Teresa e Carolina Materassi (Lucia Poli e Milena Vukotic) sono riuscite, con le fatiche di una vita, a rimediare ai danni di un padre scialacquatore, diventando famose a Firenze per i corredi nuziali e la pregiata biancheria che cuciono per le famiglie benestanti della città. Le possibilità economiche, frutto del loro lavoro, e la loro religiosa generosità le hanno spinte ad accogliere nella loro casa di Coverciano la sorella Giselda (Marilù Prati), separatasi dal marito, e il piccolo Remo (Gabriele Anagni), figlio della quarta sorella morta prematuramente. A completare il bizzarro quadretto familiare la domestica Niobe (Sandra Garuglieri), poco più giovane delle padrone di casa, loro confidente e custode di una preziosa saggezza popolare. Mentre tutte le donne di casa invecchiano, Remo cresce, affacciandosi a un mondo di svaghi e piaceri che le zie non hanno mai conosciuto e che forse rimpiangono. Consapevole dell’amore incondizionato e obnubilante delle Materassi, Remo si comporta da vero signorotto, ottenendo sempre ciò che vuole, con le buone moine o con le cattive minacce. Le zie cinquantenni, per la prima volta in un rapporto così ravvicinato con un uomo, sono grate al Signore per l’arrivo nelle loro vite di un ciclone di emozioni, e fanno di tutto per non perderlo, fino a perdere ciò per cui hanno vissuto. Solo Giselda, avvezza alla delusione, si accorge delle astuzie di Remo e fa del disinganno una corazza in cui chiudersi.
Nel riadattamento teatrale di Ugo Chiti, che dona la facoltà del dialogo ai personaggi descritti da Aldo Palazzeschi, l’ironia diventa il filo conduttore di una vicenda intima e nostalgica. Ironia, a dire il vero, già costantemente presente nel testo originale e rinnovata, a una lettura odierna, dal prosare primonovecentesco che risulta oggi anacronistico – sarebbe un peccato, specie per un fiorentino, non cogliere l’occasione della messinscena per rispolverare le sagaci pagine di Palazzeschi.
Sul palco, le protagoniste indiscusse sono “queste figure di donne senza amore”, come le chiamò il giornalista Antonio Bandini recensendo il volume appena uscito. Certo hanno un’anima buona, le Materassi, ma la loro vita senza amore vero, pieno, carnale le ha ridotte a schiave di un’idea d’amore storpiata, vano tentativo di recuperare una giovinezza perduta. Alla soglia dell’età che dovrebbe essere della saggezza, si ritrovano travolte da una passione febbrile per un giovanotto, loro nipote, che le ha private dei loro beni e della loro dignità.
La tragicommedia si muove in bilico fra risate fragorose e introspezioni patetiche, forte della presenza in scena di due attrici meravigliose quali Lucia Poli e Milena Vukotic, che donano ognuna al proprio personaggio quel carattere definito che il pubblico inevitabilmente attribuisce ai volti più noti. Teresa incarna così tutto lo spirito fiorentino dell’opera e riesce a far sorridere ancor di più quando a cedere ai ricatti velati di Remo è la slanciata e decisa figura di Lucia Poli; Carolina risulta ancor più dimessa e ostinatamente arrendevole se a parlare per lei è la voce impacciata e dimessa di Milena Vukotic.
A incorniciare le vicende di una Firenze ancora poco industrializzata le scene di Roberto Crea: un fitto intricarsi di rami scuri, rischiarato dalle luci di Luigi Ascione e svelato, infine, in tutta la sua complicata bellezza.