Tradurre un romanzo epistolare in uno spettacolo teatrale (e non soltanto in una lettura scenica) che affascini e coinvolga è impresa quanto mai difficile. Impresa riuscita al Piccolo di Milano grazie alle capacità drammaturgiche di Stefano Massini che ha elaborato un testo perfetto per il palcoscenico senza tradire l’impianto originario dell’opera di Balzac, alla bravura e alla classe di due attrici come Isabella Ragonese (Louise) e Federica Fracassi (Renée) e all’ottima prova di Sonia Bergamasco che alla sua prima regia per il Piccolo ha confermato le capacità tecniche e la grande sensibilità messe in luce dalle sue precedenti direzioni, frutto di anni di attività accanto a grandi figure del teatro italiano come Giorgio Strehler (ha debuttato come attrice in Arlecchino servitore di due padroni), Carmelo Bene, Massimo Castri, Glauco Mauri…
Mémoires de deux jeunes mariées (da cui Massini ha tratto Louise e Renée) nella prolifica attività letteraria di Honoré de Balzac (Tours 1799 – Parigi 1849) è l’unico romanzo epistolare e fa parte de La commedia umana, giustamente definita “la più grande costruzione letteraria di tutta la storia dell’umanità” che raccoglie circa 90 (delle 137 opere da lui pubblicate) tra racconti e romanzi con oltre 2.200 personaggi che evidenziano la creatività di Balzac e giustificano pienamente quel “Era un genio” pronunciato da Victor Hugo in occasione dell’orazione funebre.
Mémoires de deux jeunes mariée non tratta solo il rapporto affettivo che – sorto in collegio/convento – attraversa le diverse fasi della vita di due amiche sottolineando le speranze e le illusioni giovanili, il contatto anche brusco con la realtà una volta tornate in famiglia e la dinamica delle scelte, le rinunce e il conseguente impatto psicologico, ma è anche un piccolo affresco della società francese in quei decenni (il romanzo è pubblicato in Francia nel 1842) in cui da un lato sono ancora forti gli influssi dell’Illuminismo e le conseguenze sociali e politiche della Rivoluzione e dall’altro il ritorno al potere – dopo il Congresso di Vienna (1815) – di un’aristocrazia esiliata o fuggita che vorrebbe ristabilire con un’illusione decisamente antistorica gli antichi privilegi.
In realtà in quegli anni si contendono il potere due classi che avevano bisogno l’una dell’altra: l’aristocrazia che cerca una rancorosa rivincita, ma è in gravi difficoltà economiche e la ricca borghesia, uscita dalla Rivoluzione e consolidatasi nel periodo napoleonico, che vuol salvare i propri beni e diritti politici.
Louise e Renée uscite dal collegio trovano un quadro sociale in cui le giovani delle classi ‘alte’ sono di fatto diseredate (ignorando il codice napoleonico) e generalmente hanno solo l’alternativa convento (di cui il collegio era spesso l’anticamera) o matrimonio di convenienza in cui le ragazze sono la merce di scambio che consente a borghesia e aristocrazia una reciproca assicurazione di potere e disponibilità economica.
Il tutto avviene ovviamente ignorando gli ideali di felicità, amore e riducendo il matrimonio a un mero contratto di convenienze e in cui la maternità diviene il rifugio dalla solitudine affettiva.
Solo in circostanze particolari donne dal carattere forte cercano di costruirsi una vita in linea con i propri ideali.
È il filo conduttore della corrispondenza tra Louise e Renée che dopo il collegio prendono strade diverse senza più incontrarsi: la provincia un po’ noiosa della Francia del Sud per Renée, lo sfolgorio mondano di Parigi per Louise.
Indipendentemente dal carattere di base delle due donne, la Provincia non lascia a Renée alcuna scelta: matrimonio combinato, maternità e solitudine affettiva sono accettati sulla base di un sano pragmatismo che mette in soffitta le aspirazioni giovanili.
La Parigi cosmopolita e comunque più aperta consente invece a Louise di cercare di realizzare l’amore assoluto da sempre sognato e sembra anche riuscirci in un periodo di sublime felicità.
Le lettere scandiscono negli anni i momenti importanti delle due vite, spesso si traducono in accuse di tradimenti degli ideali o di incomprensioni per i condizionamenti che ognuna subisce, ma più che uno scambio di sentimenti sono una cronaca a posteriori: l’interlocutore, infatti, non è una persona ma il foglio su cui gli eventi sono descritti (un po’ come avviene con gli odierni social, che rispetto alle lettere annullano o quasi la distanza temporale, ma ne conservano il carattere di monologo).
Le lettere di Louise e Renée non rappresentano un dialogo o uno scambio di affetti, ma sono quasi i fogli di due diari paralleli in cui ciascuna annota propri sentimenti e vicende senza mai incontrarsi, come evidenzia la bella regia della Bergamasco che lascia peraltro aperta una suggestiva interpretazione. Le due donne hanno, infatti, lo stesso abbigliamento e i rossi capelli di entrambe sono pettinati allo stesso modo, unica diversità è l’età: Louise e Renée potrebbero essere quindi due aspetti della stessa persona, riflesso di quella dicotomia che ognuno ha in sé tra i sogni giovanili e la realtà della vita che obbliga a superare e accantonare le aspirazioni di un tempo. Anche se la ragione prevale sul sentimento, quest’ultimo a volte riaffiora con tutta la sua forza per rimproverare e condannare cedimenti e rinunce compiuti.
Louise e Renée è affascinante e intrigante sia per i possibili diversi piani di lettura, sia perché porta lo spettatore nel cuore di un’epoca apparentemente lontana, ma molto meno dissimile dall’attuale di quanto possa sembrare a prima vista.