con: Glauco Mauri e Roberto Sturno
musiche composte ed eseguite dal vivo da: Giovanni Zappalorto (pianoforte) e Marzio Audino (percussioni)
produzione: Compagnia Mauri Sturno
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La conclusione della 7° stagione teatrale del Teatro delle Arti di Lastra a Signa, è affidata ad uno spettacolo che incarna in sé il classico e la contemporaneità, rivelando tutta la maestria, la padronanza scenica e la forza dell’arte teatrale, pur con una scenografia minimale, pur senza costumi, pur con solo un leggio e un testo davanti.
“Il canto dell’usignolo”, ispirandosi ad una novella dello scrittore tedesco Gotthold Lessing, rappresenta l’incipit di un viaggio all’interno della poetica shakespiriana: seguendo la filosofia brechtiana del teatro inteso come forma d’arte contribuente ad un’arte ben più grande, ovvero quella di vivere, Glauco Mauri e Roberto Sturno vicendevolmente snocciolano sul piccolo palco del Teatro delle Arti celebri versi di Shakespeare, affrontando per mezzo di alcuni dei suoi personaggi più famosi drammi e tematiche estremamente attuali e cercando nelle parole del poeta di Stratford le risposte ai grandi interrogativi della vita. Così, principiando con il prologo dell’ “Enrico V” e congedandosi con il meraviglioso epilogo di Prospero ne “La Tempesta” (nei gesti e nelle parole del quale si riconoscono i gesti e le parole dello stesso Shakespeare che dopo aver dato vita nel suo mondo immaginario e fatto muovere sulle scene centinaia di personaggi si congeda dal teatro), Mauri e Sturno ci mostrano la visione shakespiriana della vita, dell’odio, dell’amore e delle sue sfumature.
Un percorso a tappe che si snoda nella via crucis della vita di “Macbeth”, nella sincera malinconia del Jacques di “Come vi piace”, nella voce di “Riccardo II” il quale scopre la grandezza del suo essere uomo proprio nel momento più degradante e doloroso della sua esistenza, nella tragica scoperta dell’obliquità delle nostre esistenze (così lontane dalla rettitudine) attraverso l’esperienza di “Timone d’Atene”, passando poi attraverso alcuni dei 126 sonetti che il Bardo dedicò ad un amico ignoto, fino all’orazione funebre di Marc’Antonio nel “Giulio Cesare” ed al “Re Lear”, entrambi sgomenti per l’ambizione dell’uomo e la sua condizione eterna di bestia ingrata.
Quando sul palco di un teatro si decantano sonetti, prologhi, epiloghi e monologhi shakespiriani con interpreti quali Glauco Mauri e Roberto Sturno, il rapimento dello spettatore è assicurato.
L’aurea che circonda questi due meravigliosi interpreti del teatro italiano è potente e solenne, ed accostata ai versi del grande drammaturgo inglese distoglie il pubblico dalle chiassose banalità della vita moderna, innalzando un canto di aulica poesia. La morale della favola di Lessing, viene quindi seguita e compiuta: chi ha il dono di “cantare” canta, ed almeno per la durata di un paio d’ore distoglie dal tanto gracidare che ci circonda.
Una grande conclusione di stagione dunque per il Teatro della Arti sotto la direzione artistica di Gianfranco Pedullà, che sia di buon auspicio per la stagione ventura: i piccoli teatri sono sempre gioielli da preservare e conservare, ma quando un teatro rimane aperto, è sempre un segno di speranza, come afferma a conclusione di spettacolo Glauco Mauri.