Lorenzo Baglioni, dopo il successo di Selfie lo scorso anno, torna a Rifredi con una nuova produzione Pupi e Fresedde – Ridens che si ispira a I racconti del Bar Sport di Stefano Benni. Il giovane artista fiorentino si confronta con uno degli autori italiani più amati, capace di creare personaggi che entrano con facilità nell’immaginario comune, dunque con un grande potenziale scenico. Un bar di provincia, con l’insegna a neon che fa i capricci e l’immancabile Gazzetta sul tavolino, quella con la macchia d’unto sull’articolo di fondo. E se leggendo “macchia d’unto” avete pensato alla Luisona, allora sapete di cosa sto parlando. È il bar il palcoscenico, l’habitat naturale delle maschere create da Benni e attualizzate da Baglioni: il tecnico sportivo, il garzone, il telefoninodipendente… Il bar come punto di socializzazione e di violente discussion, di confidenze e di acute bestemmie, il bar come sacra istituzione di paese.
Lo spettacolo, con la regia di Angelo Savelli, alterna la lettura di brevi brani del romanzo con interpretazioni, monologhi e canzoni scritte da Lorenzo e Michele Baglioni e suonate da Emanuele Bonechi (batteria), Marco Caponi (sax), Alessandro Cianferoni (basso), Lorenzo Furferi (tastiere) e Daniele Vettori (chitarra). Baglioni è simpatico e coinvolgente, ineccepibile nella realizzazione dei personaggi, che delinea e fa suoi con il giusto equilibrio. I racconti del Bar Sport diventa un quadro da cui il giovane attore di Greve in Chianti trae ispirazione per dipingerne uno tutto suo; sul suo podio circense è padrone del palco e realizza un one man show come se ne vedevano diversi fino a qualche anno fa nelle prime serate televisive. E paragonabili a quelle delle prime serate televisive sono però anche le battute, troppo spesso scontate e poco originali, come lui stesso ammette al pubblico in un momento di bugiarda improvvisazione. La curata gestualità, la versatilità del timbro vocale e l’ironica espressività appaiono così un po’ sprecate, come anche il complesso, ormai consolidato, di musicisti, che segue Baglioni nei suoi voli non troppo pindarici tra il Bar Sport di Benni e la casa del popolo di Greve, partecipando in modo attivo anche alla parte più strettamente recitativa dello spettacolo. La risata trionfa quando Baglioni, leggendo, si fa interprete delle parole di Benni, dando vita alle nitide immagini descritte dall’autore – e non poteva essere altrimenti. Anche senza allontanarsi da quelle bizzarre, deliziose righe, si sarebbe potuto costruire uno spettacolo che stesse in piedi con le proprie gambe. Non per cieca devozione a Benni o alla carta stampata in quanto tale, ma per il valore teatrale di cui le sue caratterizzazioni sono ricche. Insomma da Lorenzo Baglioni, che ha dimostrato di saper recitare, cantare, ballare, comporre, ci si aspetta di più. Più fantasia, più rischio, più irriverenza, non solo nel linguaggio ma anche nell’intenzione. “È bravo ma non si applica” si direbbe in un ambiente a lui familiare. Per la prossima stagione, si attende un Baglioni che faccia cadere le mandibole come il ratto della Luisona.