È un fine pomeriggio di inizio marzo, uno di quei giorni di nuovo luminosi dove, secondo il poeta Guccini “…. la Primavera danza”. Sono le 19 e c’è ancora molta luce, Via Lagrange, la stessa strada che ti permette di arrivare al Teatro Carignano passando davanti al Museo Egizio si sta riempiendo di gente. Il sabato sera incombe e tutto appare allegro. Arriviamo un po’ in anticipo in questo teatro, restaurato da pochi anni e che ritengo il più bello di Torino, forse uno dei primi 5 a livello nazionale. C’è movimento all’entrata, ma il tutto è gestito benissimo dalle ragazze in divisa che accolgono e indirizzano con un sorriso. Per questa serata si attendono più di 800 persone. Scendere nel foyer dove ci sono tavolini e bar è un lusso che occorre regalarsi ogni tanto. Puoi lasciare le giacche al guardaroba, guardarti intorno e pregustarti ciò che sta per accadere. Il pubblico è quello tipico dello Stabile, un po’ come commentava Achille Campanile parlando dei passeggeri del Vaporetto. Al suono del campanello ci alziamo ordinatamente e raggiungiamo il nostro posto, il teatro si sta riempiendo ma c’è una piacevole sensazione che accomuna tutti. Sappiamo che stiamo per vedere un buon spettacolo, e quelli che come me hanno partecipato a Retroscena, una iniziativa dello Stabile che ha invitato il pubblico ad incontrare Valerio Binasco e gli attori della compagnia, hanno una idea più precisa. È questa una bella proposta che permette di incontrare le compagnie dopo la prima e consente di approfondire e dialogare con gli artisti. Il dialogo è stato condotto da Franco Perrelli (DAMS/Università di Torino), ed i presenti sono rimasti particolarmente colpiti dalla simpatia del regista. L’incontro è avvenuto mercoledì 1 marzo, alle ore 17.30 al Teatro Gobetti. E lo spettacolo è stato all’altezza dell’attesa. A me è venuto in mente un sottotitolo per questo lavoro: “Cartoline dal passato”, perché davvero si trattava di di immagini che prendevano vita sotto i nostri occhi per raccontarci una storia, e non sempre queste immagini erano in ordine cronologico. Si spaziava avanti e indietro nel tempo come in un bellissimo film di Nolan “Memento”. Ciò che veniva detto era carico di significati, e davvero i silenzi o le interruzioni apparivano molto densi, tanto che l’attenzione di tutto il pubblico è sempre stata molto alta. Non ho mai sentito per tutta la durata dello spettacolo, ed era un’ora e mezza, colpi di tosse, telefonini o smartphone che suonavano o si accendevano, o proposte sussurrate al vicino su cosa mangiare a cena. Il tema portante era una storia d’amore finita, con divorzio e nuova relazione. Ma qui si parlava di molto altro altro: morte, rapporti sentimentali e dinamiche familiari, tensioni e domande esistenziali che ci portiamo dietro fin dall’infanzia, il tempo che inesorabilmente passa e ci lascia tutti sgomenti. Insomma uno sguardo benevolo sulla nostra umanità, così ricca ma anche così fragile. Gli attori davvero grandi: Michele di Mauro, ancora una volta perfetto in questo difficile personaggio, ne parlo in una intervista in questo stesso giornale. Della Mezzogiorno che trovo giustamente trattenuta e autolimitante in questa figura dell’amante, fragile ma al contempo forte nelle sue insicurezze. Notevoli gli attori apparentemente secondari: Milvia Marigliano, Nicola Pannelli, Teresa Saponangelo che davano il ritmo e la verve giusta per questa passeggiata nella memoria. La prima è la moglie dell’uomo da cui è divorziato, l’unica che abbia un nome. Ferita ed innamorata non ha smesso di combattere e la Saponangelo ci dà tutto questo senza mai eccedere nello scontato ma con equilibrio e forza. La madre Milvia Marigliano, piena di manie e simpaticamente propositiva si presenta come sono davvero molte donne con figli adulti e problematici. Riesce a farci sorridere anche in mezzo alle più grandi tragedie. Il marito Nicola Pannelli giusto e misurato, pieno di attenzioni verso la moglie è una figura apparentemente secondaria ma che riveste, proprio per la sua presenza leggera ma attenta, un preciso richiamo al passato del figlio. E poi il regista, che ha saputo creare un clima fecondo in un gruppo che aveva a disposizione poco tempo per una messa in scena così impegnativa. Mi piace ricordare la sua capacità mimica ed attoriale nello spiegare al pubblico, intervenuto al Teatro Gobetti per l’incontro con Perrelli, la complessità nell’affrontare un testo ricco di sfumature e di indicazioni. Ha fatto due esempi ed in ognuno ha abbandonato la sua sedia e si è esibito davanti a tutti noi in una divertente e dotta spiegazione. Come se fossimo un gruppo di amici riunitisi davanti ad un fuoco. Interessanti e complementari al testo le scenografie i costumi e le musiche. Le luci, maneggiate in modo sapiente creavano ambienti e fotografie che abbiamo apprezzato anche negli applausi finali. Il pubblico era molto convinto nel richiamare più volte gli attori in scena.
“Valerio Binasco, attore e regista, è uno degli artisti più interessanti e apprezzati della generazione cresciuta professionalmente negli anni Novanta. Sul palcoscenico cesella le emozioni in profondità; sul grande schermo interpreta personaggi forti ed incisivi, come il Pietro Giordani de Il giovane favoloso nella regia di Mario Martone, o il personaggio di Sandro in Alaska di Claudio Cupellini, per il quale ha ricevuto la nomination ai David di Donatello 2015. Per il regista il teatro è impegno solido e consapevole, né ideologico né programmatico, ma sempre nella direzione di una riscoperta dei classici che coinvolga il pubblico”.
SOGNO D’AUTUNNO di Jon Fosse
con Giovanna Mezzogiorno, Michele Di Mauro,
Milvia Marigliano, Nicola Pannelli, Teresa Saponangelo
regia Valerio Binasco
scene Carlo De Marino
costumi Sandra Cardini
luci Pasquale Mari
musiche Arturo Annecchino
assistente alla regia Maria Teresa Berardelli
Nuova produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
realizzata con il sostegno di FENICE, società appartenente a Edison