di Vincenzo Salemme
con Vincenzo Salemme, in scena anche Nicola Acunzo, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Sergio D’auria, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero, Giovanni Ribò, Mirea Flavia Stellato
scene Alessandro Chiti
costumi Francesca Romana Scudiero
musiche Antonio Boccia
disegno luci Francesco Adinolfi
regia di Vincenzo Salemme
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Serata inaugurale della stagione di prosa al teatro Verdi di Salerno. Pubblico delle grandi occasioni.
Il sipario si apre su una grande scenografia, alta, che soddisfa pienamente l’occhio. Una piccola ringhiera al centro è il balcone da cui due personaggi (padre e figlia) guardano in strada. Applauso pieno e fragoroso. (…forse gli spettatori hanno pensato che sotto la parrucca dell’anziano padre si celasse Vittorio Salemme oppure semplicemente un applauso di fiducia ed incoraggiamento…. non lo sapremo mai). Appena l’attore inizia a parlare è chiaro a tutti che non è Salemme. Come da tradizione “il Nome in Ditta” non appare mai alla prima scena, ma aspetta che si presentino tutti gli altri personaggi e che si condensi l’atmosfera così da entrare piano piano nella storia…
E il dialogo al vetriolo fra il padre novantaduenne e la figlia zitella, attempata ma ancora vogliosa, coinvolge istantaneamente per il ritmo veloce e la gestualità prorompente. L’amor filiale augura al padre di “schiattare in un letto o almeno una malattia che lo costringa a stare zitto” e l’amor paterno risponde “La vedi questa mano? Non trema per la malattia ma perché ti dico Vavattenne Vavattenne”.
E qui cambia la scena: girando su se stessi i pannelli si dispongono in modo da creare un esterno. Siamo al piano di sopra e in corrispondenza del balcone c’è ora un grande terrazzo: piante rampicanti, fiori e vetrate che fanno immaginare l’interno dell’appartamento e sul fondo una pila altissima di sedie che sembra impossibile utilizzare.
Che bello quando le scene sono pensate e realizzate con cura, amore e creatività! Ed immediatamente il pensiero va a tutte le maestranze che con passione e competenza realizzano la cornice in cui gli attori si muovono diventando “personaggi”. Perché il Teatro non è un semplice divertimento ma laboratorio e “lavoro” per tutti gli addetti. Si respira pienamente l’aria del Teatro, quello che si faceva quando Eduardo era il “Direttore”.
Ed è Salemme che ci rimanda ad Eduardo, anzi quasi ce lo presenta perché lo chiama in scena salutando il dirimpettaio, il vicino sempre pronto ad essere muto testimone di private vicende familiari e di pubbliche discussioni condominiali. Come non pensare al famoso monologo del “caffè”, recitato appunto sul balcone dal grandissimo Eduardo. E non solo! Gennaro Parascandolo (Vincenzo Salemme) ammirando il panorama dal suo terrazzo ripete più volte: “Quant’è bello! Mi pare proprio un presepe!”
Il cambio di scena si ripete facendoci salire e scendere le scale del palazzo. Sul terrazzo si sta preparando una festa per i diciotto anni della figlia del costruttore edile “un muratore arricchito” come dice la signorina del piano di sotto.
Mentre i preparativi fervono e la moglie imperversa di richieste assurde il cameriere (finto indiano), al piano di sotto si consuma la tragedia: l’anziano muore. E da qui parte la ragnatela della trama.
Si può festeggiare con suoni e canti e cibo e regali ed ospiti ed eccessi rumorosi se all’improvviso una disgrazia accade nel palazzo??? Non c’è una legge che lo vieti, anche se l’etica, la morale, il buon gusto consiglierebbero di rimandare la festa. Ma non si può! Ottantadue invitati stanno per arrivare e fra loro molti “Vips”. E allora? Cosa fare e soprattutto come?
La dualità e la contraddizione della vita balzano in tutto il loro grottesco paradigma. La gioia e il dolore, la forma e la sostanza, la compagnia e la solitudine, l’allegria e la tristezza, la vita e la morte, il rosa e il nero si contendono la scena. Ipocrisie e compromessi nascondono l’umana miseria.
Come nelle prime grandi commedie di Salemme, anche qui si tocca la profondità dell’animo con la leggerezza e la risata del volto. La maschera dell’attore ha sempre almeno due espressioni.
Ci fermiamo qui con il racconto perché lo spettacolo merita di essere visto con tutti i suoi colpi di scena!
I fili della trama, che si snoda fluida e veloce, sono tessuti dall’abilità di una compagnia affiatata e convincente. Il ritmo allegro, scandito da battute a raffica della migliore comicità sostiene la girandola di situazioni paradossali che si avvicendano.
“Una festa esagerata!” nasce da un’idea che avevo in mente da tempo, – scrive Vincenzo Salemme – … Volevo parlare delle cosiddette persone normali, di coloro che vivono nascondendosi dietro lo scudo delle convenzioni, coloro che vivono le relazioni sociali usando il codice dell’ipocrisia come unica strada per la sopravvivenza. Sopravvivenza alle “chiacchiere”, alle “voci”, ai sussurri pettegoli e sospettosi dei vicini. E sì, perché io vedo la nostra enorme piccola borghesia come un grande condominio, fatto di vicini che si prestano lo zucchero, il termometro e si scambiano i saluti ma che, al contempo, sono pronti a tradirsi, abbandonarsi e, in qualche caso estremo, anche a condannarsi a vicenda.
Non è la prima volta che questo ventre antico del nostro paese viene messo in commedia ma l’idea dalla quale parto mi sembra molto efficace in questo momento storico fatto di conflitti internazionali, guerre di religione e odi razziali. La barbarie, temo, nasconda sempre dietro un alibi. Ognuno trova sempre una buona ragione per odiare l’altro. Ma quel che temo ancora di più è l’odio che si nasconde dietro il velo sorridente della nostra educazione.
Temo il buio del nostro animo spaventato. Temo la viltà dettata dalla paura. Temo il sonno della ragione. Spero che questa commedia strappi risate e sproni al dialogo. Un dialogo tra persone. Che si rispettano e, seppure con qualche sforzo, provino a volersi bene.”
E alla fine dello spettacolo, Salemme ringrazia il pubblico, che non ha paura di uscire di casa e di incontrarsi a teatro per vivere ancora con coraggio la vita insieme agli altri.
Ben caratterizzati tutti i personaggi . Bravi gli attori che affiancano un Salemme in splendida forma.
Applausi convinti e meritati.