Tra il 28 febbraio e il 04 marzo Emilia Romagna Teatro Fondazione e il Centro La Soffitta del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna hanno dedicato una personale alla compagnia torinese Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa.
Nata nel 1984 dall’incontro tra Marco Isidori e Daniela Dal Cin, la compagnia si fonda su un’idea molto particolare di teatro: il loro intento è creare un “teatro ulteriore” che unisca attori e spettatori, palcoscenico e platea, fantasia e realtà in un unicum che scateni un magma intenso di emozioni.
I fondatori della compagnia sono come già detto Marco Isidori, drammaturgo visionario, e Daniela Dal Cin, artista poliedrica visuale (scenografa, grafica e costumista). Ventisette gli spettacoli realizzati finora dalla compagnia: ispirati a vari autori ma sempre connotati da un immaginario ben preciso di figure e spazi che costituisce la loro originale firma.
All’Arena del Sole la compagnia ha presentato due spettacoli, molto diversi l’uno dall’altro: Loretta Strong di Copi e Nel lago dei leoni rielaborato dalle parole dell’estasi di Maria Maddalena de’ Pazzi.
Loretta Strong è un monologo scritto dallo scrittore franco-argentino Copi, uno dei suoi esiti più folli e visionari. Protagonista è l’eroina Loretta che crede di viaggiare nell’universo vivendo le più fantasmagoriche avventure in compagnia di alieni bellicosi e creature immaginarie.
Partendo dal cognome Strong, Isidori spiega come l’interprete del monologo, Paolo Oricco, abbia creato un personaggio forte, energico, eclettico ed eccentrico in tutti i sensi. Anche a livello scenografico questo gioco fra l’abnorme e il grottesco è reso efficacemente dalla piattaforma tonda sulla quale “vive” Loretta, vorticando nel suo delirio.
Paolo Oricco rende il monologo accattivante con una maschera ultra espressiva e con una sapiente gamma di virtuosismi vocali, anche laddove la regia gioca sulla staticità del personaggio, legato con delle cinghie alla sua “astronave”.
Nel lago dei leoni invece è incentrato sulla mistica figura di Maddalena de’ Pazzi, interpretata da Maria Luisa Abbate. La protagonista del monologo, realmente esistita nel 1500, entrò in convento a soli sedici anni, dove impressionò le consorelle con la veemenza delle sue estasi, che queste puntualmente trascrivevano.
Questo l’incipit dello spettacolo drammatizzato dallo stesso Marco Isidori, che concepisce la beatitudine e l’invasamento della monaca come un folle percorso fatto di echi e risonanze, privo di ogni logica razionale e carico di energia viva e pulsante.
Maria Luisa Abbate è un interprete di grande presenza scenica e doti vocali, trascina nel mondo estatico della monaca facendo sì che le sue visioni diventino anche quelle degli spettatori. Su tutto domina il bianco, simbolo della purezza e del candore spirituale: bianco è il telo dietro la sedia di ferro sulla quale siede l’attrice e bianchi sono i suoi abiti, così come il suo viso reso bianco ed etereo dal cerone.
Due spettacoli diversissimi l’uno dall’altro, due monologhi che hanno in comune forse solo l’impronta originale della compagnia Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa.