Continua la Stagione teatrale all’Astra con uno dei capisaldi del drammaturgo tedesco Georg Büchner: Leonce e Lena. Gli altri sono “La morte di Danton” e “ Woyzeck”. La morte per giovane età gli ha e ci ha impedito di fare e di conoscere altri capolavori.
“Büchner, Georg. – Scrittore (Goddelau, Darmstadt, 1813 – Zurigo 1837). Studiò medicina e scienze. Indole irrequieta, ricca di fermenti liberali e rivoluzionari, mostrò nelle sue opere drammatiche (Dantons Tod, 1835; Leonce und Lena, rappr. 1836 e Woyzeck, postumo) e nella novella ironico-romantica Lenz le sue grandi qualità, per l’estremo, a volte torbido realismo, fu da alcuni considerato un espressionista ante litteram.”
È una sorta di fiaba moderna per l’epoca, che ha come obiettivo la satira e la presa in giro del potere e di un certo tipo di nobiltà. Siamo in un paese da “C’era una volta ….”, il principe Leonce (del regno di Popo), indaffaratissimo a non fare nulla, insieme al suo amico/valletto Valerio, personaggio molto interessante (che ha delle caratteristiche comuni a certe maschere della Commedia dell’Arte, penso ad Arlecchino e Pulcinella), decidono di mettersi in viaggio. La motivazione è che non vuole accettare di sposarsi con Lena, principessina di un altro paese (il regno di Pipi), analogo al suo ma che non ha mai visto. Anche Lena si mette in viaggio, ma con la sua governante, che ha la caratteristica di avere un grosso naso, per motivi più o meno analoghi a quelli di Leonce. Naturalmente arrivano tutti e 4 nella stessa taverna, e il destino decide di farli innamorare. La scena seguente li vede finalmente sposi, senza sapere che in realtà sono proprio le persone da cui fuggivano.
È una storia apparentemente semplice ma che in realtà contiene, sia a livello drammaturgico che a livello scenico, molti rimandi attuali sia per la posizione sbeffeggiante del potere e sia per una visione moderna del popolo. Ne fanno una delle scritture più interessanti del suo periodo e sicuramente antesignana di un certo tipo di teatro, che si svilupperà in questa direzione molti anni dopo.
Il re Pietro, padre di Leonce, dittatore buono e distratto, può essere identificato in uno dei numerosi potenti che hanno infestato e infestano il nostro pianeta. La messa in scena di Cesare Lievi appare godibilissima e vivace: per la scelta dei costumi, ricchi e originali; per le scenografie vagamente ispirate ad un avanguardismo futurista, mobili e funzionali ai continui cambi di luogo e di scena; per l’ottima interpretazione di tutti gli attori. Da Paolo Garghentino, un Valerio notevole, cialtrone e sbeffeggiante, al potere univa faccia tosta e servilismo becero in modo perfetto. Lorenzo Gleijeses, già ottimo Woyzeck in una passata messa in scena, è un perfetto Leonce: appariva infantile e sciocco, ma anche determinato e previdente caricando di uno spessore un personaggio apparentemente banale. Gianluigi Pizzetti era re Pietro, comico e sbadato, trasmetteva simpatia ma anche inquietudine. Maria Alberta Navello e Marcella Favilla, rispettivamente Lena e la di lei governante, erano ottime in questi ruoli non semplici: la prima sognante ed ingenua, faceva intravedere personalità e carattere mentre la seconda, che faceva da contraltare a Valerio, appariva seria e determinata, senza mai uscire dal suo ruolo di corte. E poi tutti gli altri che rappresentavano Camerieri, Cerimoniere, Presidente, Predicatore erano perfetti negli incastri e nelle musiche rigorosamente dal vivo eseguiti da loro stessi. Pubblico numeroso, anche se una domenica alle 18, e nonostante siano previste 10 repliche, dal 13 al 22 Gennaio. Si vede che il pubblico dell’Astra sa scegliere ed usa bene il passaparola. Applausi lunghi e molti ritorni in scena.
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di Georg Büchner regia e traduzione Cesare Lievi
con Gianluigi Pizzetti, Lorenzo Gleijeses, Maria Alberta Navello, Paolo Garghentino, Marcella Favilla, Andrea Romero, Matteo Romoli, Riccardo De Leo
scene e costumi Marina Luxardo luci Cesare Agoni
produzione Fondazione Teatro Piemonte Europa