Il Baule Volante porta alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani uno spettacolo eccellente – giusto per chiarire subito le impressioni definitive – presentandolo fin dal cartellone come una “fiaba africana”.
Il sogno di Tartaruga è una fiaba, nell’accezione più tradizionale (occidentale) del termine: racconta l’avventura di una tartaruga che, avendo sognato un albero da cui nascono tutti i frutti del pianeta, si mette pazientemente in cammino per trovarlo, senza lasciarsi scoraggiare dalle canzonature della scimmia, dello struzzo e della iena. Una fiaba con un messaggio educativo, che insegna a non demordere, a perseverare nei propri scopi.
È anche una fiaba africana, o meglio una fiaba ambientata in Africa, perché lungo la sua strada la caparbia tartaruga deve percorrere la savana, attraversare un grande lago e lasciar trascorrere la notte, accompagnata dalle percussioni etniche di Mauro Pambianchi e Stefano Sardi.
Tartaruga è un pupazzo semplice, un carapace colorato da cui sbuca la testa animata con il braccio, si muove in una scenografia semplice e dinamica, di volta in volta animata dagli interpreti. Lungo l’ostinata ricerca dell’albero incontra una grande varietà dei personaggi, ognuno rappresentato da pupazzi o maschere e ottimamente caratterizzato da Andrea Lugli, anche regista, nel corso di una narrazione marcatamente segnata da episodi singoli: dopo aver inutilmente cercato di coinvolgere gli altri animali a seguirla nella sua ricerca, scopre che per trovare l’albero occorre ricordare il suo nome, “omumborombonga” (il nome dell’albero da cui nacquero la prima donna e il primo uomo, dalla leggenda della popolazione Herero della Namibia).
Ingenua, rivela il segreto agli animali che l’avevano derisa per quella sua follia, e ognuno di questi tenterà di precederla per mangiare tutti i frutti dell’albero. Ma l’ingordigia della scimmia si risolve nello sciagurato incontro con il serpente, l’arrogante struzzo si imbatte nel coccodrillo che abita il grande lago, la iena che non prende nulla troppo sul serio compie il madornale errore di sedersi su un formicaio per riposare.
Con la sua bontà d’animo e con la calma che le è propria, solo la tartaruga riesce a raggiungere l’agognato albero, attraversando la savana e percorrendo le sponde del lago, ma frastornata dalla fatica chiede agli astanti, i bambini, di pronunciare forte il nome per far cadere i frutti: “omumborombonga!”, i frutti cadono e tutti ne possono giovare, l’intento educativo dello spettacolo è stato raggiunto.
Gli atteggiamenti avidi e arrivisti della scimmia, dello struzzo e della iena non hanno portato a nulla, la collaborazione e il coinvolgimento della platea invece ha permesso alla lenta tartaruga di realizzare il suo sogno.
Una fiaba certamente africana per l’ambientazione, ma universale per il messaggio che reca.
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Il sogno di Tartaruga
Produzione Il Baule Volante
Dal testo di Liliana Letterese
Di e con Andrea Lugli
Musiche dal vivo di Mauro Pambianchi e Stefano Sardi
Pupazzi realizzati da Chiara Bettella, Liliana Letterese e Andrea Lugli