Cinque Agosto di Serena Di Gregorio è uno spettacolo dalla capacità aggregante, in grado di parlare a tutte le tipologie di pubblico, agli spettatori abituali del teatro come a chi di norma familiarizza poco con l’ambiente e con il linguaggio teatrale, ai giovanissimi come ai mediamente giovani o a coloro che giovani sono stati, per via di un soggetto con cui l’attrice abruzzese (qui al debutto nei panni di autrice) ha inteso approfondire il tema della memoria, importante per la sua persona prima che per i suo percorso professionale. Ma la memoria rievocata in Cinque Agosto non ha i toni seriosi del documento storico né le forme rigide del teatro di narrazione. Per contro dà spettacolo di sé attraverso la storia di una festa dal candore popolare e fiabesco, dedicata al miracolo che la tradizione locale (siamo a Montesilvano, paese d’origine dell’attrice) suole attribuire alla Madonna, per via di una leggendaria nevicata estiva che avrebbe salvato dalla siccità una comunità evidentemente ancora rurale in un passato imprecisato, perduto nella zona immemore del racconto tramandato di persona in persona come mito unificante ed identitario.
Quando il teatro è vero teatro, la brillantezza di un testo non si impone nella dimensione della lettura o della meditazione, ma si fa spettacolo tutto per gli occhi, senza con ciò perdere nulla in quanto a profondità di contenuti. La scrittura di Serena Di Gregorio guadagna i primi carati di purezza artistica proprio nel condensare i racconti da lei setacciati personalmente sul territorio (una lunga serie di interviste con gli anziani di Montesilvano, paese natìo dell’attrice), trasformandoli in oggetti visibili, sia sotto forma di elementi di scena che di emblemi verbali. Lungo i cinquanta minuti dello spettacolo, l’attrice compone quasi da ferma una gestografia continua, dove praticamente ogni parola trova la sua codificazione corporea quasi come in una danza orientale, per una performance di enorme dispendio energetico, dissimulata dietro una veste folk spumeggiante ed una fissità scenica solo apparente, ma che in realtà assomiglia ad un rigoroso numero di equilibrismo.
Già prima dell’inizio dell’azione, la scena mostra la presenza di un progetto completo, con un impianto scenografico che pone immediatamente al di fuori dei perimetri del teatro d’attore. L’effettistica recitativa prodotta da Serena Di Gregorio si fonde con quella del congegno scenografico realizzato assieme ad un artista visuale come Paride Petrei, secondo il modello di un carillon di ricordi che però non dimentica mai la sua funzionalità di scena. L’elemento più veloce nel guadagnare lo sguardo dello spettatore è una lunga fila di lucine da festa, sapientemente semplice nella linea morbida della sua disposizione, come cornice alta di una pedana quadrata rialzata, che lascia intuire l’impiego di botole per effetti scenici, ma presagisce anche lo spazio assai residuale concesso al movimento della performer. Lei entra in scena con passo deciso e le linee oblunghe della sua fisicità giocano inizialmente ad intarsiare un personaggio atemporale, una bambina di provincia o una adolescente naiv, dall’eloquio torrenziale contrappuntato da piccoli tic compulsivi e repentini switch dialettali.
Movimenti e sonorità dell’attrice vengono così ad intrecciarsi perfettamente con le “animazioni” di una scenografia illusionistica che in determinati momenti quasi vive e respira, cadenzando l’impaginazione di una storia in cui rivive una intera pagina di storia nazionale, dal dopoguerra all’industrializzazione, mentre la protagonista cresce e percorre le tappe delle diverse età.
Ma soprattutto non va dimenticato un dato di primaria evidenza: si ride moltissimo in “Cinque Agosto”, di cuore. Ed oltre a questo, c’è spazio per la sorpresa e per un coinvolgimento a più livelli. Le prove di abilità tecnica già commentate fanno da pura strumentazione posta al servizio del pubblico, quasi nascondendosi e mimetizzandosi tra buio e luce. Eppure è solo grazie ad una maestria profonda che il racconto nazional-popolare riesce a sfuggire dalle sacche automatiche della retorica. Ed è solo per via di momenti di artisticità autentica che nella seconda parte dello spettacolo l’emozione riesce a vincere le ultime resistenze anche negli spettatori più scafati.
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CREDITS:
“Cinque Agosto”
con Serena di Gregorio
Testo: Serena Di Gregorio
Regia: Serena Di Gregorio
Scenografia: Paride Petrei, Serena Di Gregorio
Produzione: Serena Di Gregorio / Florian Metateatro