Uno spettacolo elegante e raffinato condotto da Gennaro Cannavacciuolo sulle corde della memoria snodando il filo cronologico della vita del più grande chansonnier del Novecento: gli esordi, gli amori, il successo, l’impegno politico.
Aduso ai trasformismi e ai travestimenti, l’istrionico attore in questo allestimento non fa sfoggio di tale versatilità privilegiando una dimensione più intimista e autobiografica che esprime l’affinità artistica col cantante italo-francese, scandita da racconti e aneddoti introduttivi a canzoni memorabili.
L’ambientazione riecheggia quella prediletta da Montand con l’ensemble sul palcoscenico, schermata da un velatino che ripartisce lo spazio, di là musica di qua vita, talento e ideali di un artista che ha cantato i versi di Apollinaire e Prévert, è stato l’attore preferito di Costa Gavras e ha incontrato Picasso e Kennedy.
Cannavacciuolo impianta un sofisticato spettacolo in bianco e nero in cui l’assenza di cromaticità crea un’atmosfera intimista di forte impatto emotivo sulle note di testi che hanno accompagnato alcune generazioni. Passando con scioltezza dalla prima alla terza persona racconta come dalla natia Monsummano Terme in provincia di Pistoia dove era nato nel 1921, il piccolo Ivo Livi emigra a Marsiglia con la famiglia costretta a fuggire dal regime fascista. Con modesti lavori contribuisce al sostentamento familiare, esibendosi nel contempo in teatrini di periferia. Talento e fortuna gli procacciano incontri determinanti. Recita nel film di Marcel Carnè “Mentre Parigi dorme” per il quale Jacques Prévert scrive le parole di “Les feuilles mortes” che il giovane Montand porta al successo.
Il suo primo amore Edith Piaf lo lancia nell’universo canoro parigino. Cannavacciuolo sottolinea questi passaggi con le struggenti canzoni del “passerotto” come “Milord”, “Ne me quitte pas”, “Non, je ne regrette rien”. La stella di Yves Montand brilla sempre più nel firmamento artistico culminando all’Olympia. Poi, la presenza di Simone Signoret segnerà la sua vita, lei gli perdonerà perfino l’innamoramento per Marilyn Monroe durante la lavorazione del film “Facciamo l’amore” al punto da tacitare i giornalisti sfidandoli “Ne conoscete molti di uomini che saprebbero resistere al fascino di Marilyn?”.
Parallelamente, la passione politica lo portava a guardare a sinistra in sintonia con le origini proletarie, ideale coltivato fino alla repressione armata della rivoluzione di Praga nel 1968 che gli fece rinnegare il comunismo militante, ed ecco intonare la partigiana “Bella ciao!”.
Classe e talento concedono spazio anche all’ilarità con lo sketch irresistibile del telegramma alla donna amata dettato con enfasi passionale e dalla telegrafista riletto con tono robotico privo di intonazione, al ballo con le claquette e a un repertorio che ha fatto storia: A Paris, Sur le ciel de Paris, C’est si bon, A byciclette, C’est à l’aube, Je suis venu à pied, Mon manège à moi, Paris canaille.
Pochi cambi d’abito sui toni del nero, giacca camicia gilet, per realizzare con un’interpretazione intensa il sogno di rendere omaggio alla star internazionale che ha calcato il palcoscenico del Metropolitan di New York, ha contestato a Kruscev le colpe del regime sovietico ed ha meditato di candidarsi all’Eliseo. Una meticolosa ricerca storica che dà vita a una forma di ammaliante teatro canzone, cofinanziato dal comune di Monsummano Terme e sostenuto dalla vedova di Montand Carol Amiel.
Con il Midnight Jazz Quartet al pianoforte Dario Pierini, al sassofono Andrea Tardioli, al contrabbasso Flavia Ostini e alla batteria Antonio Donatone.
Il ricavato dello spettacolo del 4 marzo verrà devoluto ai terremotati di Amatrice.