Già centinaia di spettatori fiorentini si sono lasciati trascinare da Alessandro Riccio e Gaia Nanni alla scoperta del misterioso, bizzarro, straordinario mondo dell’amore. Dopo il successo de La meccanica dell’amore, la coppia torna in scena, insieme a Deanna Melai, con questa nuova produzione Tedavi ‘98 che affronta il tema da un punto di vista insolito: quello della disabilità. Stefanino ha 36 anni, ama la Formula Uno e il gelato, un po’ meno i comunisti. Abita con sua mamma, che ha imparato a vivere una quotidianità di giochi e paure. Un’infanzia prolungata che si incontra e si scontra, però, con la sessualità di un trentaseienne. L’amore della madre è pronto anche a questo, a capire che le necessità del figlio non sono soltanto protezione e affetto, e che tutti abbiamo diritto a una vita piena di sentimenti e di passioni, di dolcezza e carnalità. Così entra in casa Halina, una giovane russa dai capelli biondi e l’aspetto provocante. Sulle prime è spaventata dalla situazione, dall’imprevedibilità di un rapporto atipico e dall’ingenuità di un’attrazione sincera. Comincia tra i due un dialogo che da comico, quasi surreale, si fa pian piano sincero, di una tenerezza semplice e commovente. Le brevi pause di buio scandiscono un tempo non ben definito, quello necessario a passare da sconosciuti a complici. Sulla scenografia fin troppo colorata, che richiama un ambiente puerile, i personaggi crescono e si confrontano mettendo a nudo le proprie debolezze, le più evidente e le più nascoste. Con la sua ponderata leggerezza, Riccio si inerpica sul ripido sentiero dove si incontrano la disabilità e la sessualità, due aspetti della fragilità umana che già da soli costituiscono un tabù. Sullo sfondo, un’altra realtà delicata come quella della prostituzione. Tutti messaggi che arrivano allo spettatore senza l’ombra pesante dell’etica e della moralità, senza la presunzione di una lezione. Solo un grande lavoro di verità, il racconto di una favola moderna che abbatte pregiudizi a suon di sorrisi. Il personaggio di Stefanino è costruito con un’attenzione millimetrica ai gesti e alle parole, segno evidente di una ricerca approfondita. Impeccabile l’accento russo di Halina, che la Nanni non perde nemmeno nei momenti di maggiore intensità. L’affiatamento tra i due attori protagonisti riesce a creare prima l’imbarazzo e poi l’intimità dei personaggi, che si avvicinano e si allontanano come in una danza. E in una danza si trovano, infine, pancia in dentro e testa alta, celebrando l’amore e la scomparsa delle proprie paure. H come amore è un inno alla diversità e al sentimento, che porta in scena una tematica inedita, per il teatro e non solo. Una serata piacevole e stimolante, che si conclude con una certezza: siamo noi a dare all’amore l’iniziale che vogliamo.