Dovremmo ringraziarli i poeti, perché ci ricordano che siamo uomini e che senza parola non esisterebbe nulla al di fuori di noi. Perché è la parola che ci definisce in quanto esseri pensanti, è la parola che disegna la nostra percezione del mondo, degli altri e del nostro relazionarci con loro.
E non è forse la poesia la forma più alta di parola?
“Senza filtro”, uno spettacolo prodotto dalla Compagnia Eccentrici Dadarò, andato in scena al Teatro Verdi di Milano, è un omaggio raffinato e interessante ad una delle più grandi poetesse italiane. Senza fronzoli, senza incensi, raccontato in punta di piedi.
Eppure Alda Merini, la poetessa dei navigli, scomparsa a Milano nel 2009, possedeva parole potenti, che metteva in fila su fogli di carta dei quali, spesso, si liberava. Come se quelle parole fossero troppo pesanti da sostenere perfino per lei, che le aveva scritte.
Un’anima tormentata, un personaggio sempre sopra le righe, una grande sensibilità, di quelle che fanno male davvero e ti costringono a guardare il mondo con occhi diversi, con gli occhi del poeta. Una vita difficile, dentro e fuori dai manicomi, con un riconoscimento per il suo talento che è arrivato solo in tarda età.
Un omaggio non semplice, quindi, senza scadere nel sentimentalismo o nell’adulazione.
Eppure questo spettacolo, andato in scena il giorno del suo compleanno, descrive con raffinata delicatezza la donna e non i versi, che restano sullo sfondo del monologo, discreti, ma proprio per questo ancora più preziosi.
Perché la vita di Alda Merini è parte della sua arte, come amava dire lei stessa, la sua poesia meglio riuscita. Una vita raccontata dalle persone che l’hanno conosciuta e amata, una storia fatta di storie che si incrociano, sfiorandosi con la delicata potenza della voce di Rossella Rapisarda, accompagnata dalla musica di Marco Pagani, che cuce attorno a questo monologo intenso e commovente dei contrappunti contemporanei.
Il regista, Fabrizio Visconti, guida la bravissima Rossella Rapisarda in un viaggio che è a metà tra il racconto in prima persona e la voce fuori campo, dove la poetessa emerge con forza dalle sue stesse parole, scritte con una vecchia macchina che quasi non funziona più.
“Raccontiamo Alda Merini così come ce l’hanno raccontata gli angeli custodi della sua memoria, gli amici di vita che l’hanno conosciuta e accompagnata negli anni: Arnoldo Mosca Mondadori, Alberto Casiraghi, Giuliano Grittini, Giuseppe d’Ambrosio Angelillo e tutti coloro che sui Navigli di Milano l’hanno incontrata giorno dopo giorno e non hanno più voluto né saputo dimenticarla”.
Perché a volte, per costruire uno spettacolo di alto livello, non servono grandi scene, grandi trame o effetti speciali, basta una buona dose di talento e un po’ di poesia.