A volte non servono le parole per esprimere un concetto. “Cirkopolis”, la nona produzione originale itinerante di Cirque Éloize, co-diretta da Dave St-Pierre e Jeannot Painchaud, riprende nel titolo dello spettacolo il celeberrimo film “Metropolis” di Fritz Lang e di quest’ultimo coglie anche le atmosfere, l’oppressione della città e la voglia di sconfiggere la prevaricazione della metropoli sull’uomo con la bellezza e l’arte attraverso una commistione di generi.
Lo spettacolo, andato in scena al Teatro Il Celebrazioni di Bologna, ha avuto già enorme successo nei più grandi palcoscenici internazionali proprio grazie alla dirompenza e forza con la quale gli atleti riescono a raccontare una storia senza l’uso delle parole, ma solo attraverso la potenza e delicatezza dei loro corpi, la bellezza della musica, una scenografia d’impatto e l’utilizzo di alcuni strumenti ginnici che esaltano le doti acrobatiche e artistiche dei protagonisti attraverso un intreccio di danza, circo e teatro.
È ancora chiuso il sipario, le luci in sala accese e le persone stanno cercando i loro posti quando si vedono comparire due acrobati che iniziano a camminare tra le file della platea e a “disturbare” e mettere in leggero imbarazzo qualche spettatore suscitando l’ilarità generale. Dopo una serie di gag di pura improvvisazione con il pubblico i due salgono sul proscenio e accompagnano l’apertura del sipario. Siamo in un ufficio, dietro la scrivania un impiegato, con i capelli ritti in testa per lo stress, prova a districarsi nell’enorme pila di documenti che ha davanti mentre altri vanno avanti e indietro con fretta e agitazione dentro i loro abiti grigi. Ma ecco che, a un certo punto, la musica irrompe, i protagonisti si svestono dei tailleur gessati per catapultarsi in un mondo colorato, dove il corpo riesce a esprimersi e non è più ingabbiato, dove la magia del circo riesce a creare mondi onirici, di rara bellezza, nei quali potersi rifugiare.
Ciò che in “Cirkopolis” stupisce, emoziona, commuove e diverte passa attraverso le immagini e le bellissime performance che via via si susseguono mentre sullo sfondo campeggia un contesto urbano grigio e opprimente. Le immagini scivolano in un enorme pannello che dà una dimensione spaziale alla storia e rende ancora più suggestivo lo spettacolo grazie alla loro tridimensionalità. Nella scenografia di Robert Massicotte, gli ingranaggi delle macchine fanno da cornice alle esibizioni e, insieme a essi, gli immensi grattaceli e l’oppressione delle fabbriche che con i loro congegni schiacciano le individualità delle persone per uniformare, omogeneizzare, appianare.
Dentro questa cornice s’inseriscono i bravissimi acrobati e artisti di “Cirkopolis” che Jeannot Painchaud, direttore artistico di Cirque Éloize immagina come un “crocevia tra immaginazione e realtà, tra individualità e comunità, tra limiti e possibilità.” “Lo spettacolo – afferma Painchaud – è guidato dall’impulso della poetica della vita, dalla prestanza fisica del circo con il suo umorismo allo stesso tempo serio e scanzonato. Entrare in Cirkopolis significa lasciarsi andare e farsi trasportare dalla speranza”.