Tutti noi (o quasi) abbiamo letto, ad un certo punto della nostra adolescenza, il romanzo di Hermann Hesse e siamo rimasti profondamente affascinati da quel misto di lirica e filosofia orientale prêt-à–porter. Chi siamo, perché viviamo, perché dobbiamo morire?
L’iperbole introspettiva del protagonista offre facile identificazione a qualsiasi essere umano nel pieno del suo sviluppo intellettuale: la bellezza di questo libro risiede proprio nella capacità dell’autore di affrontare temi così complessi con un linguaggio letterario semplicemente lirico, attraverso il più classico degli schemi narrativi, il viaggio dell’eroe.
Bene, se avete in mente tutto questo, prendete le decine di euro che avevate in mente di spendere per acquistare il biglietto di questo musical e investiteli in una cena al ristorante. Se invece in voi conservate quello spirito fanciullesco che vi spinge a guardare e riguardare i musical della Disney il sabato sera sul divano allora, forse, questo Siddharta potrebbe anche piacervi.
Il condizionale, in questo caso, è dovuto. Perché a questa prima milanese, al Teatro Linearciack, i problemi evidenti non sono mancati, a partire da un impianto audio non all’altezza della situazione (i microfoni saltavano spesso e il suono era impastato e confuso), fino ad una serie di altri errori che nell’insieme hanno reso la sensazione di essere quasi di fronte ad una recita amatoriale.
Il musical scritto da Isabeau, Fabio Codega e Fabrizio Carbon è infantilmente ingenuo, sia nello stile compositivo, sia nel libretto, che trasmigra sul palcoscenico il viaggio “fisico” di Siddharta, ma manca di trasmettere in modo compiuto il messaggio filosofico del romanzo, snaturandolo in questo modo della sua essenza più profonda. Le musiche prevedono contaminazioni orientali, ballate languide e pezzi dance, un mix piacevolmente interessante sulla carta, ma non così godibile in platea, forse anche a causa di un cast non proprio all’altezza.
Le note positive sono per il protagonista, Giorgio Adamo, e il corpo di ballo composto dai 12 ballerini della Compagnia di Danza PALCCO – Guadalajara Messico, che hanno saputo mescolare acrobazie e presenza scenica. Bravo anche Gaetano Caruso nel ruolo di Vasudeva.
La regia di John Rando è tradizionale ma non stantia e adatta al ritmo serrato della narrazione, interessante anche il disegno luci di Giancarlo Toscani, funzionale e spettacolare al punto giusto.
Le scene di Roberta Volpe e i costumi di Claudia Frigatti ci sono sembrati dozzinali e davvero non all’altezza del costo dei biglietti. Va detto però che la produzione risale a diversi anni fa e non sappiamo se questo sia dovuto ad una versione “ridotta” rispetto alle dimensioni del palco.
Teatro riempito solo a metà e applausi non troppo calorosi sul finale.
La recensione si riferisce alla recita di giovedì 2 febbraio 2017.