Questa brillante commedia di Gianni Clementi torna a divertire il pubblico dopo il grande successo della scorsa stagione. Sono sociali, culturali e di costume le tematiche affrontate dalla vis comica consolidata di Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi, coadiuvati da Andrea Lolli, Silvia Brogi e Maurizio Pepe che connotano i loro personaggi con efficace caratterizzazione, compresi i giovani figli d’arte Filippo Laganà ed Elisabetta Clementi.
Un trascorso giovanile di contestazione e lotta politica è trascolorato nel presente borghese di una coppia cinquantenne che tenta di inculcare gli ideali trascorsi alla figlia sedicenne, avulsa da ogni genere di comunicazione intergenerazionale, perennemente connessa sui social con altri coetanei alieni dal contesto educativo e familiare. Lucio, ormai integrato ma sensibile agli antichi principi di uguaglianza e solidarietà sociale, consigliere comunale di sinistra, è alle prese con la preparazione di un discorso politico; Ginevra è una signora ben vestita che professa la cucina molecolare in un ristorante che serve cibo destrutturato dai nomi arzigogolati, in microscopiche porzioni. Occupano un ruolo significativo nella società, rilasciano interviste e dichiarazioni, ma si fanno piccoli piccoli (“I giovani sono fragili”) di fronte all’arroganza verbale della sedicenne Camilla che disprezza la loro autorevolezza.
Il salotto di casa è animato dalla presenza dell’amica Benedetta, erborista alternativa in crisi emotiva alla ricerca di un uomo che plachi le sue nevrosi, e che crede di individuare nella bizzarra figura di un colonnello che sproloquia sulla sua permanenza a Shangai e gli innumerevoli viaggi in giro per il mondo.
Una perdita d’acqua nel bagno che rischia di danneggiare l’appartamento del colonnello richiede l’intervento degli idraulici, due albanesi che, avendo risolto i tipici problemi degli immigrati, sono in grado di offrire garanzie per un lavoro a regola d’arte con regolare fattura.
Igli e il giovane Lushan scombussolano, loro malgrado, le dinamiche familiari: Camilla, travolta dall’amore, diventa sorprendentemente tenera e remissiva con gli sbalorditi genitori che dovranno mettere alla prova apertura mentale e accettazione dell’immigrato con le sue leggi e tradizioni basate sul “kanun”, il codice che regolamenta i rapporti familiari patriarcali. Politicamente corretta, la coppia prepara i bagagli per avviarsi verso tre giorni di festeggiamenti sulle montagne albanesi.
La commedia, che dal titolo fa presagire l’epilogo, è imperniata sui tempi calibrati della risata: satira borghese nel primo atto e comicità istintiva nel secondo per il linguaggio storpiato e incisivo dei due stranieri. È un piccolo spaccato di vita familiare, con personaggi reali e contesti quotidiani amicali e generazionali che Clementi coglie con immediatezza e leggerezza, pur con qualche pesantezza gratuita di linguaggio.
Emanuela Rossi ha le physique du rôle della signora glamour valorizzato dai colorati ed estrosi vestiti di Antonella Balsamo e Gay Mattiolo; Pannofino è spassoso nel barcamenarsi tra gli impegni istituzionali e gli imprevisti casalinghi che tenta di arginare col buonsenso romano. Maurizio Pepe tratteggia il personaggio di Igli con una cadenza e un’interpretazione esilaranti, anche lui a suo modo integrato, viaggia in Mercedes e non sopporta i neri, furbo e suscettibile ma professionale. Silvia Brogi ha l’adeguata svagatezza della salutista new age che si plasma su tutto per dare un senso alla vita, persino abbigliandosi alla foggia giapponese nel tentativo di assecondare il cosmopolita colonnello, che risulterà refrattario alle grazie femminili, interpretato da Andrea Lolli con una straordinaria saccenteria.
La regia di Claudio Boccaccini imbriglia in ritmi serrati le entrate in scena e i vari siparietti, con stacchi di luce e brani musicali, tra cui stralci di “Azzurro” cantati da Paolo Conte.