La vicenda narrata nello spettacolo ha inizio in un tribunale parigino degli anni ’30, dove un caso apparentemente semplice, seppur bizzarro, assume pieghe completamente inaspettate.
In bilico tra il giallo e il melodramma la storia ha una sola protagonista indiscussa: Gladys Eysenach, la cui figura bellissima e terribile affascina lo spettatore sin dalla prima entrata in scena. È una donna bella quanto crudele, vanesia e egoista ma allo stesso tempo fragile. La sua bellezza è anche la sua prigione: un dono maledetto perché effimero e soggetto al decadimento, poiché Gladys non può immaginare una vita senza bellezza, senza divertimento sfrenato, senza l’amore dei suoi amanti che le si prostrano ai piedi, adoranti. Vecchiaia per lei equivale a morte, così la propria figlia che cresce e diventa una donna diventa per lei la testimonianza vivente di un’età sempre più avanzata: il suo sfiorire equivale al suo sbocciare. Jezabel non può accettare di farsi da parte, di non essere più la protagonista dei balli, la figlia deve essere niente di più che una sua propaggine, una graziosa bambolina con cui giocare nei momenti di noia, deve essere tenuta in disparte perché ancora acerba. Jezabel si rifiuta di amare veramente perché un amore profondo porta alla luce tutta la fragilità che lei cerca di nascondere sotto il trucco. La donna finirà a vampirizzare così la giovinezza l’energia, l’amore e la spinta di rivalsa della giovane figlia fino agli esiti più infausti e crudeli.
Lo spettacolo è una dialettica continua di scontro tra generazioni che non riescono a succedersi in un divenire fluido, bensì che combattono l’una per non lasciare posto alla prima, una lotta suicida contro natura che non può portare altro che morte e sofferenza. I giovani muoiono a causa dell’egoismo dei vecchi, i vecchi continuano a ballare con il belletto che cola, ridicoli senza accorgersene, come ridicola è Jezabel agli occhi del proprio amante, interessato solo al suo denaro. Uno scontro tra due donne, quella esteriore ovvero l’ormai sessantenne Gladys e la ragazza interiore che c’è in lei che non è mai cresciuta e civetta ancora ed è crudele con tutti, anche con se stessa. Uno specchio senza pietà dal quale Gladys non riesce a distogliersi neanche nei momenti di maggiore drammaticità, perché è ormai quello specchio tutto quello che le resta nella vita.
Un’unica figura maschile è presente sul palco e rappresenta tutte le sfaccettature dell’uomo: un uomo assente, che se ne va, che non riesce ad amare, che quando vi riesce è condannato al fallimento, alla scomparsa, alla morte.
Ballo, canzoni e musiche eseguite dalla bravissima violinista Marta Pistocchi portano nell’atmosfera della storia creando un incanto dal quale è difficile distogliere l’attenzione. Sul palco ci sono solo tre attori: Lorenza Dominique Pisano, Sara Zanobbio e Ivano La Rosa, che sono bravissimi e versatili, tanto che sembrano sdoppiarsi e diventare molti di più.
La maternità, lo scontro tra generazioni, la ricerca di una giovinezza come valore assoluto ma allo stesso tempo il ripudiare i giovani e le loro difficoltà: sono tutti temi attualissimi che la penna della grande scrittrice che fu la Nemirovsky affronta con una lucidità e una crudezza senza pari e che l’adattamento del testo da parte di Maddalena Mazzocut-Mis e e la regia di Sofia Pelczer valorizzano magistralmente.
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Traduzione Maddalena Mazzocut-Mis
Adattamento Sofia Pelczer e Maddalena Mazzocut-Mis
Regia Sofia Pelczer
Con Lorenza Dominique Pisano, Sara Zanobbio e Ivano La Rosa
Violinista in scena Marta Pistocchi
Scene Fabiana Sapia e Francesca Moioli
Costumi Naomi Galbiati e Fabiola Dusetta
Movimenti di scena Lara Vai
Consulenza musicale Francesca Badalini
Assistente alla drammaturgia Vanja Vasiljevic
Assistenti alla regia Chiara Valli e Karin Rossi
Organizzazione e promozione Chiara Lo Dato
Produzione Teatro Sguardo Oltre
Progetto DonneTeatroDiritti