Incontro Felice Casciano a Trieste dove sta facendo tappa lo straordinario musical “Sister Act”, con un successo di pubblico eccezionale, nel quale interpreta il temibile gangster Curtis. Le domande e le curiosità sono tante e lui risponde con gentilezza e cordialità ma soprattutto con la passione che trasmette dagli occhi. Mi racconta del suo inizio:
Era il 1987 e fui scelto per uno spettacolo di prosa che si chiamava “Castelli di Sabbia” di un’autrice contemporanea Antonella Parisi per la regia di Paolo Lista. Andammo in giro per l’Italia, mi ricordo Parma e Roma. Fu un’esperienza molto importante in cui capii di avere delle potenzialità anche se ero molto giovane.
– Sapevi fin da piccolo di voler fare l’attore?
Per niente, credevo di voler fare lo psicologo, poi incontrai il teatro e la mia vita cambiò. Ma cambiò radicalmente perché in quella mia prima tournée a Parma mi avvicinai al buddismo ed oggi sono trenta anni che lo pratico. La mia crescita spirituale mi ha aiutato immensamente in questo mestiere.
– In che senso?
Dopo quella prima esperienza andai a Roma e furono anni durissimi: iniziai a formarmi con Isabella De Bianco frequentando Teatro Azione. Ci furono tanti provini ed anche tante delusioni; facevo il lavapiatti per mantenermi. Ma quanto più le cose erano dure tanto più capivo che era importante approfittare di quelle occasioni per trasformare il negativo in positivo. Il teatro mi ha permesso di trasformare il veleno in medicina.
– Come sei approdato al musical?
Vidi “West Side Story” della compagnia della Rancia e mi piacque moltissimo, capii che la mia formazione doveva essere più completa. Studiai anche danza e canto. Per fare il musical ci vuole una preparazione molto complessa.
– Nella tua carriera ormai trentennale fai spesso il ruolo del cattivo, non solo a teatro ma anche in televisione, come mai?
Mi scelgono sempre per fare l’antagonista. D’altronde sono moro ed ho i caratteri somatici dell’uomo del sud e molto spesso mi fanno fare il mafioso o il gangster come per “Sister Act”.
– Qual è stato il tuo primo musical? Ed in quali hai recitato poi?
Il primo è stato “Il pianeta proibito”nel 1995, ho continuato con “Irma la dolce” di Antonio Calenda, poi con Saverio Marconi “A qualcuno piace caldo”, successivamente “La piccola bottega degli orrori” ed ancora “Pinocchio” dei Pooh, “Frankestein Junior” ce ne sono stati tanti.
– E la prosa ti interessa ancora o credi di volerti esprimere solo nei generi musicali?
Amo molto la prosa, ho iniziato con quella. Con la prosa devi fare un lavoro più introspettivo, più profondo. Quando nasci con un talento quello solo non basta, poi devi metterci il cuore e con la prosa ho imparato a scavare dentro. Due incontri importanti per me sono stati con Emma Dante che mi ha incitato a sottrarre, a distruggere le sovrastrutture, a usare di più l’istinto e con Lina Wertmüller che mi ha aiutato ad essere più vero.
– Domanda classica: c’è un personaggio al quale sei più legato rispetto ad un altro?
Dopo trenta anni di carriera sono riuscito a scardinare buona parte del mio ego e oggi posso dirmi a servizio del personaggio quindi non ce n’è uno che preferisco. Il teatro si fa per amore. Ogni nuova interpretazione ha richiesto una ricerca interiore ed una nuova forza.
– Non è la prima volta che vieni a lavorare a Trieste, come ti trovi qui?
Infatti ci sono stato parecchie volte quando lavoravo con Antonio Calenda. Ci torno sempre volentieri, questa è una città fantastica per chi fa il nostro mestiere, c’è un numero altissimo di giovani che frequentano il teatro, come in nessun’altra città italiana. Si sente che qui c’è la volontà di coltivare le generazioni future ad un impegno intellettuale che regala ore di divertimento ma anche di riflessione.
Il tempo passa veloce tra una domanda ed una tisana (ho incontrato questo bravissimo attore, sensibile e maturo allo splendido Caffè San Marco di Trieste); un nuovo pubblico lo attende per la replica serale. Quindi lo saluto affettuosamente augurandogli ancora mille e mille applausi.