Dame oscure è uno spettacolo in cui le parole di Stoker, Leroux, Lovecraft e Poe si intrecciano, un omaggio al genere gotico che vuole fare una ricerca sulle figure femminili più tormentate e controverse della letteratura.
Lo spettatore si trova subito a contatto con l’attrice, che lo scruta con sguardo impudente e un po’ folle: è chiusa in una gabbia e circondata dal pubblico che in qualche modo si troverà a spiare la sua nevrosi in un crescendo costante. La gabbia rappresenta chiaramente la frustrazione e la sofferenza del folle, che può guardare fuori e sporgersi per chiedere aiuto ma alla fine rimane destinato a soccombere all’interno della propria prigione personale: è una metafora sempre di grande effetto, anche se forse fin troppo immediata e non eccessivamente originale. Lo spettacolo scava nelle ombre della protagonista, una scrittrice che alterna momenti di lucidità a deliri in cui si dedica alla sua scrittura, deliri che diventeranno preponderanti nella sua vita fino a prendere il sopravvento: infatti la storia da lei narrata ha tratti onirici che giocano sulla doppiezza e la dualità, sull’inconscio come specchio che produce i mostri che portano alla follia, dove si alternano i due piani, follia e realtà. Il racconto della scrittrice evoca, a volte più palesemente e a volte più velatamente, i mostri più inquietanti che da sempre tormentano il nostro immaginario come il l’ospite vampiro, l’istitutrice ambigua di Giro di Vite, le gemelle di Diane Arbus, la bestia dagli occhi infuocati…
Purtroppo non sempre attingere alle opere e gli autori che più amiamo e rielaborarle crea qualcosa di ancora più speciale.
Il gotico è un genere amatissimo, sempre attuale e riproposto in nuove versioni ormai da secoli e riuscire a non risultare banali è quanto meno difficile: lo spettacolo non ci riesce del tutto, poiché le trovate risultano a volte un po’ scontate, altre volte un po’ stranianti, come l’inserire la straziante lettera di Virginia Wolf al marito facendola passare come il piano di una delirante ma fredda assassina (alla maniera di Poe).
Il gotico è un genere particolare che va affrontato con delicatezza e rispetto, forse un testo più asciutto e meno citazioni avrebbero creato più emozioni nello spettatore.
Rimane comunque indubbia la bravura di Debora Virello che regge la scena da sola, senza esitazioni e da grande professionista. Ottime anche le luci di Marco Meola e le scene di Dino Serra che immergono subito lo spettatore in un’atmosfera inquietantemente onirica.
——–
Di e con Debora Virello – Regia: Pietro De Pascalis e Debora Virello – Scene e costumi: Dino Serra – Primo spettatore: Luca Chieregato – Disegno luci: Marco Meola