Di Hannah Arendt
Con Paola Bigatto
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“Allora? Com’era lo spettacolo?”
Mi chiede Max al telefono.
La domanda è piuttosto semplice e noto,nella sua voce, un tono interessato. Ma cosa dovrei rispondergli? Questo pomeriggio ho assistito a qualcosa che va ben oltre ad uno spettacolo. Qualcosa che parla di politica, di storia, di filosofia, di me, di lui, di tutti. E lo fa in un modo così semplice, così puro, che non puoi che uscirne toccato.
Le parole sono quelle di una delle personalità più importanti in campo dopo la seconda guerra mondiale, stiamo parlando di Hannah Arendt, mente brillante che, a causa delle sue orgini ebraiche, è dovuta scappare dall’Europa per trovare rifugio in America. Qui si dedica ai suoi studi, diventando filosofa, scrittrice ed insegnante all’università. Facendo sapientemente riferimento al suo ruolo di docente, Paola Bigatto, ha impostato il racconto dello spettacolo come se fossimo ad una lezione di Hannah, in cui il pubblico impersona la plaea di studenti iscritti al corso della Arendt.
L’argomento della lezione è ciò che viene descritto nel libro omonimo, La banalità del male, in cui si parla del processo ad Eichmann, generale nazista responsabile del trasporto degli embrei verso i campi di stermino, processato e giustiziato dal tribunale di Israele nel 1962. La Arendt espone la questione mettendo in luce una cosa sconvolgente: Eichamn non era un mostro, ma qualcosa di peggio, era una persona normale che ha smesso di farsi domande, di pensare.
Questo è un ragionamento stringato, la buona Hannah lo argomenta in modo molto più accurato, ma ciò che lascia allibiti è che ci sono un sacco di agganci a quello che sta accadendo ancora oggi. Come se non imparassimo mai dal passato e dovessimo reitarare sempre tutto.
In questo caso il teatro è a servizio di qualcosa di più grande. Di un pensiero che non si limita alla semplice messinscena del testo, ma che va a dare tridimensionalità a concetti filosofici e politici che si domandano cosa sia il vero male. Paola Bigatto con grande maestria, gioca coi ritmi, le parole, le temperature e lo fa guardandoci in faccia, diretta e concreta. Niente trucchi: luce accesa in platea, sul palco solo un tavolo, una sedia, una lavagna e una mappa. Le parole diventano le grandi protagoniste, a loro il compito di creare nel teatro la magia.
Ecco perché amo il teatro.
Con niente, ti racconta tutto.
“Allora?”
Max aspetta ancora una risposta.
“Domani alle cinque come sei messo?”, gli chiedo.
“Libero”
“Allora ti prenoto un biglietto, così vai a vederlo”
“Ma non puoi raccontarmelo tu, scusa?”
“No, sennò si perde la magia”