Può uno spettacolo leggero alleviare le fatiche del vivere e la temperie sempre più violenta che caratterizza l’oggi oltreché rappresentare in modo più o meno palese una satira di una società superficiale e sempre meno attenta all’essere piuttosto che all’apparire?
Certamente sì, se si pensa a Georges Feydeau (1862-1921), drammaturgo, teatrante francese e maestro del genere vaudeville, che tuttavia nella sua epoca è molto apprezzato in patria, ma poco a livello internazionale e che oggi, invece, è considerato un grande per l’abilità rigorosamente matematica con cui mette in scena le sue complicate commedie tanto da essere rappresentato con notevole frequenza pur essendo tutt’altro che facile interpretarlo. D’altra parte si sa che è più semplice commuovere che fare ridere.
Tra gli autori che hanno seguito la sua luminosa strada si può annoverare Derek Benfield (1926-2009), drammaturgo inglese che, frequentata l’Accademia Reale d’Arte Drammatica a Londra, si afferma con successo come attore di teatro, cinema e televisione. È noto anche come autore avendo scritto con grande successo il suo primo lavoro a 23 anni e da allora più di 50 commedie brillanti di humour tipicamente britannico, rappresentate in 30 Paesi e incentrate sulla vita coniugale.
Marco Vaccari, regista teatrale cui è affidata la direzione artistica dello storico Teatro San Babila di Milano, che già ha rappresentato tale autore in passato, quest’anno ha scelto Doppia coppia il cui dipanarsi, come si può intuire dal titolo, è costruito su intrighi, imbrogli, intrallazzi, scambi di coppie, equivoci… in un continuo alternarsi tale da indurre il pubblico a divertirsi in modo simpaticamente leggero.
In un alberguccio di periferia, dotato di semplici comodità che non funzionano, giungono per un weekend di fuoco due singolari ‘coppie’ alla ricerca di anonimato e privacy. A garantire queste esigenze imprescindibili ci pensa o perlomeno prova a pensarci il fratello – interpretato dal convincente e valido anche come regista Marco Vaccari – della proprietaria dell’hotel assente per una breve vacanza. Poco competente e spontaneo o meglio troppo diretto nei modi per chi gestisce un esercizio pubblico del genere, il nostro receptionist tutto è fuorché uno che ascolta, tace e agisce con discrezione per cui involontariamente riesce a complicare storie già di per sé complesse.
Clienti occasionali alla ricerca di riservatezza sono due signori – interpretati con garbo, perizia ed equilibrio dai bravi Roberto Vandelli e Gianni Lamanna – le cui titubanze si complicano all’arrivo di due signore dalla presenza e dal carattere diametralmente opposti: una estroversa, spigliata e disinvolta e l’altra chiusa, insicura e guardinga, le cui peculiarità antitetiche sono a volte un po’ troppo caricate.
Ottima l’intuizione del regista di costruire la scenografia con le due camere confinanti (tutto a vantaggio della riservatezza…) raggiungibili da brevi rampe di scale su cui il nostro improvvisato portiere tuttofare potrà verificare la veridicità del verso dantesco “come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale” in nome di bugie, inganni, falsità, prebende e altre ‘doti’ del genere.