi cumuli di sale sfavillanti sotto il sole di Sicilia sono lo scenario di Cavalleria, tra i quali vaga disperata Santuzza alla ricerca di Turiddu, fedifrago e temerario. Dagli anfratti si alzano pannelli sagomati di pietre, a delineare un paesaggio di rocciose case e vicoli impervi dove, nel giorno di Pasqua di un anno di fine Ottocento, culmina la vicenda di tradimento e morte, tra cori festanti e processioni.
Nel secondo atto la stessa scenografia, ricoperta da una miriade di abiti di scena dismessi e colorati, è una discarica nella quale si aggira tra la popolazione locale la compagnia di saltimbanchi protagonisti di Pagliacci.
Diversa la genesi delle due opere, espressioni della corrente verista nell’opera lirica, dal 1894 rappresentate insieme poiché brevi, accomunate dalla stessa matrice popolare, che hanno attirato a teatro la nuova classe sociale emergente alla fine del XIX secolo con vicende locali impregnate di passione e rituale religiosità, proiettando i circoscritti ambienti paesani meridionali sui palcoscenici internazionali riscuotendo un enorme successo.
Cavalleria è la prima opera di Mascagni, scritta per partecipare nel 1888 al concorso per opere inedite di giovani compositori italiani indetto dall’editore Sonzogno, ispirata all’omonimo romanzo di Giovanni Verga, il maestro del verismo letterario. La vicenda mette in luce sentimenti assoluti e violenti di personaggi diseredati in un’ambientazione popolare localizzata, in cui il compositore introduce novità stilistiche e formali come la Siciliana in dialetto cantata da Turiddu fuori scena, lo stornello di Lola e l’urlo finale che denuncia la tragedia, oltre a sperimentazioni recitative. Il coro introduttivo di stampo romantico si tramuta in ariose masse corali campestri nel prosieguo caratterizzato da ampi tratti sinfonici che offrono spazio all’orchestra.
Molto rappresentato e trasposto anche al cinema e nei cartoni, Pagliacci si ispira a un evento accaduto in Calabria, il cui tragico epilogo è anticipato nel Prologo.
Il capocomico Canio con la moglie Nedda e i commedianti Tonio e Beppe il giorno dell’Assunta devono effettuare una rappresentazione in un paese calabro. Il deforme Tonio, respinto da Nedda, rivela al marito che la donna lo tradisce. Inizia la rappresentazione in una dimensione di metateatro, in cui la finzione espressa dagli attori/marionette si sovrappone alla realtà, mescolando sentimenti e timori che tramutano la farsa in dramma: Canio/Pagliaccio accoltella Nedda/Colombina e il suo amante, persone reali che da morte si trasformano nuovamente in manichini appesi ai fili. Poi, “la commedia è finita”.
Belle e celebri le arie del tenore “Vesti la giubba e la faccia infarina” e “Ridi Pagliaccio sul tuo amore infranto!” cui segue il celebre intermezzo.
Sulla scena di Benito Leonori illuminata dalle luci di Fabrizio Gobbi si muovono i cantanti indossando i costumi di Giovanna Fiorentini vivaci e luminosi per Pagliacci, spartani e crepuscolari per Cavalleria.
Il soprano Norma Fantini, al debutto nel ruolo di Santuzza, esprime col corpo e con la voce la dolente condizione della donna abbandonata, riscuotendo applausi a scena aperta. Alin Stoica ha la gioventù di Turiddu e qualche titubanza nella voce, Giovanna Lanza è Mamma Lucia e il mezzosoprano Cristina Alunno è Lola. Il baritono Fabian Veloz sostiene il ruolo di Alfio e replica nelle vesti di Tonio in Pagliacci dove Ilya Govzich interpreta Canio e Nedda canta con la voce bella e sicura di Maria Teresa Leva, Silvio è Modestas Sedlevičius, Beppe è Christian Collia.
L’Orchestra Sinfonica “G. Rossini”, il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” diretto da Carlo Morganti, il coro di voci bianche Pueri Cantores “Domenichino Zamberletti” diretto da Gianluca Paolucci accompagnano i cantanti, in un teatro che registra sempre il tutto esaurito a ogni replica, per un pubblico competente e affezionato da molti anni.