Dalla perfezione ironica del divertissement di Robbins, al racconto del miracolo dell’Annunciazione di Prelijocai alla necessità di capire (ma anche no) l’arte contemporanea in Ekman.
Il coraggioso viaggio del Trittico di danza contemporanea in scena al Teatro dell’Opera di Roma (repliche fino all’8 aprile) scuoterà forse il pubblico più tradizionalista, ma è tutto da vedere: si comincia con la perfezione ironica di The Concert di Jerome Robbins.
Creato nel 1956, The Concert è un lavoro “invecchiato” benissimo, come il buon vino e che mantiene tutta la sua freschezza e la sua intelligenza: è frizzante, allegro, delicato, ironico, una coreografia di classico moderno che stempera la sacralità del concerto e della musica con la danza e con le divagazioni della fantasia, inarrestabili e impossibili da gestire e da reprimere.
Questo sfizioso divertissiment su musica dal vivo diretta dal maestro David Garforth, diventa anche l’occasione speciale, per indagare su quello che si cela dietro la mente di una platea molto diversa, dalla ballerina (Rebecca Bianchi) talmente rapita dalla musica che non si accorge di nulla, al timido che resta senza posto al marito (Alessio Rezza) con malcelati istinti omicidi nei confronti della moglie gelosa (Roberta Paparella).
Divagazioni continue e fantasiose, fra gag mai sguaiate e sempre armoniose, che fanno esasperare la povera pianista, una valente Enrica Ruggiero, impegnata anche come attrice, con tanto di colpo di scena finale. La classe di Robbins non è acqua.
Si prosegue forse con il pezzo più atteso della serata che ha visto tornare sul palco del Costanzi (dopo Le Parc dello scorso maggio) l’étoile Eleonora Abbagnato, impegnata non solo come Direttrice del Corpo di Ballo e ideatrice del programma, ma anche come danzatrice nel duetto Annonciation di Angelin Preljocaj in coppia per la prima volta con la prima ballerina Rebecca Bianchi.
L’idea della coreografia (del 1995) è oltremodo interessante perché indaga il momento preciso dell’Annunciazione, momento centrale della storia della religione cristiana, quasi usurata dall’iconografia della storia dell’arte. In una coreografia quasi simmetrica e speculare sul Magnificat di Antonio Vivaldi che cede quasi subito il passo alla musica contemporanea di Stéphane Roy a raccontare l’incontro fra l’arcangelo Gabriele – Eleonora Abbagnato e Maria – Rebecca Bianchi, Preljocaj lavora soprattutto sui corpi offrendo una visione più carnale che non spirituale dell’Annunciazione (quasi richiamando il concepimento più terreno che spirituale raccontato dai vangeli apocrifi e ripreso da De Andrè nel Sogno di Maria ne La buona novella).
Intento del coreografo è stato quello di indagare il cambiamento metabolico del corpo durante l’inizio di una gravidanza concentrandosi in meno di 20 minuti in gesti e movimenti netti e tesi, sull’accettazione di Maria, ritrosa e remissiva, nei confronti della solennità travolgente dell’Arcangelo che fa un ingresso misterioso e insolito, quasi in sordina (lontano dalle grandi annunciazioni della storia dell’arte) e solo successivamente illuminato dalla luce come fosse una visione. Ma fra Gabriele e Marie, Abbagnato e Bianchi che interpretano con convinzione e movimenti chirurgici i rispettivi ruoli, sembra non esistere mai uno scontro reale, perché ciò che appare è soprattutto la sottomissione della Madonna all’Arcangelo.
Chiude la serata, Cacti, pluripremiato lavoro di Alexander Ekman, geniaccio della danza, con un divertissiment diversissimo da Robbins e per palati forse più avvezzi al Roma Europa Festival.
Ironico, innovativo, ma apparentemente e forse volutamente senza significato: ma d’altra parte il suo intento è proprio questo. Non richiedere una formazione specifica e un chiarimento dell’arte contemporanea che può essere diversamente interpretata, ma non obbligatoriamente.
Se è necessario educare il pubblico (anche gradualmente), Cacti rompe gli schemi sul palco dell’Opera: accade tutto e di più in scena. Il Quartetto Sincronie, con un repertorio che spazia da Haydn a Beethoven da Schubert a Mahler, si trova a dover suonare in piedi.
Il Corpo di Ballo, uomini e donne in salsa androgina con tute bicolori che si misura con la danza contemporanea, sono collocati su box quadrati che vengono continuamente spostati o ricollocati e vengono messi a dura prova con imprevisti e l’arrivo dei cactus (da qui Cacti).
Fra vivacità delle coreografie e i ballerini che si rincorrono in gesti, movimenti e ritmi sincopati accade di tutto. Anche un passo a due con Claudio Cocino, nominato primo ballerino durante La bella addormentata, e Annalisa Cianci. O forse non accade realmente nulla da un punto di vista narrativo: ma è davvero così indispensabile dover capire e interpretare correttamente l’arte (e la danza) contemporanea? No, almeno secondo Ekman certo che in qualche caso non sia necessario spiegare nulla, ma solo divertirsi come accade in Cacti. Eclettica e coraggiosa, il Trittico è una bella serata pensata per poter divulgare la danza contemporanea, “la danza del futuro” secondo la Abbagnato, un ulteriore passo nel progetto di educazione formazione del (nuovo) pubblico dell’Opera.
Il Trittico d’autore andrà in scena anche il 5, 6 e 7 aprile alle ore 20.00 e l’8 aprile alle ore 15.00 e alle ore 20.00. Info su www.operaroma.it.