Di Eugène Ionesco
Traduzione di Gian Renzo Morteo
Con Arianna Addonizio, Meredith Airò Farulla
E con Marco Tonino, Marta Vianello, Matteo Campagnol
Scene e costumi Licia Lucchese
Regia Sandra Mangini
Residenza Teatro Ca’ Foscari di Venezia
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“Ma come? Proprio tu, che sei la sostenitrice del teatro al femminile, dici così?”
Facciamo un passettino indietro.
Stasera siamo andati a vedere una nuova versione di Delirio a due di Ionesco. In questa messinscena Lui e Lei, coppia di amanti appassiti dentro le loro quattro mura, vengono impersonati da due giovani attrici. La cosa di per sé pare molto singolare ed innovativa, appena l’ho letta mi sono accesa: come le metteranno in scena? Giustificheranno la questione oppure no? Opereranno dei cambiamenti drammturgici?
Quando si sono accese le luci sul palco e ho visto entrare le due, una in abito fiorato e l’altra vestita come Olio di Stanlio e Olio (bombetta compresa), l’entusiasmo ha cominciato a spegnersi. E man mano che procedeva lo spettacolo la situzione peggiorava.
Per chi non avesse letto il testo, la storia sinteticamente è questa (mi perdoni Eugene): i due amanti bisticciano – forse perché non si amano più? Forse perché è il loro modo di amarsi? – barricati dentro il loro fatuo appartamento; fuori c’è una guerra tremenda che pian piano irrompe anche nel loro condominio, fino ad entrare nella loro casa e nelle loro vite. La cosa pare non turbarli del tutto e, nonostante il delirio esterno che va e viene, continuano a restare nella loro routine di litigi e accuse.
“L’opera è una delle più conosciute del Teatro dell’assurdo, di cui Ionesco e Beckett sono gli emblemi. I temi che vengono trattati sono molti e sempre in una dinamica surreale, ma ciò che fa reggere il tutto è una sensazione di pericolo costante. Anche nella leggerezza si può avere una grande tensione.”
Dico a Max e continuo:
“Stasera la tensione non l’ho percepita. Non credo sia responsabilità delle attrici ma di chi le ha guidate. Si vedeva che tecnicamente ed emotivamente hanno dato quello che potevano dare dall’inizio alla fine…ma la regia era troppo vaga. Tutto sembrava esterno, dichiarato. Guarda la scenografia ad esempio, molto carina, minimalista: contorni di porte e finestre retti da corde. Una buona idea che però non basta a sostenere un testo così denso. Ecco, sì, mancava la densità. Sì, ho visto la vita di questi due, ma con che domande torno a casa?”
Max mi guarda. Percepisco i suoi occhi anche al buio, nascosti dal cappuccio tirato su. Febbraio veneziano: bello ma freddo.
“Sono d’accordo co con te” mi fa e si avvia a passo veloce verso Piazzale Roma.
Il vento che ci soffia contro mi impedisce di continuare la conversazione subito. Così, appena ci rifugiamo in un bus, riparto:
“Mi conosci, non sono una che si scandalizza di fronte ad una scelta orginale. Inoltre ritengo che le donne abbiano molto da dare al teatro e che debbano esplorare più direzioni possibili, ma non andando a tentoni. Intendo dire che, anche l’avessero fatta due attori vestiti uno da uomo el’altro da donna, non avrebbe retto con questi presupposti.”
Max sta gurdando il finestrino.
Come ogni volta mi ritrovo a parlare da sola. Forse dopo oggi non vorrà più accompagnarmi a teatro.
Sto per arrendermi ad un viaggio muto, passato a gurdare Porto Marghera, quando ecco una voce alla mia sinistra:
“Quand’è il prossimo spettacolo?”