Sebastiano Lo Monaco torna alla Pergola, dopo l’Ulisse della scorsa stagione, riproponendo un’opera a lui affatto nuova, Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello. Il berretto a sonagli – fu ‘A birritta cu’ i ciancianeddi – è il copricapo del giullare, quello con le campanelle che anticipano l’arrivo di chi lo indossa, quello di chi fa ridere la gente. Ciampa, scrivano quarantenne, sa che sua moglie lo tradisce, ma per l’amore che lo lega a lei, un amore forte come una costrizione, accetta di condividerla col suo amante, purché non si venga a sapere in paese. Una donna, però, anch’ella tradita, tenta di far venir fuori il segreto, rischiando di vestire il capo di Ciampa con un odioso berretto a sonagli, un marchio a fuoco di uomo tradito, “becco”, per dirla con parole sue. Pirandello affronta ancora una volta la tematica della maschera che ognuno di noi indossa di fronte agli altri, scandagliando l’animo umano per cercare la realtà sotto l’apparenza, la pazzia sotto la civiltà. Sebastiano Lo Monaco continua il suo viaggio nell’opera pirandelliana, ripercorrendo una tappa che per lui ha significato qualcosa in più delle altre.
Nella sua carriera ha messo in scena molte opere teatrali di Pirandello, ma su questa è tornato ancora dopo 25 anni, e per questa terza volta curando anche la regia. Cosa ha voluto cambiare rispetto alla regia di Mauro Bolognini?
Ha voluto cambiare lo stile. La regia di Mauro Bolognini era molto bella e realistica, io ho voluto approfondire il carattere dei personaggi, dargli maggiore verità. Dopo 25 anni ormai il personaggio di Ciampa fa parte di me, è come se non lo recitassi più, allora ho voluto metterlo in un ambiente più realistico, vero, profondo, piuttosto che quello esteticamente più bello di Mauro Bolognini. Inoltre è cambiata la scenografia, che allude a un giardino non più propriamente siciliano, fatto di aranci, ma più internazionale.
Pirandello in realtà immagina un solo ambiente per tutta la durata dello spettacolo, nella sua resa, invece, ci sono due ambienti diversi
Sì, un giardino nel primo atto, un interno nel secondo, che può essere un palazzo degli anni ’30, magari di Berlino, coi mobili del movimento Bahaus, quindi più moderno, anche per rendere l’internazionalità della storia d’amore. Quella dei due ambienti è una scelta scenica per dare prima ariosità e poi cupezza, quando i fatti si fanno più tragici, più violenti.
Ciampa è un protagonista atipico: nel primo atto non compare più di altri personaggi minori e inizialmente sembra quasi rivestire il ruolo di “spalla”, di quello che fa ridere insomma, soltanto dopo si rivela l’animo più complesso
Nel primo atto è un uomo sottomesso, uno scrivano, un sottoposto, quasi un vinto verghiano, nel secondo recupera tutta la sua dignità di uomo e attraverso la logicità, il raziocinio della sua mente – molto speculativa – ottiene la vittoria sulla signora, una vittoria umana, di dignità.
Quella di Ciampa quindi è una vittoria, nonostante sia caduto con le braccia dietro la schiena come lo ammoniva a non fare suo padre?
Sì, è sicuramente una vittoria. Ciampa fa rinchiudere la signora in manicomio quindi è una vittoria dal punto di vista umano e razionale.
Ciampa crede che nella mente umana ci siano tre corde: civile, seria e pazza. Le sembra che tutto sommato sia la descrizione semplice di un meccanismo plausibile, che ognuno di noi abbia tre corde e la possibilità di scegliere con quale corda relazionarsi con gli altri?
Magari abbiamo anche più corde, ma il teatro ha il potere di sintesi. Quella di Pirandello è una metafora di un pensiero, di un modo di comportarsi: in modo serio, in modo autentico, in modo civile, che sono la forma, la maschera, e poi la corda pazza che è quando uno non si contiene più e viene fuori la violenza della verità.
Pirandello nelle sue opere descrive la borghesia primo-novecentesca, cos’è rimasto nel ceto medio attuale di questo atteggiamento borghese?
Il testo ha una forza e presa sul pubblico tale che non dico che Pirandello è attuale, ma contemporaneo. Quello che avviene in questa storia avviene ancora in tutti i paesi del mondo e in tutte le famiglie e le case borghesi, cioè tentare di nascondere la verità, per poter vivere nella forma, nella maschera davanti agli altri. È come se fosse scritto ieri, le reazioni del pubblico dimostrano che è un testo che arriva al cuore e alla mente del pubblico con grande forza.
In sala c’erano tanti ragazzi coinvolti dai professori, come spesso per gli spettacoli di Pirandello. Cosa hanno da dire Ciampa e gli altri personaggi pirandelliani ai giovani? Hanno la capacità di avvicinarli al teatro più di altri?
Pirandello parla di stati d’animo di uomini attuali, di stati d’animo eterni, di passioni, di deliri della mente, di patologie dell’animo, e quindi anche i giovani sentono un linguaggio che li colpisce, perché lo riconoscono e si vedono descritti dai personaggi pirandelliani.
Quindi se lei dovesse avvicinare un ragazzo al teatro, gli consiglierebbe un’opera di Pirandello?
Lo faccio da 25 anni, da quando recito Pirandello e in 25 anni ne ho avvicinati tanti di giovani al teatro con Pirandello.