di Stefano Benni
regia Alessandro Tedeschi
con Valentina Chico, Elisa Benedetta Marinoni, Valentina Virando, Emanuela Guaiana
scene Katia Titolo – disegno luci Paolo Meglio – musiche originali Aleph Viola
video Adriano Candiago – creazioni all’uncinetto Alessandra Roveda
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Una pecora nera è diversa dal gregge e per questo lo spaventa. Tutt’altro che raro è trovare esempi di pecore nere anche al di fuori del mondo ovino, anche intorno a noi, ai margini delle nostre strade e del nostro interesse. Pigri, non ci curiamo di prestar loro attenzione e continuiamo dritti per la nostra strada, distogliendo lo sguardo. Le abbandoniamo, come il cane in autostrada o la nonna all’ospizio. E in un ospizio qualsiasi essere umano, presunto animale sociale, rifiuta la sua socialità e comincia a vivere attraverso la televisione. In televisione va sempre tutto bene: i buoni vincono e i cattivi perdono, le coppie nelle telenovelas si lasciano ma poi si rimettono insieme, i cani nei film salvano vite umane per riconoscenza e la vita degli animali nei documentari scorre felice in sintonia con la natura. La televisione però la fanno gli uomini, e in particolare quegli uomini che, se fossero pecore, sarebbero sicuramente bianche. La signora Ida (Emanuela Guaiana), seduta sulla sua sedia a rotelle, è assorta a vedere la televisione, catturata da un melenso dialogo tra due divi di una telenovela. Da quando sua figlia l’ha portata all’ospizio, non parla più, non cammina più. È anche lei una pecora nera, emarginata da una società a cui non è più utile, da un gregge che non si vuole occupare di lei perché diversa. «C’è biossido per tutti. Invece non c’è felicità per tutti. Ognuno la porta via all’altro», secondo un predicatore in Baol, altro capolavoro di Benni. Ogni gregge vuole tutta la felicità per sé. Ma la felicità non è come il biossido, non si esaurisce, ed essere felici non toglie la felicità a nessuno, nemmeno alle pecore nere. E nessuno meglio di una pecora nera può spiegarlo ad un’altra pecora nera. O forse sì. Tre pecore nere possono convincerne una quarta. Così la signora Ida sarà salvata da una diva delle telenovelas (Elisa Benedetta Marinoni) abbandonata dagli uomini nella finzione come nella vita reale, da un’ape operaia (Valentina Virando) che sogna una rivoluzione sociale di memoria leninista e da un labrador depresso (Valentina Chico) in lotta con la sua natura di fido compagno dell’uomo. Ognuna con le sue debolezze, ognuna con le sue storie, le quattro pecore nere riescono a portare colore tra le grigie mura dell’ospizio e a superare i propri ostacoli.
Benni ci mette ancora una volta di fronte alla superficialità con cui guardiamo al prossimo, utilizzando la fantasia, l’originalità, la comicità iperbolica. Il suo linguaggio semplice e diretto, i suoi personaggi da fumetto, le sue filastrocche pungenti, sono un marchio di fabbrica inconfondibile e mai tedioso, sono la garanzia di una poetica che va dritta al punto senza il rischio di fraintendimenti. Il cast tutto al femminile, guidato dal regista Alessandro Tedeschi, è impeccabile nella caratterizzazione dei quattro personaggi, ciascuno dei quali suggerisce al pubblico un ulteriore spunto di riflessione, un altro tema su cui sorridere e a cui dedicare un po’ del nostro tempo. Tutto si riduce, in fondo, alla miopia diffusa con cui volgiamo lo sguardo attorno, alla scarsa conoscenza che abbiamo delle cose e delle persone su cui spariamo, tronfi, le nostre sentenze.